Le lettere alle 7 chiese, Apocalisse, capitoli 2 e 3 (testo della traduzione liturgica della Bibbia ©AELF).
Una catechesi battesimale
Le lettere alle chiese rivelano e annunciano i doni che lo Spirito Santo conferisce ai battezzati. Ogni battezzato sarà chiamato
- Figlio di Dio, perché è entrato in una relazione filiale con Dio e fraterna con il prossimo.
- Re, perché condivide la vittoria di Cristo sul male e sulla morte.
- Profeta, perché, ammesso all’Eucaristia, diventa membro del corpo di Cristo e testimone di Dio nel mondo, con l’esempio della propria vita.
- Sacerdote, perché trasmette lo Spirito di Dio ed è la luce del mondo.
- Risorto, perché il battezzato entra nella vita eterna. Ha lasciato le sue vecchie vesti e ha seguito Cristo, che ha indossato la nostra umanità; si è umiliato riconoscendosi peccatore e, servendo il prossimo, rivela la gloria di Dio.
- Tempio dello Spirito Santo, perché il perdono di Dio lo riempie del suo amore, e questo amore lo porta a una relazione filiale con Dio e fraterna con il prossimo, che accoglie nel Tempio in nome di Dio, aprendogli la porta del cuore.
- Un giudice che siede sul trono, perché il giusto offre il perdono ai suoi persecutori, ma quando questi si accaniscono contro di lui e non si pentono, si escludono dal Regno dei cieli, dalla comunione e dall’amore per i fratelli, e giudicano se stessi.
Ogni battezzato riceve i doni dello Spirito Santo, rappresentati nelle seguenti immagini:
- L’albero della vita. Accogliendo la vita come dono di Dio, il battezzato entra in una relazione filiale.
- La corona della vita. Con l’aiuto dello Spirito Santo, l’odio, la vendetta e il male non vinceranno i loro cuori: il battezzato dimorerà nella vita eterna. Questa è la comunione d’amore con Dio e con il prossimo in cui è entrato con il battesimo.
- La manna nascosta e il sasso bianco con il nuovo nome. Il battezzato riceve Cristo come nutrimento, diventa membro del corpo di Cristo, viene chiamato cristiano, Cristo, e il suo nome cristiano esprimerà il suo modo unico di riflettere la gloria e l’amore di Dio in questo mondo.
- La stella del mattino. Il battezzato è la luce del mondo, perché annuncia la vittoria di Cristo sul male, la vittoria della luce sulle tenebre. Riceve e trasmette il fuoco dell’amore e della conoscenza di Dio.
- Le vesti bianche. Il battezzato si riveste di Cristo risorto. Spogliandosi dei suoi vecchi abiti, riconoscendosi peccatore e accogliendo il perdono di Dio, accoglie il suo prossimo nel quale si riconosce come membro dello stesso corpo. Cristo ha rivelato la gloria di Dio offrendo la sua vita per l’umanità. Ha rivestito l’umanità e l’ha condotta alla gloria di Dio, che si manifesta nell’amore.
- La colonna del tempio. Il battezzato riceve il dono dello Spirito Santo che abita in lui. È incorporato nel corpo di Cristo, che è il tempio di Dio. Appartiene a Dio, il cui nome sarà inciso su di lui, alla Chiesa, perché su di lui è inciso il nome della nuova Gerusalemme, e a Cristo, di cui riceve il nome perché anch’egli unto dallo Spirito Santo.
- Seduto sul trono. Il battezzato, membro del corpo di Cristo, siede come Cristo su un trono. Ha sconfitto il nemico, che è il male. Il giusto perseguitato non ha risposto all’offesa con l’offesa; il male non ha vinto il suo cuore. Diventa così giudice, perché chi lo perseguita si esclude dalla comunione che regna nella città di Dio.
Primo dono (Ap 2,1 e 2,7): L’albero della vita, la relazione filiale.
Colui che tiene le sette stelle nella mano destra e cammina tra i sette candelabri d’oro darà al vincitore un assaggio dell’albero della vita nel Paradiso di Dio.
Così, il primo dono dato a chi riconosce le proprie colpe è quello di accedere nuovamente al Paradiso. Lì si trova l’albero della vita e la fonte della vita che dà acqua all’universo (Genesi 2, 9-10). La prima lettera alla Chiesa di Efeso, infatti, rimprovera ai fedeli di aver abbandonato il primo amore. Questo primo amore è quello in cui l’essere umano vive la sua relazione filiale con Dio in piena fiducia, ed è questo il senso dell’essere in Paradiso: accogliere la vita come un dono e accogliere il dono della vita divina in ogni persona, in modo che la fonte della vita sgorghi in noi, sgorghi nella vita eterna, quando accogliamo nel prossimo una fonte infinita di amore e di gioia, un’opportunità di felicità e non un rivale.
Così Giovanni dice a tutti noi, rivolgendosi agli Efesini: “Ricordatevi da dove siete caduti, convertitevi, tornate alle vostre prime azioni. Altrimenti verrò da voi e toglierò il vostro lucerniere dal suo posto” (Ap 2,5): ogni creatura è fatta per brillare e mostrare l’amore di Dio al mondo; ognuno è la luce del mondo, ci ricorda anche Gesù (Mt 5,14). Così chi si accosta al battesimo, accogliendo la vita come dono di Dio, accoglie una moltitudine di fratelli e sorelle. Così facendo, si avvicina all’albero della vita, fonte di ogni gioia. In questo modo, saranno purificati da ogni peccato e restituiti al loro splendore originario, riprendendo il loro posto nella lampada. A coloro che compiono questo passo, riconoscendosi peccatori e tornando all’amore di Dio e dei fratelli, viene promesso l’albero della vita, l’albero dell’Eden. Ma questo albero della vita è Cristo stesso, che sull’albero morto della croce ci dona la sua stessa vita. Così facendo, l’albero della morte, della crocifissione, diventa il luogo della vittoria sul male, il luogo in cui si rivela l’amore infinito di Dio, messo alla prova dagli uomini. Colui che non ha risposto al male con il male, all’offesa con l’offesa, ottiene la vittoria dell’amore perdonando coloro che lo hanno offeso. In questo modo, rivela lo splendore dell’amore del Padre, rivela la sua gloria e, attraverso il suo perdono, apre nuovamente la porta a una relazione di fiducia. In questo modo, attraverso il battesimo, anche noi siamo morti e risorti con Cristo: immersi nell’acqua, il male viene ucciso dentro di noi, moriamo al peccato. Risalendo dall’acqua, nasciamo alla nuova vita di risurrezione con Cristo, condividendo la sua vittoria sul male e sulla morte, nasciamo alla vita di figli di Dio. La sua luce risplende in noi e siamo un riflesso della sua misericordia in questo mondo. Abbiamo accesso all’albero della vita perché la vita ci è offerta da Dio, è un dono, non possiamo appropriarcene (vedi articolo sull’albero della vita).
Prima di essere arrestato, Gesù ci ha ricordato: “Nessuno può togliermi la vita; io la depongo di mia volontà” (Gv 10,18), affinché il mondo abbia la vita. È dal suo fianco trafitto sulla croce che sgorgheranno l’acqua e il sangue, l’acqua che porta la vita di Cristo versata per i molti, rappresentata dal sangue, la vita che si riceve nel bagno del battesimo che purifica le nostre colpe e ci restituisce alla vita fraterna dei figli di Dio. “Dalle sue viscere sgorgheranno fiumi di acqua viva” (Gv 7, 38).
Secondo dono (Ap 2,8 e 2,10-11): La corona della vita, la vittoria sul male.
Colui che è il Primo e l’Ultimo, Colui che era morto ed è tornato in vita, dona la corona della vita a chi sarà fedele fino alla morte e afferma che la seconda morte non verrà.
Chiunque attraversi le prove confidando in Cristo condividerà la sua vittoria sul male. Anche i cristiani, come Cristo, sono esposti a prove e persecuzioni. Dobbiamo rimanere attaccati a Lui, confidando in Lui, e anche noi parteciperemo alla sua vittoria sul male e sulla morte. La corona è il segno di questa vittoria, il premio dato al vincitore. Così, come diciamo all’inizio di questa seconda lettera alla Chiesa di Smirne, è colui che è il primo e l’ultimo, colui che era morto ed è tornato alla vita, cioè colui che è risorto, che ha vinto la morte, che dà questo stesso privilegio al credente fedele; egli condivide la sua vittoria sulla morte, rappresentata dalla corona della vita. Il vincitore non può essere toccato dalla seconda morte, che ci separa definitivamente dalla comunione con Dio. Il battesimo offre una prima resurrezione alla creatura che muore spiritualmente a causa del peccato, ma una volta morto anche il corpo, la creatura non avrà più i mezzi per pentirsi, per tornare a Dio. Dobbiamo farlo finché possiamo, finché siamo vivi, prima che una seconda morte, quella del corpo, ci raggiunga (vedi articolo I mille anni: risorti con Cristo).
Vincere la morte significa non far entrare nel nostro cuore l’odio, la vendetta, la gelosia o la malvagità, per non essere separati dal rapporto vitale e filiale che ci unisce a Dio e con Lui entrare nella vita eterna, proprio ora. Il male non ci condurrà alla morte, che è divisione, separazione dalla comunione con i nostri fratelli e sorelle umani.
Terzo dono (Ap 2,12 e 2,17): La manna nascosta e la pietra bianca. Nutrito dal corpo di Cristo, il fedele diventa Cristo, portatore della parola di Dio con l’esempio della sua vita.
Colui che ha la spada affilata a doppio taglio dà al vincitore la manna nascosta e una pietra bianca, e incide sulla pietra un nome nuovo che nessuno conosce se non chi lo riceve.
Ogni battezzato riceve anche il dono della profezia, cioè porta la parola di Dio al mondo con la testimonianza della sua vita. In questo modo, colui la cui bocca, cioè la cui parola, è una spada affilata a doppio taglio, conferisce anche al battezzato il potere della sua parola; la mette sulla sua bocca. Così chi mantiene fedelmente la fede nella morte e risurrezione di Cristo e nell’incarnazione di colui che è sceso dal cielo per salvarci e non la rinnega, né a parole né con il cattivo esempio, si nutre della manna nascosta e porta il nome di cristiano, cioè il nome di Cristo indicato dalla pietra bianca. Il battezzato è ammesso a condividere il pasto riservato agli iniziati, quello istituito nell’Ultima Cena, durante il quale Gesù rivela la natura nascosta del pane che offrirà agli apostoli: “Questo pane è il mio corpo” (Matteo 26,27).
Così, strettamente unito a Cristo, che è il Verbo di Dio fatto carne, anch’egli sarà un testimone vivente di questa parola con l’esempio della sua vita. Il suo modo unico di riflettere l’amore di Dio in questo mondo è espresso dal nuovo nome, quello che riassume tutta la sua vita, tutto l’amore che ha offerto al prossimo, grazie al quale tante creature si sono sentite amate da Dio, riconoscendo in lui un riflesso dell’amore di Dio. Questo nome non può essere espresso nel nostro linguaggio terreno, racchiude in sé tutti i tempi della nostra vita, e questo ci sarà noto quando abbracceremo i tempi nella visione di Dio, allora lo conosceremo come siamo conosciuti, lo vedremo come è. Allora, in un istante, tutti i tempi saranno presenti e la realtà di ciascuno sarà espressa in un modo nuovo, un nome nuovo che nessuno può concepire qui, il cui modo di espressione supera il nostro attuale modo di ragionare, soggetto al tempo, dove le parole e le lettere sono enunciate nel tempo. Allora egli sarà tutto in tutti.
Prima lettera ai Corinzi 13, 12 :
Attualmente vediamo in modo confuso, come in uno specchio; in quel giorno vedremo faccia a faccia. Per ora la mia conoscenza è parziale; in quel giorno conoscerò perfettamente, come sono stato conosciuto.
Prima lettera ai Corinzi 15, 28
E quando tutte le cose saranno messe sotto il potere del Figlio, allora egli stesso sarà messo sotto il potere del Padre, che gli avrà sottomesso ogni cosa, e così Dio sarà tutto in tutti.
Prima lettera di San Giovanni 3, 2
Carissimi, anche ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è ancora stato manifestato. Ma sappiamo che quando sarà manifestato, saremo simili a lui, perché lo vedremo così com’è.
Quarto dono (Ap 4,18 e 4,26-28): La stella del mattino. Il battezzato è la luce del mondo, che annuncia la vittoria di Cristo sul male. Riceve e trasmette il fuoco dell’amore e della conoscenza di Dio.
Il Figlio di Dio, i cui occhi sono come una fiamma di fuoco e i cui piedi sono come bronzo prezioso, conferisce al vincitore l’autorità sulle nazioni e la stella del mattino.
Colui che ha occhi come fiamme di fuoco e piedi come bronzo incandescente conferirà questo dono, questa caratteristica della sua natura, anche al battezzato. Anzi, gli farà il dono di essere una stella del mattino. La conoscenza di Dio, rappresentata dagli occhi, ci fa ardere come un fuoco, un fuoco d’amore. Ma questo fuoco, per chi non lo accoglie e non vuole impossessarsene, può provocare bruciature (si veda l’articolo su Il fuoco che porta luce o brucia).
In questo modo, i battezzati condividono la vittoria di Cristo sul male. È per questo che coloro che ricevono questo dono testimoniano l’amore di Dio con i piedi ardenti del fuoco della sua conoscenza: saranno come la stella del mattino, che annuncia la vittoria del giorno sulle tenebre. Gesù è il primo a risorgere, il primo a nascere dai morti (Colossesi 1,18). Così, nella cerimonia della Veglia pasquale in cui si celebrano i battesimi, prima si benedice il fuoco, poi si accendono il cero che rappresenta Cristo e il cero pasquale, e dopo il battesimo si affida al neobattezzato una candela accesa con il cero pasquale. Durante la stessa cerimonia, il neobattezzato riceve anche la comunione con il pane che è il sacramento del corpo di Cristo, chiamato manna nascosta nel Libro dell’Apocalisse. Infatti, Gesù dice di sé di essere il pane disceso dal cielo, come la manna che scese dal cielo per sfamare gli affamati nel deserto. Ma spiega anche che in lui non riceviamo cibo deperibile, ma la parola stessa di Dio che si fa carne in noi quando mangiamo il pane che egli dà ai suoi discepoli durante il suo pasto, il pane eucaristico. Questo pane è veramente il pane disceso dal cielo, perché contiene la parola di Dio, nascosta in esso, la parola che si fa carne e ci nutre, ci illumina e ci abita.
Quinto dono (Ap 3,1 e 3,5): Le vesti bianche. Il battezzato si riveste di Cristo risorto. Riconosce di essere un peccatore e, grazie al perdono di Dio, entra nella vita eterna, nella gloria di Dio che si rivela nell’amore e nel servizio dei fratelli.
Colui che ha i 7 spiriti di Dio e le 7 stelle dichiara che il vincitore indosserà vesti bianche, che il suo nome non sarà mai cancellato dal libro della vita e che proclamerà il suo nome davanti al Padre e ai suoi angeli.
I Padri hanno sempre interpretato la veste di Cristo come un’immagine della Chiesa, il corpo di Cristo. La veste, l’atto di vestirsi, esprime l’atto con cui il capo, che è Cristo, si unisce alle membra del suo corpo. Cristo ha indossato volontariamente la nostra umanità. Come dice l’apostolo Paolo
Colui che non ha conosciuto peccato, Dio lo ha identificato con il peccato per noi, affinché in lui diventassimo giusti nella giustizia stessa di Dio (2 Corinzi 5:21).
E ci invita anche a seguire il suo esempio:
Abbiate in voi le disposizioni che sono in Cristo Gesù: Cristo Gesù, avendo la condizione di Dio, non ha conservato gelosamente il rango che lo rendeva uguale a Dio. Ma svuotò se stesso, assumendo la forma di servo, diventando simile agli uomini. Riconosciuto come uomo dal suo aspetto, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte, alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato, conferendogli il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché al nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e negli inferi, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è il Signore”, a gloria di Dio Padre (Filippesi 2:5-11).
Gesù ha accettato di essere confuso con i peccatori, si è fatto talmente uno di noi da accettare il rischio di essere confuso con i criminali. Voleva dire che avrebbe rischiato la vita per noi accettando di andare a farsi battezzare da Giovanni Battista. Così facendo, si è messo nella schiera di coloro che avrebbero chiesto perdono per i loro peccati, pur non avendo alcun peccato. Ma chi si umilia sarà innalzato, e al momento del battesimo lo Spirito Santo scese su di lui sotto forma di colomba e la voce del Padre proclamò: “Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Luca 3:22). Andando a farsi battezzare, Gesù annunciava già la sua intenzione di assumere la nostra umanità, a qualunque costo; si sarebbe immerso nella nostra umanità fino alla morte. Ha accettato il rischio di venire in mezzo a un’umanità che ha perso la strada, che non riconosce più il giusto, l’innocente, che ha perso la familiarità con la giustizia e la bontà di Dio.
Come dice l’evangelista San Giovanni:
Il Verbo era la Luce vera, che illumina ogni uomo venendo nel mondo. Egli era nel mondo e il mondo è nato per mezzo di lui, ma il mondo non lo ha riconosciuto. Venne nella sua casa e i suoi non lo accolsero. Ma a tutti coloro che lo hanno ricevuto, ha dato il potere di diventare figli di Dio, che credono nel suo nome. Non sono nati da sangue, né dalla volontà della carne, né dalla volontà dell’uomo: sono nati da Dio. E il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, e noi abbiamo visto la sua gloria, la gloria che egli ha dal Padre suo come Figlio unigenito, pieno di grazia e di verità. (Giovanni 1, 9-14)
Così Cristo ha assunto la nostra umanità, mettendosi al suo servizio, facendosi schiavo per noi, per condurci con lui alla gloria del Padre, per contemplare l’amore infinito con cui siamo amati; ha assunto, rivestendosi, l’umanità peccatrice, per trasfigurarla, per riempirla del suo amore, per renderla partecipe del suo amore e della sua vittoria sul male e sulla morte.
In questo modo, il catecumeno riconoscerà innanzitutto che anche lui, come tutti gli uomini, è un peccatore, che anche lui ha una parte di responsabilità nella divisione che regna tra gli uomini e che li allontana dall’amore di Dio. Anche il catecumeno fa parte di questa umanità; non è al di sopra degli altri, si umilia e chiede perdono per i suoi peccati. Così, per essere lavato nel bagno battesimale, si spoglia dei suoi vecchi abiti e si rende disponibile a ricevere il perdono di Dio, che rinnoverà in lui il dono del suo Spirito, lo riunirà a se stesso e lo chiamerà a partecipare alla dignità di figlio di Dio. Attraverso la mediazione e il perdono di Cristo, il battezzato partecipa alla sua vittoria sul male. Anche il battezzato perdonerà come è stato perdonato; il battezzato ha indossato la gloria di Cristo ed è entrato nella vita eterna. Con Cristo è risorto a vita nuova, le sue vesti sono diventate splendenti della gloria di Dio, bianche, più bianche della neve e della luce del sole.
Il battezzato si nutrirà d’oro davanti alla Parola di Dio, nascerà a una nuova vita spirituale; il suo cibo spirituale è il pane del corpo di Cristo, che lo illumina con la verità del suo amore e che abiterà anche dentro di lui. si è rivestito di Cristo: Cristo, risorto e splendente dell’amore infinito di Dio. Ma in realtà, il momento in cui Cristo ha manifestato su questa terra la gloria del Padre è stato nell’umiliazione e nell’abbassamento della croce, dove ha accettato di essere confuso con i criminali e i peccatori. Gesù lo spiega prima della sua passione:
“È giunta l’ora in cui il Figlio dell’uomo deve essere glorificato. Amen, amen, vi dico: se un chicco di grano cade in terra e non muore, rimane solo; ma se muore, porta molto frutto. Chi ama la propria vita la perde; chi invece mette da parte la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se qualcuno vuole servirmi, mi segua; e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre mio lo onorerà. (Giovanni 12, 23-26 ©AELF)
Anche gli apostoli sul monte Tabor furono testimoni della gloria di Cristo, così come si sarebbe rivelata e sarebbe finalmente apparsa agli uomini in cielo: le sue vesti erano più luminose della luce del sole (Matteo 1, 1-13). Ma questa luce è nascosta agli uomini che non sanno riconoscerla nel volto amorevole del credente, in colui che si abbassa per servire e onorare Dio nei suoi fratelli e sorelle. Rivestirsi di Cristo significa quindi rivestirsi di umiltà per partecipare alla sua gloria, significa servire e non essere serviti, abbassarsi e non esaltarsi al di sopra degli altri, ma riconoscere in tutti la stessa natura e dignità di figlio di Dio. Allora il battezzato parlerà con autorità, perché il suo comportamento sarà conforme all’insegnamento, il suo esempio e le sue parole saranno veri. Così, durante la celebrazione del battesimo, dopo essersi spogliato dei suoi vecchi abiti e costumi, la persona che si è immersa nell’acqua con Cristo è morta con lui al male e al peccato, e con lui è risorta a una nuova vita. Animato dallo spirito di Cristo, lo Spirito dell’amore di Dio che lo unisce al Padre in un rapporto filiale, è un uomo nuovo, riceve un nuovo nome e viene rivestito di una veste bianca. Il Cristo risorto gli conferisce la dignità di sacerdote, profeta e re. Infatti, prima di entrare a Gerusalemme per offrire la sua vita, Gesù condusse tre apostoli sulla cima del monte Tabor, e le sue vesti divennero più splendenti della luce del sole, e con lui apparvero anche Mosè ed Elia. Era una visione di risurrezione: i profeti Mosè ed Elia, che avevano lasciato questa vita secoli prima, appaiono ancora vivi e parlano con Gesù nella luce della risurrezione (Matteo 17, 1-13).
Sesto dono (Ap 3, 7 e 3, 12): Colonna del Tempio di Dio. Il battezzato riceve il perdono dei suoi peccati attraverso Cristo e questo dono dell’amore di Dio, questo per-dono, questo dono rinnovato, lo rende una nuova creatura in cui abita lo Spirito Santo.
Il Santo, il Vero, Colui che detiene la chiave di Davide, Colui che apre – e nessuno chiuderà -, Colui che chiude – e nessuno potrà aprire – dichiara: “Farò del conquistatore una colonna nel tempio del mio Dio, uscirà all’aperto e inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, la nuova Gerusalemme che scende dal cielo dal mio Dio, e il mio nuovo nome”. ”
Il battezzato è un re perché partecipa alla vittoria di Cristo sulla morte; è un profeta perché vive della parola di Dio che porta al mondo; ed è anche un sacerdote perché porta al mondo il perdono di Dio e trasmette il suo Spirito. Al battezzato è affidata la preghiera del Padre Nostro, in cui chiede di santificare il nome di Dio, cioè di manifestare al mondo la gloria e l’amore di Dio facendo la sua volontà, affinché il regno di Dio regni nei cuori degli uomini attraverso l’amore che li unisce in terra come in cielo. Per raggiungere questo obiettivo, i fedeli chiedono di essere nutriti dalla vita di Dio, dal cibo che li rafforza spiritualmente, che rafforza l’amore in loro, che porta loro la vita di Dio. È il pane che scende dal cielo che diventa il suo pane quotidiano. Poi, l’immagine divina nell’uomo sarà portata a piena somiglianza con lui. L’uomo sarà anche un riflesso della caratteristica e della prerogativa divina di perdonare i peccati, quella di cui si parla all’inizio della sesta lettera, quella posseduta da “colui che ha la chiave di Davide, colui che apre – e nessuno chiuderà -, colui che chiude – e nessuno potrà aprire”. Queste parole si riferiscono al potere di Dio di perdonare i peccati degli uomini. Gesù ha affidato questo potere a Pietro e agli apostoli. Attraverso il perdono di Dio, che essi dispenseranno agli uomini, edificheranno la Chiesa, santificando gli uomini; attraverso il dono dello Spirito, renderanno i battezzati templi dello Spirito. Così Gesù disse a Pietro:
Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e il potere della morte non prevarrà contro di essa. Ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato in cielo (Matteo 16, 18-19).
E Gesù ha anche confidato agli apostoli:
Amen, io vi dico: tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. (Matteo 18, 18 tradotto ©AELF)
Gli apostoli hanno edificato la Chiesa offrendo il battesimo e il perdono dei peccati; in questi atti sacri, in questi sacramenti, hanno trasmesso il dono dello Spirito Santo attraverso il ministero che Cristo aveva loro affidato. Ma ogni battezzato, a sua volta, è chiamato da Gesù stesso, nella preghiera del Padre nostro che Cristo gli affida al momento del battesimo, a perdonare coloro che lo hanno offeso. Ora, il perdono offerto dal battezzato a chi lo ha offeso è diverso dal perdono conferito dai successori degli apostoli, i ministri del sacerdozio di Cristo. Infatti, non ha il potere di rigenerare, ricreare e introdurre la creatura nel rapporto filiale con Dio, perché questo si ottiene con il perdono che Dio stesso offre alle sue creature attraverso il ministero del sacerdote. Ma ogni battezzato, perdonando chi lo ha offeso, diventa testimone dello Spirito di Dio che abita in lui e diffonde lo Spirito di Dio nel mondo diventando un riflesso della sua misericordia. Attraverso di lui, è Gesù stesso che continua ad amare le persone e a invitarle a ricevere questo stesso perdono da Dio stesso. Ricevere il perdono dai nostri fratelli e sorelle ci permette di vedere il volto di Dio e quindi di rivolgerci a lui e chiedere il suo perdono. Questo è ciò che ci invita a fare il Padre Nostro, trasmesso ai neobattezzati. Dopo aver riconosciuto il suo amore nel perdono che riceviamo dai nostri fratelli e sorelle, facciamo appello all’amore stesso di Dio: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Accogliere lo Spirito di Cristo nel battesimo significa che ogni battezzato diventa un riflesso del suo amore in questo mondo e, avendo ricevuto il perdono di Dio, rende visibile al mondo questo atteggiamento misericordioso di Dio, concedendo il perdono ai suoi fratelli e sorelle. Perdonato, sarà in grado di perdonare e, perdonando, edificherà la Chiesa, perché permetterà agli altri di aprirsi al perdono di Dio. Darà accesso al mistero della Chiesa e dei suoi ministri, successori degli apostoli, che dispensano il perdono di Dio. Il battezzato diventa anche una colonna del tempio perché dà accesso alla Chiesa, porta il nome di Cristo inscritto in sé e rende visibile Cristo alle persone che, una volta riconosciuto il suo amore, possono invocarlo per essere perdonati da lui, grazie al battesimo e al sacramento della riconciliazione.
Non c’è amore più grande che offrire la propria vita per coloro che si amano, e chi può morire perdonando i propri nemici come ha fatto Cristo, stabilisce il regno dei cieli sulla terra, e il suo perdono dà accesso al mistero di Dio. Incontrare un gesto di misericordia e di perdono qui sulla terra apre una porta verso il cielo, permettendoci di vedere lo Spirito di Dio all’opera nelle persone, ispirando loro un amore che è un riflesso dell’amore di Cristo. Questo introduce le persone al mistero di Dio, che è che tutti noi viviamo dello stesso spirito che dà vita al mondo. Questo spirito ci rende una moltitudine di fratelli, come membra di uno stesso corpo. Ora, il tempio in cui le pietre sopportano il peso l’una dell’altra è un’immagine del corpo, e Gesù ha detto del proprio corpo abitato dallo spirito di Dio: “Distruggete questo tempio e io lo ricostruirò in tre giorni” (Giovanni 2, 19). E l’apostolo Paolo ci assicura che, grazie al dono dello Spirito ricevuto nel battesimo e offerto agli uomini da Cristo sulla croce, siamo diventati templi dello Spirito Santo:
Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi (1 Corinzi 3:16)?
Non sapete questo? Il vostro corpo è un tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio (1 Corinzi 6, 19).
E in questo tempio, coloro che offrono il perdono ai loro fratelli e sorelle saranno saldamente stabiliti come pilastri e saranno le pietre che formano la città santa, accogliendo le persone nel nome di Cristo, permettendo loro l’accesso attraverso la testimonianza del loro amore. È un amore fedele fino in fondo quando viene messo alla prova, cioè capace di perdonare chi ripete l’offesa 70 volte per 7 volte. Forse sarà dopo aver messo alla prova il giusto per 70 volte che il malvagio si convincerà della gratuità e della portata del suo amore e scoprirà in esso un riflesso dell’amore di Dio.
Il settimo dono (Ap 3,14 e 3,21): sedersi sul trono. Il battezzato, membro del corpo di Cristo, sarà esposto alla persecuzione come Cristo. Come Cristo, che offre il perdono ai suoi nemici, sarà anche causa di esclusione per coloro che rifiutano il suo amore. Coloro che si accaniscono contro il giusto e non accettano il suo perdono condannano se stessi. Si tagliano fuori dal legame di fratellanza, dalla comunione che regna nella città di Dio.
Colui che è l’Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della creazione di Dio, dichiara: “A colui che vince darò la possibilità di sedere con me sul mio trono, come io, dopo la mia vittoria, mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono”.
Colui che siede sul trono giudica e governa con l’esempio, ha sconfitto i suoi nemici perdonandoli, così il male non ha potuto dominare il suo cuore. È il male che è stato sconfitto, il male che sarà bandito dal suo cuore una volta per tutte. E il sangue versato dai condannati ingiustamente sarà come la fonte di vita rifiutata da coloro che si accaniscono contro di lui e non accettano il suo perdono.
La liberazione definitiva dal male. Colui che ha detto Amen, tutto è compiuto, colui che ha vissuto l’amore fino in fondo esercita il giudizio sugli altri, siede sul trono come Cristo che sedeva sul trono del Padre. È l’uomo giusto che svela l’ingiustizia degli uomini; colui che è mosso dall’amore di Dio scatena il male contro di lui e svela così il vero volto degli uomini che si nascondono dietro le buone apparenze ma approfittano dei deboli e dei poveri ed esercitano il loro potere su di loro. Ma chi è tiepido e scende facilmente a compromessi con i potenti non rivela il volto del Padre e non fa la sua volontà. Soprattutto, non entra in un rapporto filiale e fiducioso con Dio; si considera ricco e non vede dove Dio vuole condurlo: a crescere nell’amore. Così non chiede nulla a Dio, pensando che non gli manchi nulla che Dio possa dargli. Non ha sperimentato la sofferenza, non si è trovato oppresso, perché ha sempre sopportato ciò che non era accettabile agli occhi di Dio. Non vede che il suo comportamento è vergognoso. Così Dio non può fare nulla per lui, come Gesù, quando non gli vengono chiesti miracoli, eppure la lettera alla Chiesa di Laodicea ci ricorda che Dio non lo abbandona; al contrario, sta alla porta e bussa, in attesa che gli venga aperto.
Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me (Ap 3,20).
Gesù bussa alla porta del nostro cuore, aspettando che accettiamo il suo invito e il suo perdono. Viene in nostro soccorso quando il nostro cuore si è smarrito, quando abbiamo perso l’amore che ci lega a Dio e al prossimo. Chi lo lascia entrare sarà condotto in una comunione profonda con Gesù, sarà in lui e Gesù sarà in lui, come nell’immagine degli sposi del Cantico dei Cantici, dove la sposa rappresenta la Chiesa, l’umanità riconciliata con Dio, che si abbandona a Dio con fiducia, riponendo il suo spirito in lui. Anche il libro dell’Apocalisse si conclude con le parole della sposa che, mossa e abitata dallo Spirito di fiducia filiale, che ha ricevuto lo Spirito Santo nel suo battesimo, si rivolge allo sposo e gli dice vieni.
Lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni! Chi ascolta, dica: “Vieni! Chi ha sete, venga. Chi desidera, riceva gratuitamente l’acqua della vita (Ap 22,17).