Un famoso passo della Bibbia, il libro dell’Esodo 3, 13-15, riporta il seguente dialogo tra Dio e Mosè:
יג וַיֹּאמֶר מֹשֶׁה אֶל-הָאֱלֹהִים, הִנֵּה אָנֹכִי בָא אֶל-בְּנֵי יִשְׂרָאֵל, וְאָמַרְתִּי לָהֶם, אֱלֹהֵי אֲבוֹתֵיכֶם שְׁלָחַנִי אֲלֵיכֶם; וְאָמְרוּ-לִי מַה-שְּׁמוֹ, מָה אֹמַר אֲלֵהֶם
“Mosè rispose a Dio: “Andrò dunque dai figli d’Israele e dirò loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato da voi”. Mi chiederanno come si chiama; cosa risponderò loro?”.
יד וַיֹּאמֶר אֱלֹהִים אֶל-מֹשֶׁה, אֶהְיֶה אֲשֶׁר אֶהְיֶה; וַיֹּאמֶר, כֹּה תֹאמַר לִבְנֵי יִשְׂרָאֵל, אֶהְיֶה, שְׁלָחַנִי אֲלֵיכֶם.
Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono. Questo è ciò che dirai ai figli d’Israele: ‘IO SONO mi ha mandato da voi.'”.
טו וַיֹּאמֶר עוֹד אֱלֹהִים אֶל-מֹשֶׁה, כֹּה-תֹאמַר אֶל-בְּנֵי יִשְׂרָאֵל, יְהוָה אֱלֹהֵי אֲבֹתֵיכֶם אַבְרָהָם יִצְחָק וֵאלֹהֵי יַעֲקֹב, שְׁלָחַנִי אֲלֵיכֶם; זֶה-שְּׁמִי לְעֹלָם, וְזֶה זִכְרִי לְדֹר דֹּר.
Dio disse ancora a Mosè: “Così parlerai ai figli d’Israele: “Colui che mi ha mandato da voi è IL SIGNORE (YHVH), il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Questo è il mio nome per sempre; con esso vi ricorderete di me di generazione in generazione”.
Dio si rende accessibile a noi, offrendoci il suo nome. Al versetto 14, la prima parte di questa rivelazione ci dice che Dio usa il verbo “essere” per parlarci di sé, dice che si chiama “io sono”, in ebraico “ehyeh“. È la prima persona del modo non incompiuto, imperfetto del verbo essere, che indica un’azione che dura, che non è finita, che si sta svolgendo o futura.
Così Dio, che ha soffiato il suo spirito in noi, che ci ha chiamati all’essere, all’esistenza, si definisce come colui che è, non colui che ha cominciato a essere e poi non sarà più, come accade per gli esseri creati, ma come colui che è per i secoli dei secoli. Questa è un’affermazione molto importante, perché in molte filosofie, quando si parla di Dio, si prendono delle precauzioni, temendo di avere troppa familiarità con Lui e di ridurlo a qualcuno che è alla nostra portata, al nostro stesso livello. Così sentiamo spesso parlare di Dio come di una super-essenza, un modo di essere che non è esattamente come il nostro, come noi. Il suo essere è diverso dal nostro. Eppure, nel passo biblico, Dio si avvicina molto a noi e ci dice che questo essere a cui partecipiamo è Lui.
Nel versetto 15, il nome di Dio è usato in una forma di quattro lettere, che nessuno può pronunciare. È il nome sacro di Dio, rivelato a Mosè; le sue quattro lettere sono “YHVH”, yod, he, vav, he. Questo nome non viene pronunciato dal popolo ebraico per diversi motivi.
In primo luogo, nominare qualcuno, chiamarlo per nome, implica mettersi al suo stesso livello e quindi, nel caso di una persona la cui autorità richiede un’espressione di rispetto, si usano forme di rispetto come la parola “Signore” o “mio Signore”, che in ebraico si dice Adonay.
Ma può anche darsi che, anche se volessimo pronunciare il nome di Dio, non potremmo farlo. Vediamo le lettere che compongono questa parola sacra. Ognuna di queste lettere è presente quando vogliamo declinare il verbo essere nelle sue varie forme:
- nella forma del tempo perfetto, che indica un’azione compiuta nel passato, la 3ª persona, si scrive: “HYH” e si pronuncia “hayah ”, che significa “è stato”. Questa forma indica anche il verbo essere, in quanto tale, perché queste tre lettere costituiscono gli elementi fondamentali della radice di questo verbo. Come per tutti i verbi le tre lettere della 3ª persona del tempo perfetto sono considerate la sua radice, l’elemento essenziale che determina il verbo e serve a costruire tutte le sue forme.
- Nella forma imperfetta alla 3a persona, utilizzata per un’azione terminata, futura, abituale, in corso o prolungata nel tempo, la radice è preceduta da uno yod “Y”, per cui si scrive ‘YHYH’ e si pronuncia “yihyeh”.
- In ebraico esistono anche dei modi per esprimere il tipo di azione, come il modo intensivo, che significa fare con maggiore intensità o portare all’esistenza qualcosa. Questo modo si esprime raddoppiando la seconda lettera della radice. Tuttavia, le radici con la lettera yod “Y” in seconda posizione sono chiamate “deboli” in grammatica, perché a volte questa lettera può essere sostituita da una vav “V”.
Se prendiamo le quattro lettere del nome sacro, il Tetragramma, “YHVH”, troviamo contemporaneamente le lettere che vengono utilizzate per formare le diverse forme del verbo essere:
- lo yod “Y” che si usa per formare l’azione non compiuta (imperfetta, in via di compimento o futura) quando vogliamo dire ‘è’ o “sarà”. Ma lo yod è anche presente in mezzo alle due lettere “h” della radice nella forma compiuta “hayah”.
- la he “H” che costituisce la prima e la terza lettera della radice espressa dalla forma compiuta hayah “HYH”, che significa egli fu, è stato.
- la vav “V”, che indica l’azione intensiva o fattiva che fa l’essere, che dà l’essere. Questo si può dedurre per analogia con il verbo vivere Ḥ-Y-H ḥaya, dove la lettera centrale Yod, considerata “debole”, è sostituita da una vav per esprimere il modo intensivo o fattivo. Questa sostituzione appare chiaramente nel nome Eva, derivato dal verbo “vivere”(ḥayah), simile al verbo hayah, essere. Eva in ebraico si scrive “Ḥ-V-H” e si pronuncia ‘ḥavvah’ con una “ḥ ” aspirata, diversa dalla “h”. Il capitolo 3, versetto 20 della Genesi ci dà l’etimologia di questo nome dicendoci: “La chiamò Eva(ḥavvah) perché era la madre di ogni essere vivente(ḥay)”, è quindi colei che dà la vita: ḥavvah è quindi qui la forma intensiva fattoriale del verbo ḥayah). La seconda lettera yod è sostituita da vav per esprimere l’intensità dell’azione, dare la vita e non semplicemente vivere. Così, la forma HVH havvahdel verbo essere hayahcontenuta nelle quattro lettere del tetragramma può essere letta nel senso di dare la vita, portare alla vita e anche la forma intensiva, fattitiva non compiuta è presente nelle quattro lettere YHVH nella forma yehavveh, portare alla vita, come azione non compiuta, sempre in corso anche nel futuro.
Spesso, per esprimere la realtà di Dio che è fuori dal tempo e riempie tutto il tempo, diciamo di Lui che è, era, sarà, fa essere. Se volessimo mettere in una sola parola tutte le lettere del verbo essere che si usano per dire questo, avremmo yod, he, vav e ancora he. Naturalmente non possiamo pronunciare una parola del genere perché siamo costretti a esprimere questi diversi modi uno dopo l’altro, ma potremmo rappresentare tutte queste lettere insieme nella scrittura, nelle immagini, per parlarci dell’infinito essere di Dio, che allo stesso tempo è e continua a essere; era prima che noi fossimo, sarà dopo di noi, ci ha chiamati a essere e ci mantiene nell’essere, ci fa essere. Potremmo vedere tutto questo nelle quattro lettere del nome di Dio e dirci che anche il nostro piccolo e fragile essere è parte di questo essere che ci fa esistere e ha messo il suo respiro in noi.