Contenuto
- La parole di Dio si è fatta carne e ha comunicato all’umanità la vita divina ed eterna e la sua vittoria sul male e sulla morte.
- È invitando l’umanità a un pranzo che Dio offre la sua alleanza all’umanità. Il pranzo è un segno di comunione fra gli invitati. Per accedere al pranzo, dobbiamo essere riconciliati con Dio e tra di noi.
- È Dio stesso che aiuterà gli uomini a riconciliarsi tra loro, comunicando il suo spirito nei sacramenti, cioè nei gesti che esprimono l’alleanza, dove Dio accoglie e comunica la sua vita.
- Il pranzo a cui Dio invita l’umanità riconciliata è un banchetto nuziale, e la sposa è l’umanità stessa, unita a Cristo. Diventata uno con lui, contempla il Padre nell’azione di grazie.
- Come i chicchi di grano formano un’unico pane, così gli uomini sono uniti in Cristo, come membra di uno stesso corpo, di cui Cristo è il capo.
- L’ultimo pranzo di Gesù con gli apostoli ebbe luogo durante la festa di Pasqua, che celebra il passaggio dalla schiavitù in Egitto alla terra promessa. Quando Gesù è passato da questo mondo a suo Padre, ha unito l’umanità a sé. Dando il suo corpo e il suo sangue da mangiare, riunisce in un unico momento la sua passione sulla croce, dove offre la sua vita e il suo perdono, dove viene versato il suo sangue, la sua sepoltura, dove si unisce alla natura umana nella morte, e la sua risurrezione, perché è sedendo con il Padre nell’eternità che può essere presente a tutti e rendere l’umanità partecipe della sua carne e del suo sangue risorti.
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Il miracolo della moltiplicazione dei pani ha avuto un ruolo importante nell’annunciare il pranzo eucaristico che Gesù avrebbe istituito la sera dell’Ultima Cena con gli apostoli. Questo miracolo fu infatti l’occasione per Gesù di introdurre il tema del pane che è sceso dal cielo, di un cibo celeste fornito all’umanità, che “non vivrà di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Matteo 4,4). (Vedi Giovanni 6, 1-15 La moltiplicazione dei pani).
Ora, la parola pronunciata da Dio, la parola che ci manifesta il suo essere e la sua volontà, si è unita alla natura umana, si è fatta carne, ha reso Dio visibile agli uomini nella persona di Gesù Cristo. Questo mistero è al centro della fede cristiana professata dai concili del IV e V secolo, in particolare dal Concilio di Calcedonia del 451, che ha proclamato che la natura umana e la natura divina sono unite nella persona di Cristo. Così, la parola di Dio è all’origine della vita. La vita che viene offerta alla natura umana è la vita eterna, la vita di Dio stesso; l’essere umano è animato dal soffio divino, dal suo spirito. Quando la natura umana si unisce a Dio nella persona di Gesù Cristo, a tutti gli esseri umani viene offerto un posto con Dio. La natura umana trova un posto con Dio e viene condotta da Gesù Cristo alla contemplazione eterna del Padre. La visione di Dio, del suo amore infinito, implica una trasformazione permanente della natura umana, che sarà a sua volta riempita da questo amore, sarà simile a lui perché lo vedrà così com’è (1 Giovanni 3,2). Allora l’amore perfetto regnerà anche tra gli esseri umani.
L’immagine terrena di questa felicità celeste è quella di un banchetto nuziale, quando tutti sono riuniti in nome dei legami d’amore che li uniscono gli uni agli altri. La Bibbia parla di un pranzo celeste, un banchetto di nozze eterno. (Vedi Luca 14, 15-24 Gli invitati al banchetto). Questo è il banchetto in cui Dio invita l’intera umanità alle nozze, dove l’umanità non è solo invitata, ma è essa stessa la sposa adornata per il giorno delle nozze, vestita da Dio con l’abito nuziale (cfr. Matteo 22, 1-14 L’abito nuziale). La sposa è condotta alla camera nuziale, l’umanità è unita alla divinità, per diventare uno. L’umanità, riunita dall’amore di Dio, contemplerà ogni essere umano in lui e lo amerà con lo stesso amore con cui Dio ama ciascuno dei suoi figli. L’amore di Dio sarà tutto in tutti.
L’umanità, unita come le membra di uno stesso corpo, l’umanità che ritrova la sua armonia, sarà unita a Dio dall’amore che viene da Dio stesso e che ognuno avrà accettato personalmente. Questo spiega l’insistenza di Gesù sull’accoglienza: dobbiamo accogliere questo invito al pranzo, dobbiamo accogliere il nostro prossimo nel nome di Gesù, cioè dobbiamo accogliere ogni creatura come figlio di Dio, nell’amore che Dio ha per loro. Dobbiamo indossare la veste nuziale, prepararci a questo incontro, aprire il nostro cuore ai fratelli e alle sorelle del mondo intero. Se non accogliamo l’umanità intera nel nostro cuore come Dio accoglie i suoi figli, non possiamo sperimentare la gioia infinita di essere uniti, fra esseri umani e con Dio.
Il pranzo terreno è un segno di unione, di alleanza. Gesù porterà i suoi invitati a tavola; è lui che nutre e serve (Apocalisse 3:20). Egli serve anche attraverso i suoi inviati, gli apostoli e i loro successori. Invita tutti a tavola e le sue parole significano sempre che c’è posto per tutti e che nessuno deve essere escluso. Purtroppo non tutti rispondono all’invito, ma Dio non smetterà mai di invitarli ad aprire i loro cuori per incontrare i loro fratelli e sorelle, a venire a condividere il pranzo anche con coloro che li hanno offesi, perché gli esseri umani sono tutti fratelli e sorelle e sono chiamati a riconciliarsi gli uni con gli altri (cfr. Luca 14, 15-24 Gli invitati al pranzo). È nell’umiltà che possiamo trovare posto a questo pasto, rendendo possibile l’incontro con gli altri. Offrendo il perdono a chi ha offeso, ma anche riconoscendo che ognuno di noi, in quanto essere umano, ha bisogno di essere perdonato, da Dio e dai fratelli. Da qui le parole di Gesù, che ci invita a cercare la riconciliazione prima di offrire un sacrificio (Matteo 5, 23), cioè prima di poter partecipare a questo pranzo celeste ed eterno dell’alleanza, in cui si realizza l’unione dell’umanità con Dio. Un’umanità trasformata da questo cibo celeste che unifica corpo e spirito, un’umanità trasformata dall’amore che Dio infonde nei cuori e che conduce all’unità perfetta. (Cfr. Giovanni 6, 22-59 Il pane disceso dal cielo).
Questo è il senso del pranzo eucaristico, cioè un pranzo di ringraziamento, in cui l’umanità risponde all’invito, si lascia purificare da Dio prima di prendere posto a tavola, riconoscendo le proprie colpe, riconoscendole gli uni di fronte agli altri. Questo è il significato del gesto che Gesù compie nell’ultima cena con gli apostoli: prima di farli sedere a tavola, lava loro i piedi (Gv 13, 1-17 La lavanda dei piedi). Quest’azione di lavare è stata compresa come una purificazione necessaria prima di sedersi a tavola. Riconoscere le proprie colpe è una condizione necessaria per poter camminare insieme verso l’unità, verso una comunione più profonda. Tutti gli apostoli dovettero lasciarsi lavare i piedi, riconoscendo il fatto che, in quanto esseri umani, tutti condividiamo la responsabilità della divisione, come dice San Paolo (Romani 5:8): “Cristo è morto per noi, mentre eravamo ancora tutti peccatori”.
L’ultimo pranzo di Gesù con gli apostoli ebbe luogo durante la festa ebraica della Pasqua, che commemora l’uscita dall’Egitto del popolo ebraico, la sua liberazione dalla schiavitù. Il popolo ebraico fu sottoposto a una schiavitù sempre più dura in Egitto, fino al giorno in cui Dio lo liberò attraverso il suo profeta Mosè. Fu attraversando miracolosamente il mare che riuscirono a sfuggire all’esercito che li inseguiva. Il pranzo pasquale commemora questa partenza precipitosa: si mangia pane azzimo, perché la pasta non poteva lievitare nella fretta, e si sacrifica un agnello, perché fu il sangue dell’agnello a segnare le porte delle case delle famiglie ebraiche e a salvarle dalla morte. È anche il sangue di un agnello senza macchia che viene sacrificato nel tempio per il perdono dei peccati.
In casa, i momenti chiave di questa celebrazione sono la benedizione del pane e del calice. Ed è a queste benedizioni che Gesù darà il loro pieno significato: nel rendere grazie a Dio per il pane, lo dà agli apostoli dicendo che questo pane è il suo stesso corpo, offerto in sacrificio, e nel rendere grazie per il vino, dice che il calice di vino è il calice del suo sangue, versato per la moltitudine per il perdono dei peccati. In realtà, il pane e il vino sono separati in questo momento, proprio come il sangue versato sarà separato dal corpo di Gesù quando sarà trafitto sulla croce.
Il sangue di Gesù versato per il perdono dei peccati. Il prezzo del sangue deve essere pagato per concludere una nuova alleanza, per riparare il torto, quando la precedente alleanza è stata rotta, tradita. È stata sacrificata una vittima, è questa che porta il peso delle colpe dell’umanità. Proprio come il sacrificio di Isacco e il libro di Isaia profetizzavano che il servitore di Dio avrebbe offerto la sua vita per il perdono dei peccati (Isaia 53, 1-12). Il prezzo del sangue per gli innocenti uccisi deve essere pagato. Come per il primo omicidio, quello del giusto Abele, ucciso da Caino, quando il peccato entrò nella razza umana. Caino aveva paura di coloro che avrebbero preteso il prezzo del sangue chiedendo la sua vita. Gli esseri umani sono ancora debitori, e il sangue degli animali offerti come vittime non lava di per sé le colpe dell’umanità. È necessario uno spirito contrito, spezzato e schiacciato, come dice il Salmo 50:19. Ma tutti i sacrifici dell’Antica Alleanza prefigurano il sacrificio di Cristo, la vittima innocente che rivela l’errore dell’umanità, che ne assume le conseguenze, le accetta assumendo la condizione umana, senza conservare il rango che lo rendeva uguale a Dio, ma abbassandosi, facendosi schiavo e vittima del peccato, come dice Paolo nella lettera ai Filippesi 2,6-8. Ma è così che ha pagato il prezzo del sangue: perché si è offerto per tutti, in riparazione, ha riscattato l’umanità con il sacrificio della propria vita. Quindi, se l’umanità vuole accogliere il suo per-dono, il rinnovo dell’alleanza, il dono della vita di Dio offerta all’umanità, deve chiedere di essere purificata, da un bagno che santifica perché trasmette la grazia, lo spirito di Dio che dissipa le tenebre e riempie con la sua luce. (Giovanni 3, 1-36). Si tratta semplicemente di riconoscere le proprie colpe e di accettare la salvezza di Dio. Il nome di Gesù, che è anche il nome di Dio, significa Dio salva: Ye-hoshua. Chiedendo semplicemente perdono, possiamo accettare la santificazione offerta da Dio. Il sangue della vittima è la vita di Dio offerta alll’umanità, per la moltitudine, le colpe sono perdonate e viene data una nuova vita, la vita di Cristo, la vita di Dio, il suo spirito che santifica coloro che partecipano al suo pranzo.
Così Cristo è la vittima offerta per il sacrificio che toglie i peccati del mondo; è l’agnello pasquale, che è entrato a Gerusalemme, secondo il rituale ebraico, una settimana prima della Pasqua, senza macchia e senza difetti, perché lui stesso era senza peccato. Allo stesso tempo, è il suo stesso sangue, la sua vita offerta nel calice dell’alleanza, che dà vita e rinnova l’umanità. L’alleanza è di nuovo possibile per l’umanità che aveva trasgredito il patto; bere il calice, bere il suo sangue, significa sigillare di nuovo l’alleanza. I commensali consumano un pasto insieme perché sono stati purificati dai loro peccati. Egli li ha anche riscattati dalla schiavitù del male in cui è caduta l’umanità. Egli completa l’uscita dall’Egitto perché il suo perdono ci libera dal male che ci incatena. Se lui, che è innocente, perdona le offese e permette all’umanità di condividere un pranzo con lui, questo pranzo, che unisce l’umanità a lui nel corpo e nello spirito, la rafforza e la vivifica di nuovo, in modo che possa anche perdonare coloro che l’hanno offesa. Non solo il peccato viene cancellato, ma questo pranzo di alleanza è anche un rimedio, una fonte di salvezza, perché rende coloro che ne partecipano a loro volta vittoriosi del male e della morte.
È quindi necessario lasciarsi purificare e santificare per partecipare a questo pranzo, per nutrirsi della vita di Dio. Per fare questo, Gesù invita a rinascere dall’acqua e dallo spirito, come spiega a Nicodemo (Gv 3, 1-36). In effetti, il pranzo pasquale che si svolge il giovedì della Settimana Santa, la settimana di Pasqua, anticipa ciò che Gesù vivrà nei tre giorni successivi. Infatti, il pranzo eucaristico celebra e contiene l’intero mistero pasquale, quello che in latino si chiama il Triduo Pasquale, il passaggio di Gesù da questo mondo a suo Padre. Nel Triduo Pasquale ricordiamo la passione, la morte e la risurrezione di Cristo. È durante questo passaggio che egli ha condotto tutta l’umanità alla contemplazione del Padre, riconciliando gli uomini e rendendoli partecipi del suo amore. Ogni pranzo eucaristico ricorda quindi queste tre tappe attraverso le quali Cristo conduce l’umanità al Padre.
Il Venerdì Santo, nella sua passione, Gesù muore sulla croce e offre il suo perdono all’umanità. Dal suo costato aperto sgorgano sangue e acqua e qui hanno origine il battesimo e gli altri sacramenti attraverso i quali l’umanità è riconciliata e unita a Dio.
Il Sabato Santo, Cristo è nel sepolcro. Con la sua morte, Cristo assume la natura umana fino in fondo e la conduce così, attraverso la propria morte, alla risurrezione.
La domenica di Pasqua Cristo risorge, così l’umanità può partecipare alla vita eterna di Dio, vittoriosa sul male e sulla morte.
Commento:
Testi biblici
Genesi 26, 28-31: il pasto dell’alleanza tra Isacco e il re Abimelech
28 וַיֹּאמְרוּ רָאֹו רָאִינוּ כִּי-הָיָה יְהוָה ׀ עִמָּךְ וַנֹּאמֶר תְּהִי נָא אָלָה בֵּינֹותֵינוּ בֵּינֵינוּ וּבֵינֶךָ וְנִכְרְתָה בְרִית עִמָּךְ׃
28 Ed essi dissero: “Vedere, abbiamo visto che il Signore è con te, e diciamo: ‘Ci sia un sermone tra noi, tra noi e voi, che abbiamo tagliato [le carni del] patto con voi.
In ebraico si dice tagliare un’alleanza(karat berit) nel senso di tagliare le carni del sacrificio dell’alleanza che saranno poi mangiate nel pasto dell’alleanza che suggellerà il legame tra le parti.
29 אִם-תַּעֲשֵׂה עִמָּנוּ רָעָה כַּאֲשֶׁר לֹא נְגַעֲנוּךָ וְכַאֲשֶׁר עָשִׂינוּ עִמְּךָ רַק-טֹוב וַנְּשַׁלֵּחֲךָ בְּשָׁלֹום אַתָּה עַתָּה בְּרוּךְ יְהוָה׃
29 Non ci farai del male come noi non ti abbiamo toccato e come noi ti abbiamo fatto solo del bene e ti abbiamo mandato in pace, ora benedici il Signore.
30 וַיַּעַשׂ לָהֶם מִשְׁתֶּה וַיֹּאכְלוּ וַיִּשְׁתּוּ׃
30 Fecero loro un banchetto e mangiarono e bevvero.
31 וַיַּשְׁכִּימוּ בַבֹּקֶר וַיִּשָּׁבְעוּ אִישׁ לְאָחִיו וַיְשַׁלְּחֵם יִצְחָק וַיֵּלְכוּ מֵאִתֹּו בְּשָׁלֹום׃
31 Poi si caricarono [per partire di buon mattino] e predicarono l’uomo a suo fratello e Isacco li mandò e partirono da casa sua in pace.
Genesi 31, 54: pranzo di alleanza tra Giacobbe e Labano
וַיִּזְבַּח יַעֲקֹב זֶבַח בָּהָר וַיִּקְרָא לְאֶחָיו לֶאֱכָל-לָחֶם וַיֹּאכלוּ לֶחֶם וַיָּלִינוּ בָּהָר׃
Giacobbe fece un sacrificio sulla montagna e chiamò i suoi fratelli a mangiare del pane, e mangiarono del pane e passarono la notte sulla montagna.
akal leḥem: letteralmente mangiare del pane, ma la parola pane è spesso usata per indicare il cibo in generale e quindi qui l’espressione mangiare il pane può essere intesa anche nel senso di consumare un pasto.
Esodo 24,1-11 L’alleanza con Mosè, suggellata dal sangue e dal pasto
1 וְאֶל-מֹשֶׁה אָמַר עֲלֵה אֶל-יְהוָה אַתָּה וְאַהֲרֹן נָדָב וַאֲבִיהוּא וְשִׁבְעִים מִזִּקְנֵי יִשְׂרָאֵל וְהִשְׁתַּחֲוִיתֶם מֵרָחֹק׃
1 Ed egli [dio] disse a Mosè: “Sali verso il Signore, tu, Aharon, Nadab e Abihu e settanta anziani d’Israele, e prosternatevi da lontano”.
2 וְנִגַּשׁ מֹשֶׁה לְבַדֹּו אֶל-יְהוָה וְהֵם לֹא יִגָּ֑שׁוּ וְהָעָם לֹ֥א יַעֲלוּ עִמֹּו׃
2 E Mosè solo si avvicinerà al Signore, e loro non si avvicineranno, né il popolo salirà con lui”.
3 וַיָּבֹא מֹשֶׁה וַיְסַפֵּר לָעָם אֵת כָּל-דִּבְרֵי יְהוָה וְאֵת כָּל-הַמִּשְׁפָּטִים וַיַּעַן כָּל-הָעָם קֹול אֶחָד וַיֹּ֣אמְרוּ כָּל-הַדְּבָרִים אֲשֶׁר-דִּבֶּר יְהוָה נַעֲשֶׂה׃
3 Mosè venne a riferire al popolo tutte le parole e le decisioni e tutto il popolo rispose all’unisono e disse: “Tutte le parole che il Signore ha pronunciato le eseguiremo”.
4 וַיִּכְתֹּב מֹשֶׁה אֵ֚ת כָּל-דִּבְרֵי יְהוָה וַיַּשְׁכֵּם בַּבֹּקֶר וַיִּבֶן מִזְבֵּחַ תַּחַת הָהָר וּשְׁתֵּים עֶשְׂרֵה מַצֵּבָה לִשְׁנֵים עָשָׂר שִׁבְטֵי יִשְׂרָאֵל׃
4 Mosè scrisse tutte le parole del Signore, si caricò [per partire di buon mattino] e costruì un altare ai piedi della montagna e dodici stele per le dodici tribù d’Israele.
5 וַיִּשְׁלַח אֶֽת-נַעֲרֵי בְּנֵי יִשְׂרָאֵל וַיַּֽעֲלוּ עֹלֹת וַֽיִּזְבְּחוּ זְבָחִים שְׁלָמִים לַיהוָה פָּרִים׃
5 E mandò i giovani figli d’Israele a far salire [il fumo del sacrificio di] olocausti e a sacrificare buoi in sacrificio di pace al Signore.
6 וַיִּקַּח מֹשֶׁה חֲצִי הַדָּם וַיָּשֶׂם בָּאַגָּנֹת וַחֲצִי הַדָּם זָרַק עַל-הַמִּזְבֵּחַ׃
6 Mosè prese metà del sangue e lo mise in coppe, e con metà del sangue asperse l’altare.
7 וַיִּקַּח סֵפֶר הַבְּרִית וַיִּקְרָא בְּאָזְנֵי הָעָם וַיֹּאמְרוּ כֹּל אֲשֶׁר-דִּבֶּר יְהוָה נַעֲשֶׂה וְנִשְׁמָע׃
7 Prese il racconto dell’alleanza e lo lesse agli orecchi del popolo, che disse: “Tutto ciò che il Signore ha detto lo faremo e lo ascolteremo”.
8 וַיִּקַּח מֹשֶׁה אֶת-הַדָּם וַיִּזְרֹק עַל-הָעָם וַיֹּאמֶר הִנֵּה דַם-הַבְּרִית אֲשֶׁר כָּרַת יְהוָה עִמָּכֶם עַל כָּל-הַדְּבָרִים הָאֵלֶּה׃
8 Mosè prese il sangue, lo asperse sul popolo e disse: “Questo è il sangue dell’alleanza che il Signore ha tagliato [nel senso di concluso] con voi su tutte queste parole”.
9 וַיַּעַל מֹשֶׁה וְאַהֲרֹן נָדָב וַאֲבִיהוּא וְשִׁבְעִים מִזִּקְנֵי יִשְׂרָאֵל׃
9 Poi salirono Mosè, Aronne, Nadab e Abihu e i settanta anziani d’Israele.
10 וַיִּרְאוּ אֵת אֱלֹהֵי יִשְׂרָאֵל וְתַחַת רַגְלָ֗יו כְּמַעֲשֵׂה לִבְנַת הַסַּפִּיר וּכְעֶצֶם הַשָּׁמַיִם לָטֹהַר׃
10 E videro il Dio d’Israele e sotto i suoi piedi come un’opera di lastre di zaffiro e come il cielo più profondo per purezza.
11 וְאֶל-אֲצִילֵי בְּנֵי יִשְׂרָאֵל לֹא שָׁלַח יָדֹו וַֽיֶּחֱזוּ אֶת-הָאֱלֹהִים וַיֹאכְלוּ וַיִּשְׁתּוּ׃
11 E non inviò la sua mano [contro] questi antenati [capi di stirpe, patriarchi, nobili] dei figli d’Israele e contemplarono Dio, mangiarono e bevvero.
Esodo 12 (selezione di versetti): Il memoriale della Pasqua: l’agnello, il pane azzimo e le erbe amare.
1 וַיֹּאמֶר יְהוָה אֶל-מֹשֶׁה וְאֶל-אַהֲרֹן, בְּאֶרֶץ מִצְרַיִם לֵאמֹר׃
1 Il Signore disse a Mosè e ad Aronne nel paese d’Egitto:
2 הַחֹדֶשׁ הַזֶּה לָכֶם, רֹאשׁ חֳדָשִׁים: רִאשׁוֹן הוּא לָכֶם, לְחָדְשֵׁי הַשָּׁנָה׃
2 “Questo mese è per voi il capo dei mesi, è per voi il primo dei mesi dell’anno”.
3 דַּדַּבְּרוּ, אֶל-כָּל-עֲדַת יִשְׂרָאֵל לֵאמֹר, בֶּעָשֹׂר, לַחֹדֶשׁ הַזֶּה: וְיִקְחוּ לָהֶם, אִישׁ שֶׂה לְבֵית-אָבֹת שֶׂה לַבָּיִת׃
3 Parlate a tutta la comunità d’Israele dicendo: “Il dieci di questo mese prenderanno per sé, ciascuno, un agnello per la casa paterna, un agnello per la casa.
…
7 וְלָקְחוּ, מִן-הַדָּם, וְנָתְנוּ עַל-שְׁתֵּי הַמְּזוּזֹת, וְעַל-הַמַּשְׁקוֹף עַל, הַבָּתִּים, אֲשֶׁר-יֹאכְלוּ אֹתוֹ, בָּהֶם׃
7 Prenderanno del sangue e lo metteranno sui due pali e sull’architrave [della porta] delle case in cui lo mangeranno.
8 וְאָכְלוּ אֶת-הַבָּשָׂר, בַּלַּיְלָה הַזֶּה: צְלִי-אֵשׁ וּמַצּוֹת, עַל-מְרֹרִים יֹאכְלֻהוּ׃
8 In quella notte mangeranno la carne, arrostita al fuoco, e mangeranno focacce [matzot di pane azzimo] e erbe amare.
…
1 1 וְכָכָה, תֹּאכְלוּ אֹתוֹ מָתְנֵיכֶם חֲגֻרִים, נַעֲלֵיכֶם בְּרַגְלֵיכֶם וּמַקֶּלְכֶם בְּיֶדְכֶם; וַאֲכַלְתֶּם אֹתוֹ בְּחִפָּזוֹן, פֶּסַח הוּא לַיהוָה׃
11 E così lo mangerete, con i vostri lombi cinti, i vostri calzari ai piedi e il vostro bastone in mano e lo mangerete in fretta, questa è la Pasqua (pesaḥ) per il Signore.
Deuteronomio 8,3: La manna
וַיְעַנְּךָ, וַיַּרְעִבֶךָ, וַיַּאֲכִלְךָ אֶת-הַמָּן אֲשֶׁר לֹא-יָדַעְתָּ, וְלֹא יָדְעוּן אֲבֹתֶיךָ: לְמַעַן הוֹדִיעֲךָ, כִּי לֹא עַל-הַלֶּחֶם לְבַדּוֹ יִחְיֶה הָאָדָם כִּי עַל-כָּל-מוֹצָא פִי-יְהוָה, יִחְיֶה הָאָדָם׃
Ti ha afflitto ti ha affamato e ti ha fatto mangiare la manna che non conoscevi e che i tuoi padri non conoscevano, perché farti sapere che non di solo pane vivrà l’uomo, poiché di tutto ciò che esce dalla bocca di Dio vivrà l’uomo.
Isaia 25:6-9
6 וְעָשָׂה יְהוָה צְבָאוֹת לְכָל-הָעַמִּים, בָּהָר הַזֶּה, מִשְׁתֵּה שְׁמָנִים, מִשְׁתֵּה שְׁמָרִים: שְׁמָנִים, מְמֻחָיִם, שְׁמָרִים, מְזֻקָּקִים׃
6 Il Signore degli eserciti farà per tutti i popoli su questo monte un banchetto di carni grasse, un banchetto di vini pregiati, carni grasse saporite (letteralmente: con midollo) e vino raffinato (letteralmente: affinato sui lieviti).
7 וּבִלַּע בָּהָר הַזֶּה, פְּנֵי-הַלּוֹט הַלּוֹט עַל-כָּל-הָעַמִּים; וְהַמַּסֵּכָה הַנְּסוּכָה, עַל-כָּל-הַגּוֹיִם׃
7 E inghiottirà su questo monte il velo del volto che avvolge tutti i popoli [ebrei] e lo stampo [di metallo] versato su tutte le nazioni.
Il Signore si rivelerà a tutti, a quelli del giudaismo la cui visione era parziale, velata, e a quelli delle altre nazioni che erano come coperti da uno spesso strato, come metallo fuso sopra uno stampo. In alternativa, altre tradizioni interpretano il velo come un velo da lutto e lo strato che ricopre le nazioni come un sudario che evoca anche la morte e i lamenti sui morti.
8 בִּלַּע הַמָּוֶת לָנֶצַח, וּמָחָה אֲדֹנָי יְהוִה דִּמְעָה מֵעַל כָּל-פָּנִים; וְחֶרְפַּת עַמּוֹ, יָסִיר מֵעַל כָּל-הָאָרֶץ כִּי יְהוָה, דִּבֵּר׃
8 Egli inghiottirà la morte per sempre, il Signore asciugherà le lacrime da ogni volto e lo scherno [o l’umiliazione, gli insulti portati] contro il suo popolo lo rimuoverà [allontanerà] da tutta la terra da quando il Signore ha parlato.
9 וְאָמַר בַּיּוֹם הַהוּא, הִנֵּה אֱלֹהֵינוּ זֶה וְיוֹשִׁיעֵנוּ; זֶה קִוִּינוּ לוֹ, נָגִילָה וְנִשְׂמְחָה בִּישׁוּעָתוֹ׃
9 E in quel giorno si dirà: “Questo è il nostro Dio, nel quale abbiamo sperato e che ci ha salvati, il Signore; abbiamo sperato in lui; rallegriamoci della sua salvezza”.
Geremia 31, 31-35: La Nuova Alleanza
31 הִנֵּה יָמִים בָּאִים, נְאֻם-יְהוָה; וְכָרַתִּי, אֶת-בֵּית יִשְׂרָאֵל וְאֶת-בֵּית יְהוּדָה בְּרִית חֲדָשָׁה׃
31 Ecco, vengono i giorni, dice il Signore, in cui concluderò una nuova alleanza con la casa d’Israele e con la casa di Giuda.
Letteralmente la Bibbia dice “tagliare un’alleanza” riferendosi alla carne tagliata per il sacrificio, questo viene solitamente tradotto con “fare un’alleanza”.
32 לֹא כַבְּרִית, אֲשֶׁר כָּרַתִּי אֶת-אֲבוֹתָם, בְּיוֹם הֶחֱזִיקִי בְיָדָם, לְהוֹצִיאָם מֵאֶרֶץ מִצְרָיִם: אֲשֶׁר-הֵמָּה הֵפֵרוּ אֶת-בְּרִיתִי, וְאָנֹכִי בָּעַלְתִּי בָם נְאֻם-יְהוָה׃
32 Non come l’alleanza che ho stretto con i loro padri nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto; essi hanno violato la mia alleanza e io mi sono imposto su di loro, afferma il Signore.
33 כִּי זֹאת הַבְּרִית אֲשֶׁר אֶכְרֹת אֶת-בֵּית יִשְׂרָאֵל אַחֲרֵי הַיָּמִים הָהֵם, נְאֻם-יְהוָה, נָתַתִּי אֶת-תּוֹרָתִי בְּקִרְבָּם, וְעַל-לִבָּם אֶכְתְּבֶנָּה; וְהָיִיתִי לָהֶם לֵאלֹהִים, וְהֵמָּה יִהְיוּ-לִי לְעָם׃
33 Perché questa è l’alleanza che taglierò [farò] con la casa d’Israele dopo questi giorni, l’affermazione del Signore: darò il mio insegnamento dentro di loro e lo scriverò nei loro cuori e io sarò per loro dio ed essi saranno per me popolo.
Dio darà il suo insegnamento dentro di loro, in ebraico la parola usata è torah, che deriva dalla radice iarah, che significa prima guidare e poi insegnare.
34 וְלֹא יְלַמְּדוּ עוֹד, אִישׁ אֶת-רֵעֵהוּ וְאִישׁ אֶת-אָחִיו לֵאמֹר, דְּעוּ, אֶת-יְהוָה: כִּי-כוּלָּם יֵדְעוּ אוֹתִי לְמִקְּטַנָּם וְעַד-גְּדוֹלָם, נְאֻם-יְהוָה כִּי אֶסְלַח לַעֲוֹנָם, וּלְחַטָּאתָם לֹא אֶזְכָּר-עוֹד׃
34 E nessuno insegnerà più al suo prossimo (רֵעֵה re’eh), né un uomo al suo fratello, dicendo: “Conosci il Signore”, perché tutti mi conosceranno dal più piccolo al più grande, affermazione del Signore, poiché perdonerò la loro trasgressione e la loro iniquità, non mi ricorderò più di loro.
re’eh: il termine re’eh è importante perché si trova nel famoso passo di Levitico 19:18: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. (וְאָֽהַבְתָּ֥ לְרֵעֲךָ֖ כָּמֹ֑וךָ). Ora, questo passo del Levitico è tradotto nella versione greca della Bibbia, la Septuaginta, con la parola greca πλησίος plēsíos, che significa uno che è vicino. La stessa citazione con la stessa parola si trova più volte nei Vangeli (Marco 12,31) e anche nelle lettere degli apostoli (Galati 5,14). Ma la parola ebraica, che viene usata nel senso di amico, compagno (e quindi anche amico intimo), deriva dalla radice ra’a , che significa pascere il gregge e quindi curare, custodire, custodire con cura. Nel rapporto con il prossimo, questo evidenzia non solo un legame di compagnia, ma anche un’attenzione, un riguardo, verso l’altro, una responsabilità. Tuttavia, la Lettera agli Ebrei 8,11, nel passo riprodotto più avanti in questo articolo e che cita questi stessi versetti di Geremia, non traduce re’eh come plēsíos vicino, ma come polítēs cittadino o concittadino. Questo potrebbe essere spiegato pensando che re’eh non indica necessariamente il pastore ma coloro di cui il pastore si prende cura e quindi il corpo degli uomini che sono sotto la cura o il governo divino, il gregge di Dio.
35 כֹּה אָמַר יְהוָה, נֹתֵן שֶׁמֶשׁ לְאוֹר יוֹמָם, חֻקֹּת יָרֵחַ וְכוֹכָבִים, לְאוֹר לָיְלָה; רֹגַע הַיָּם וַיֶּהֱמוּ גַלָּיו, יְהוָה צְבָאוֹת שְׁמוֹ׃
35 Così ha detto il Signore, che dà il sole per la luce del loro giorno e le regole della luna e delle stelle per la luce della notte, colui che tocca il mare e le sue onde si agitano, il Signore degli eserciti è il suo nome.
Matteo 26, 26-30: L’ultima cena (parallelo in Marco 14, 22-25 e Luca 22, 14-20).
26 Ἐσθιόντων δὲ αὐτῶν λαβὼν ὁ Ἰησοῦς ἄρτον καὶ εὐλογήσας ἔκλασεν καὶ δοὺς τοῖς μαθηταῖς εἶπεν Λάβετε φάγετε- τοῦτό ἐστιν τὸ σῶμά μου.
26 Mentre mangiavano, Gesù, preso il pane e rese grazie, lo spezzò e, dandolo ai discepoli, disse: “Prendete, mangiate: questo è il mio corpo”.
27 καὶ λαβὼν ποτήριον καὶ εὐχαριστήσας ἔδωκεν αὐτοῖς λέγων Πίετε ἐξ αὐτοῦ πάντες-
27 Poi, preso un calice e reso grazie, [lo] diede loro dicendo: “Bevetene tutti”.
28 τοῦτο γάρ ἐστιν τὸ αἷμά μου τῆς διαθήκης τὸ περὶ πολλῶν ἐκχυνόμενον εἰς ἄφεσιν ἁμαρτιῶν.
28 Questo, infatti, è il mio sangue dell’alleanza, che viene versato per molti per il perdono dei peccati.
29 λέγω δὲ ὑμῖν, οὐ μὴ πίω ἀπ’ ἄρτι ἐκ τούτου τοῦ γενήματος τῆς ἀμπέλου ἕως τῆς ἡμέρας ἐκείνης ὅταν αὐτὸ πίνω μεθ’ ὑμῶν καινὸν ἐν τῇ βασιλείᾳ τοῦ Πατρός μου.
29 Perciò vi dico che d’ora in poi non berrò più di ciò che è stato generato dalla vite, fino a quel giorno in cui ne berrò uno nuovo con voi nel regno del Padre mio.
30 Καὶ ὑμνήσαντες ἐξῆλθον εἰς τὸ ὄρος τῶν Ἐλαιῶν.
30 E dopo aver cantato gli inni, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Gli inni a cui si fa riferimento sono probabilmente i salmi dell’Hallel che chiudevano il pasto pasquale. Essi comprendono i salmi dal 113 al 118.
Luca 22,14-20: L’ultima cena
14 Καὶ ὅτε ἐγένετο ἡ ὥρα, ἀνέπεσεν, καὶ οἱ ἀπόστολοι σὺν αὐτῷ.
14 E quando fu l’ora, si mise a tavola e gli apostoli con lui.
15 καὶ εἶπεν πρὸς αὐτούς Ἐπιθυμίᾳ ἐπεθύμησα τοῦτο τὸ πάσχα φαγεῖν μεθ’ ὑμῶν πρὸ τοῦ μεθεῖν-
15 E disse loro: “Con desiderio ho desiderato mangiare questa Pasqua con voi prima di soffrire”.
16 λέγω γὰρ ὑμῖν ὅτι οὐκέτι οὐ μὴ φάγω αὐτὸ ἕως ὅτου πληρωθῇ ἐν τῇ βασιλείᾳ τοῦ Θεοῦ.
16 Anzi, vi dico che non ne mangerò più finché non si compia nel regno di Dio.
17 καὶ δεξάμενος ποτήριον εὐχαριστήσας εἶπεν Λάβετε τοῦτο καὶ διαμερίσατε εἰς ἑαυτούς-.
17 E dopo aver ricevuto un calice, rendendo grazie, disse: “Prendete e dividete tra voi”:
18 λέγω γὰρ ὑμῖν, οὐ μὴ πίω ἀπὸ τοῦ νῦν ἀπὸ τοῦ γενήματος τῆς ἀμπέλου ἕως οὗ ἡ βασιλεία τοῦ Θεοῦ ἔλθῃ.
18 Vi dico che d’ora in poi non berrò più di ciò che è generato dalla vite, finché non verrà il regno di Dio.
19 καὶ λαβὼν ἄρτον εὐχαριστήσας ἔκλασεν καὶ ἔδωκεν αὐτοῖς λέγων Τοῦτό ἐστιν τὸ σῶμά μου τὸ ὑπὲρ ὑμῶν διδόμενον- τοῦτο ποιεῖτε εἰς τὴν ἐμὴν ἀνάμνησιν.
19 E preso il pane, rendendo grazie, lo [spezzò] e [lo] diede loro, dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi: fate questo in memoria di me”.
20 καὶ τὸ ποτήριον ὡσαύτως μετὰ τὸ δειπνῆσαι, λέγων Τοῦτο τὸ ποτήριον ἡ καινὴ διαθήκη ἐν τῷ αἵματί μου, τὸ ὑπὲρ ὑμῶν ἐκχυννόμενον.
20 E così anche il calice dopo la cena, dicendo: “Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi”.
1 Corinzi 11:23-26
23 ἐγὼ γὰρ παρέλαβον ἀπὸ τοῦ Κυρίου, ὃ καὶ παρέδωκα ὑμῖν, ὅτι ὁ Κύριος Ἰησοῦς ἐν τῇ νυκτὶ ᾗ παρεδίδετο ἔλαβεν ἄρτον
23 Infatti ho ricevuto dal Signore quello che ho dato anche a voi: che il Signore Gesù prese del pane nella notte in cui fu tradito.
24 καὶ εὐχαριστήσας ἔκλασεν καὶ εἶπεν Τοῦτό μού ἐστιν τὸ σῶμα τὸ ὑπὲρ ὑμῶν- τοῦτο ποιεῖτε εἰς τὴν ἐμὴν ἀνάμνησιν.
24 E dopo aver reso grazie, lo [spezzò] e disse: “Questo è il mio corpo che è per voi: fate questo in memoria di me”.
25 ὡσαύτως καὶ τὸ ποτήριον μετὰ τὸ δειπνῆσαι, λέγων Τοῦτο τὸ ποτήριον ἡ καινὴ διαθήκη ἐστὶν ἐν τῷ ἐμῷ αἵματι- τοῦτο ποιεῖτε, ὁσάκις ἐὰν πίνητε, εἰς τὴν ἐμὴν ἀνάμνησιν.
25 Allo stesso modo, anche il calice, dopo aver consumato il pasto, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue: fate questo ogni volta che bevete, in memoria di me”.
26 ὁσάκις γὰρ ἐὰν ἐσθίητε τὸν ἄρτον τοῦτον καὶ τὸ ποτήριον πίνητε, τὸν θάνατον τοῦ Κυρίου καταγγέλλετε, ἄχρι οὗ ἔλθῃ.
26 Infatti, ogni volta che mangiate il pane e bevete il calice, annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
Lettera agli Ebrei 8,1-13: Gesù sommo sacerdote della nuova alleanza.
1 Κεφάλαιον δὲ ἐπὶ τοῖς λεγομένοις, τοιοῦτον ἔχομεν ἀρχιερέα, ὃς ἐκάθισεν ἐν δεξιᾷ τοῦ θρόνου τῆς Μεγαλωσύνης ἐν οὐρανοῖς,
1 Questo è l’aspetto principale di ciò che viene detto: abbiamo un sommo sacerdote come quello che si è seduto alla destra del trono della Maestà del cielo,
2 τῶν ἁγίων λειτουργὸς καὶ τῆς σκηνῆς τῆς ἀληθινῆς, ἣν ἔπηξεν ὁ Κύριος, οὐκ ἄνθρωπος.
2 officiante dei [luoghi] santi e della vera tenda, quella che il Signore ha piantato, non l’uomo.
È la “tenda dell’incontro”, la dimora di Dio tra gli uomini. Quando Dio accompagnò il popolo ebraico nel deserto, guidandolo attraverso Mosè, una nube manifestò la presenza divina e questa nube si posò sul santuario che Dio disse a Mosè di costruire. Secondo il racconto di Esodo 25:9, Dio mostrò a Mosè i modelli per la costruzione della tenda di riunione. Questa tenda avrebbe accompagnato il popolo nei suoi viaggi attraverso il deserto e sarebbe stata il luogo in cui Dio avrebbe parlato con Mosè (Esodo 33, 7-11). All’interno della tenda si trova il “Santo dei Santi”, il tabernacolo che contiene l’arca dell’alleanza, nella quale è depositata la testimonianza della parola di Dio data agli uomini. Quando il popolo ebraico si stabilì nella Terra Promessa, Salomone fece costruire un tempio al posto della tenda mobile. Nel tempio di Salomone e poi nel secondo tempio di Gerusalemme, durante lo Yom Kippur, solo il sommo sacerdote poteva entrare dietro il velo che dava accesso al tabernacolo, dove era custodita l’arca dell’alleanza.
Da un precedente passo della Lettera agli Ebrei 5,1, ci viene ricordato il ruolo del sommo sacerdote: intervenire a nome degli uomini nei loro rapporti con Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati.
3 Πᾶς γὰρ ἀρχιερεὺς εἰς τὸ προσφέρειν δῶρά τε καὶ θυσίας καθίσταται- ὅθεν ἀναγκαῖον ἔχειν τι καὶ τοῦτον ὃ προσενέγκῃ.
3 Ogni sommo sacerdote, infatti, è incaricato di offrire doni e anche sacrifici; per questo è necessario che anche lui abbia qualcosa da offrire.
4 εἰ μὲν οὖν ἦν ἐπὶ γῆς, οὐδ’ ἂν ἦν ἱερεύς, ὄντων τῶν προσφερόντων κατὰ νόμον τὰ-
4 Ma, dunque, se fosse sulla terra non sarebbe neppure sacerdote, poiché c’è chi offre doni secondo la legge:
5 οἵτινες ὑποδείγματι καὶ σκιᾷ λατρεύουσιν τῶν ἐπουρανίων, καθὼς κεχρημάτισται Μωϋσῆς μέλλων ἐπιτελεῖν τὴν σκηνήν. Ὅρα γάρ φησίν, ποιήσεις πάντα κατὰ τὸν τύπον τὸν δειχθέντα σοι ἐν τῷ ὄρει-
5 Questi adorano a imitazione e all’ombra di quelli del cielo, come Mosè ricevette la rivelazione quando stava per completare la tenda; infatti [la parola di Dio] dice: “Guardate, fate tutto secondo il modello che vi è stato mostrato sul monte”.
6 νῦν δὲ διαφορωτέρας τέτυχεν λειτουργίας, ὅσῳ καὶ κρείτονός ἐστιν διαθήκης μεσίτης, ἥτις ἐπὶ κρείττοσιν ἐπαγγελίαις νενομοθέτηται.
6 Egli, invece, ha ottenuto un ufficio che supera [il precedente], in quanto è mediatore di un patto superiore, stipulato su promesse superiori.
7 εἰ γὰρ ἡ πρώτη ἐκείνη ἦν ἄμεμπτος, οὐκ ἂν δευτέρας ἐζητεῖτο τόπος.
7 Se infatti questo primo patto fosse irreprensibile, non ci sarebbe bisogno di cercarne un secondo.
8 μεμφόμενος γὰρ αὐτοὺς λέγει Ἰδοὺ ἡμέραι ἔρχονται, λέγει Κύριος, καὶ συντελέσω ἐπὶ τὸν οἶκον Ἰσραὴλ ἐπὶ οἶκον Ἰούδα διαθήκην καινήν,
8 Perché, rimproverandoli, disse: “Ecco, vengono i giorni”, dice il Signore, “in cui porterò a compimento un’alleanza che riguarda la casa d’Israele e la casa di Giuda”.
9 οὐ κατὰ τὴν διαθήκην ἣν ἐποίησα τοῖς πατράσιν αὐτῶν ἐν ἡμέρᾳ ἐπιλαβομένου τῆς χειρὸς αὐτῶν ἐξαγαγεῖν αὐτοὺς ἐκ γῆς Αἰγύπτου, ὅτι αὐτοὶ οὐκ ἐνέμειναν ἐν τῇ διαθήκῃ μου, κἀγὼ ἠμέλησα αὐτῶν, λέγει Κύριος.
9 Non come l’alleanza che feci con i loro padri nei giorni in cui li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, perché non sono rimasti nella mia alleanza e li ho abbandonati, dice il Signore.
10 ὅτι αὕτη ἡ διαθήκη ἣν διαθήσομαι τῷ οἴκῳ Ἰσραὴλ μετὰ τὰς ἡμέρας ἐκείνας, λέγει Κύριος, διδοὺς νόμους μου02 τὴν διάνοιαν αὐτῶν, καὶ ἐπὶ καρδίας αὐτῶν ἐπιγράψω αὐτούς, καὶ ἔσομαι αὐτοῖς εἰς Θεόν καὶ ἔσονταί μοι εἰς λαόν.
10 Questa è l’alleanza che farò con la casa d’Israele dopo quei giorni, dice il Signore, dando le mie leggi, le scriverò sulla loro mente e sul loro cuore, e io sarò per loro Dio ed essi saranno per me un popolo.
11 καὶ οὐ μὴ διδάξωσιν ἕκαστος τὸν πολίτην αὐτοῦ καὶ ἕκαστος τὸν ἀδελφὸν αὐτοῦ, λέγων Γνῶθι τὸν Κύριον, ὅτι πάντες εἰδήσουσίν με ἀπὸ μικροῦ ἕως μεγάλου αὐτῶν.
11 E non istruiscano più ogni concittadino e ogni fratello dicendo: “Conoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande tra loro”.
polítēs: il concittadino. I versetti 8-13, qui presentati, sono una citazione di Geremia 31,31-34, sopra riportata. Rappresentano quindi una traduzione e un’interpretazione di questo antico passo del profeta scritto in ebraico. Ora, ci si potrebbe aspettare di trovare qui la parola greca plēsíon, che di solito traduce la parola “vicino”, colui che è vicino. Qui, invece, si usa il termine polítēs , che evoca sì la vicinanza, ma quella di persone che sono governate da leggi comuni e che sono anche sotto il governo comune di Dio. Si veda a questo proposito la nota sul termine ebraico re’eh che si trova nel testo originale del profeta Geremia 31:34 riprodotta in precedenza in questo stesso articolo.
12 ὅτι ἵλεως ἔσομαι ταῖς ἀδικίαις αὐτῶν, καὶ τῶν ἁμαρτιῶν αὐτῶν οὐ μὴ μνησθῶ ἔτι.
12 Sarò misericordioso verso le loro iniquità e delle loro iniquità non mi ricorderò più.
13 ἐν τῷ λέγειν Καινὴν πεπαλαίωκεν τὴν πρώτην- τὸ δὲ παλαιούμενον καὶ γηράσκον ἐγγὺς ἀφανισμοῦ.
13 Dicendo “nuovo”, ha reso vecchio il precedente; ciò che diventa vecchio e invecchia è prossimo a passare.
Eb 13,10-16
10 Ἔχομεν θυσιαστήριον ἐξ οὗ φαγεῖν οὐκ ἔχουσιν ἐξουσίαν οἱ τῇ σκηνῇ λατρεύοντες.
10 Abbiamo un altare dal quale coloro che officiano nella tenda [di riunione] non possono mangiare.
11 ὧν γὰρ εἰσφέρεται ζῴων τὸ αἷμα περὶ ἁμαρτίας εἰς τὰ ἅγια διὰ τοῦ ἀρχιερέως, τούτων τὰ σώματα κατακαίεται ἔξω τῆς παρεμβολῆς.
11 Infatti il sangue degli animali [sacrificati] per i debiti viene portato dal sommo sacerdote nei [luoghi] santi; i loro corpi vengono bruciati fuori dell’accampamento.
12 διὸ καὶ Ἰησοῦς, ἵνα ἁγιάσῃ διὰ τοῦ ἰδίου αἵματος τὸν λαν, ἔξω τῆς πύλης ἔπαθεν.
12 Perciò Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, soffrì fuori della città.
13 τοίνυν ἐξερχώμεθα πρὸς αὐτὸν ἔξω τῆς παρεμβολῆς, τὸν ὀνειδισμὸν αὐτοῦ φέροντες-.
13 Usciamo dunque da lui fuori dall’accampamento, portando l’insulto [portato] contro di lui.
14 οὐ γὰρ ἔχομεν ὧδε μένουσαν πόλιν, ἀλλὰ τὴν μέλλουσαν ἐπιζητοῦμεν.
14 Infatti non abbiamo qui una città che rimane, ma cerchiamo quella che deve essere.
15 δι’ αὐτοῦ οὖν ἀναφέρωμεν θυσίαν αἰνέσεως διὰ παντὸς τῷ Θεῷ, τοῦτ’ ἔστιν καρπὸν χειλέων ὁμολογούντων τῷ ὀνόματι αὐτοῦ.
15 Per mezzo di lui, dunque, offriamo a Dio un sacrificio di lode in ogni circostanza; questo è il frutto di labbra che annunciano il suo nome.
16 τῆς δὲ εὐποιΐας καὶ κοινωνίας μὴ ἐπιλανθάνεσθε- τοιαύταις γὰρ θυσίαις εὐαρεστεῖται ὁ Θεός.
16 Non dimenticate le buone azioni e la condivisione: infatti, di tali sacrifici Dio si compiace.
Didakhē 9, 4
ὥσπερ ἦν τοῦτο τὸ κλάσμα διεσκορπισμένον ἐπάνω τῶν ὀρέων καὶ συναχθὲν ἐγένετο ἕν, οὕτω συναχθήτω σου ἐκκλησία ἀπὸ τῶν περάτων τῆς γῆς εἰς τὴν σὴν βασιλείαν.
Come quel pane spezzato che era sparso sui monti, dopo essere stato riunito divenne una cosa sola, così la Tua Chiesa sia riunita dai confini della terra al Tuo Regno.
La Didakhē o Insegnamento del Signore ai popoli attraverso i dodici apostoli è un testo che risale ai primi tempi del cristianesimo. Il brano che segue è un estratto della preghiera usata a quei tempi durante la celebrazione dell’Eucaristia. Quando si offriva il pane, lo si ricordava come segno di unità con l’analogia dei semi di grano. Questi erano inizialmente sparsi sulle colline, ma poi riuniti in un’unica pagnotta divennero segno di unità. Questa è l’opera di Cristo, riunire le persone attraverso il suo corpo e il suo sangue, affinché, vivificate dal suo spirito d’amore, possano formare un unico corpo, unito nella pace. Questa è la realizzazione del regno dei cieli, una realtà che Gesù ci invita a vivere già sulla terra cercando l’unità e i legami fraterni. Questa immagine è molto presente anche nei testi dei Padri della Chiesa, tra cui i Sermoni 227 e 272 di Sant’Agostino.