Filone di Alessandria su Genesi 1, 1

Filone di Alessandria (Alessandria 25 a.C. – 50 d.C.), studioso ebreo, conoscitore delle opere dei filosofi greci, scrisse in greco numerosi commenti biblici. Viveva nella città dove, nel III secolo a.C., la Bibbia era stata tradotta in greco e dove fioriva la cultura ellenistica. Le sue osservazioni inaugurano la riflessione e la comprensione del testo biblico e saranno fonte di ispirazione per i primi commentatori cristiani.

Per un’introduzione ai commenti alla Genesi 1, 1, vedere la pagina Genesi 1, 1 Bereshit

Per il lessico greco (arkhế, lógos, génesis) vedere: Lessico dei commenti alla Genesi 1, 1

Filone, Περι της κατα Μωυσεα κοσμοποιιας, Sulla creazione del cosmo secondo Mosè, cap. 13.15-22.24-28.129-130

Il testo greco utilizzato per la traduzione è quello fornito dalla Perseus Digital Library:

13. Ἓξ δὲ ἡμέραις δημιουργηθῆναί φησι τὸν κόσμον, οὐκ ἐπειδὴ προσεδεῖτο χρόνων μήκους ὁ ποιῶν — ἅμα γὰρ πάντα δρᾶν εἰκὸς θεόν, οὐ προστάττοντα μόνον ἀλλὰ καὶ διανοούμενον —, ἀλλ’ ἐπειδὴ τοῖς γινομένοις ἔδει τάξεως.

Egli [Mosè] dice che il mondo è stato creato (δημιουργηθῆναί dêmiourgêthễnai) in sei giorni, tuttavia colui che crea non è legato alla lunghezza dei tempi – infatti è naturale per Dio fare tutto contemporaneamente, non solo dando un ordine ma anche pensando – ma perché a ciò che viene all’esistenza è necessario un ordine.

I sei giorni della creazione (hexaemeron) rendono quindi conto dell’ordine (τάξις) e non di una successione di tempi.

[…]

15. ἑκάστῃ δὲ τῶν ἡμερῶν ἀπένειμεν ἔνια τῶν τοῦ παντὸς τμημάτων τὴν πρώτην ὐπεξελόμενος, ἣν αὐτὸς οὐδὲ πρώτην, ἵνα μὴ ταῖς ἄλλαις συγκαταριθμῆται, καλεῖ, μίν δ’ ὀνομάσας ὀνόματι εὐθυβόλῳ προσαγορεύει, τὴν μονάδος φύσιν καὶ πρόσρησιν ἐνιδών τε καὶ ἐπιφημίσας αὐτῇ.

A ciascuno dei giorni assegnò alcune parti del tutto, escludendo il primo, che non chiama primo, affinché non fosse annoverato con gli altri; dopo avergli dato il nome di «uno», lo designa con un nome che gli si addice, conferendogli la natura e la denominazione dell’unità (μονάδος) e conferendogli questo nome.

λεκτέον δὲ ὅσα οἷόν τέ ἐστι τῶν ἐμπεριεχομένων, ἐπειδὴ πάντα ἀμήχανον· περιέχει γὰρ τὸν νοητὸν κόσμον ἐξαίρετον, ὡς ὁ περὶ αὐτῆς λόγος μηνύει.

È necessario elencare il più possibile ciò che è contenuto [in questo giorno], poiché non è possibile [elencare] tutto: infatti, [questo giorno uno] comprende il mondo intelligibile che è sottratto [ai sensi], come rivela il logós a proposito di esso [il giorno uno].

16. προλαβὼν γὰρ ὁ […] θεὸς ὅτε θεὸς ὅτι μίμημα καλὸν οὐκ ἄν ποτε γένοιτο δίχα καλοῦ παραδείγματος οὐδέ τι τῶν αἰσθητῶν ἀνυπαίτιον, ὃ μὴ πρὸς ἀρχέτυπον καὶ νοητὴν ἰδέαν ἀπεικονίσθη, βουληθεὶς τὸν ὁρατὸν κόσμον τουτονὶ δημιουργῆσαι προεξετύπου τὸν νοητόν, ἵνα χρώμενος ἀσωμάτῳ καὶ θεοειδεστάτῳ παραδείγματι τὸν σωματικὸν ἀπεργάσηται, πρεσβυτέρου νεώτερον ἀπεικόνισμα, τοσαῦτα περιέξοντα αἰσθητὰ γένη ὅσαπερ ἐν ἐκείνῳ νοητά.

Dio, infatti, nella sua qualità di Dio, comprende in anticipo che una bella imitazione non può venire all’esistenza senza un bel modello e che nulla tra le cose percepibili dai sensi è privo di difetti se non è fatto a immagine di un archetipo e di un’idea intelligibile; volendo creare questo mondo visibile a partire da un modello precedente [che fosse] l’intelligibile, affinché il corporeo fosse fatto utilizzando un modello incorporeo e il più possibile a immagine di Dio, il più giovane a immagine del più vecchio, comprendente tanti generi percepibili dai sensi quanti sono gli intelligibili nell’altro.

17. Tὸν δ’ ἐκ τῶν ἰδεῶν συνεστῶτα κόσμον ἐν τόπῳ τινὶ λέγειν ἢ ὑπονοεῖν οὐ θεμιτόν· ᾗ δὲ συνέστηκεν, εἰσόμεθα παρακολουθήσαντες εἰκόνι τινὶ τῶν παρ’ ἡμῖν. ἐπειδὰν πόλις κτίζηται κατὰ πολλὴν φιλοτιμίαν βασιλέως ἤ τινος ἡγεμόνος αὐτοκρατοῦς ἐξουσίας μεταποιουμένου καὶ ἅμα τὸ φρόνημα λαμπροῦ τὴν εὐτυχίαν συνεπικοσμοῦντος, παρελθὼν ἔστιν ὅτε τις τῶν ἀπὸ παιδείας ἀνὴρ ἀρχιτεκτονικὸς καὶ τὴν εὐκρασίαν καὶ εὐκαιρίαν τοῦ τόπου θεασάμενος διαγράφει πρῶτον ἐν ἑαυτῷ τὰ τῆς μελλούσης ἀποτελεῖσθαι πόλεως μέρη σχεδὸν ἅπαντα, ἱερὰ γυμνάσια πρυτανεῖα ἀγορὰς λιμένας νεωσοίκους στενωπούς, τειχῶν κατασκευάς, ἐρύσεις οἰκιῶν καὶ δημοσίων ἄλλων οἰκοδομημάτων·

Non sarebbe opportuno descrivere o immaginare il mondo formato dalle idee in un luogo qualsiasi: per capire come è formato, seguiremo una certa immagine delle cose che ci circondano. Quando una città viene costruita secondo la grande ambizione di un re o di un sovrano assoluto, che dimostra la sua potenza ed è allo stesso tempo dotato di uno spirito brillante e di buona fortuna, capita che si presenti un architetto di formazione, che, dopo aver osservato il clima favorevole e la posizione vantaggiosa del luogo, disegna prima nella sua mente le parti della città che verrà realizzata: templi, palestre, residenze dei magistrati (prytaneia), piazze, porti, depositi per le barche, passaggi stretti, costruzione delle mura, abitazioni private e pubbliche e altri edifici.

18. εἶθ’ ὥσπερ ἐν κηρῷ τῇ ἑαυτοῦ ψυχῇ τοὺς ἑκάστων δεξάμενος τύπους ἀγαλματοφορεῖ νοητὴν πόλιν, ἧς ἀνακινήσας τὰ εἴδωλα μνήμῃ τῇ συμφύτῳ καὶ τοὺς χαρακτῆρας ἔτι μᾶλλον ἐνσφραγισάμενος, οἷα δημιουργὸς ἀγαθός, ἀποβλέπων εἰς τὸ παράδειγμα τὴν ἐκ λίθων καὶ ξύλων ἄρχεται κατασκευάζειν, ἑκάστῃ τῶν ἀσωμάτων ἰδεῶν τὰς σωματικὰς ἐξομοιῶν οὐσίας.

Poi, avendo ricevuto nella sua psykhế, come sulla cera, i modelli di ogni edificio, porta in sé la città intelligibile, di cui elabora le rappresentazioni nella memoria di cui è dotato per natura e imprimendovi ancora più caratteristiche; come un buon creatore (dêmiourgós), volgendosi verso il modello, comincia a edificare quella [la città fatta] con pietre e legni, rendendo gli esseri (ousiai) corporei simili a ciascuna delle idee incorporee.

19. τὰ παραπλήσια δὴ καὶ περὶ θεοῦ δοξαστέον, ὡς ἄρα τὴν μεγαλόπολιν κτίζειν διανοηθεὶς ἐνενόησε πρότερον τοὺς τύπους αὐτῆς, ἐξ ὧν κόσμον νοητὸν συστησάμενος ἀπετέλει καὶ τὸν αἰσθητὸν παραδείγματι χρώμενος ἐκείνῳ.

A proposito di Dio bisogna pensare a delle similitudini, come quella di chi, riflettendo sulla costruzione della grande città, pensò prima i modelli (τύπους) di essa e realizzò il [mondo] sensibile utilizzando come modello (παραδείγματι) quelli di cui è costituito il mondo intelligibile.

20. καθάπερ οὖν ἡ ἐν τῷ ἀρχιτεκτονικῷ προδιατυπωθεῖσα πόλις χώραν ἐκτὸς οὐκ εἶχεν, ἀλλ’ ἐνεσφράγιστο τῇ τοῦ τεχνίτου ψυχῇ, τὸν αὐτὸν τρόπον οὐδ’ ὁ ἐκ τῶν ἰδεῶν κόσμος ἄλλον ἄν ἔχοι τόπον ἢ τὸν θεῖον λόγον τὸν ταῦτα διακοσμήσαντα· ἐπεὶ τίς ἄν εἴη τῶν δυνάμεων αὐτοῦ τόπος ἕτερος, ὃς γένοιτ’ ἄν ἱκανὸς οὐ λέγω πάσας ἀλλὰ μίαν ἄκρατον ἡντινοῦν δέξασθαί τε καὶ χωρῆσαι;

Secondo questo, quindi, la città che è stata progettata nella [mente] dell’architetto non ha un luogo all’esterno, ma è impressa nella psykhế dell’esperto, il mondo [formato] dalle idee non potrebbe avere altro luogo che il logos divino che ha disposto [tutto] questo: poiché quale altro luogo potrebbe essere quello delle sue potenze, che sarebbe adatto ad accoglierle e contenerle, non dico tutte, ma una sola nella sua vera natura così com’è?

21. δύναμις δὲ καὶ ἡ κοσμοποιητικὴ πηγὴν ἔχουσα τὸ πρὸς ἀλήθειαν ἀγαθόν. εἰ γάρ τις ἐθελήσειε τὴν αἰτίαν ἧς ἕνεκα τόδε τὸ πᾶν ἐδημιουργεῖτο διερευνᾶσθαι, δοκεῖ μοι μὴ διαμαρτεῖν σκοποῦ φάμενος, ὅπερ καὶ τῶν ἀρχαίων εἶπέ τις, ἀγαθὸν εἶναι τὸν πατέρα καὶ ποιητήν· οὗ χάριν τῆς ἀρίστης αὑτοῦ φύσεως οὐκ ἐφθόνησεν οὐσίᾳ μηδὲν ἐξ αὑτῆς ἐχούσῃ καλόν, δυναμένῃ δὲ πάντα γίνεσθαι.

Il potere creatore del mondo ha come fonte il bene che è vicino alla verità. Se infatti qualcuno avesse come obiettivo quello di indagare quella causa particolare per cui tutto è stato creato, mi sembra che non mancherebbe al suo scopo dicendo, come ha detto uno degli antichi, che il padre e il creatore sono buoni. Grazie a ciò, egli non ha negato l’eccellenza della propria natura a un essere (ousia) che non possiede la bellezza in sé, ma che ha il potere di diventare tutto.

22. ἦν μὲν γὰρ ἐξ αὑτῆς ἄτακτος ἄποιος ἄψυχος <ἀνόμοιος>, ἀναρμοστίας ἀσυμφωνίας μεστή· τροπὴν δὲ καὶ μεταβολὴν ἐδέχετο τὴν εἰς τἀναντία καὶ τὰ βέλτιστα, τάξιν ποιότητα ἐμψυχίαν […] ὁμοιότητα ταυτότητα, τὸ εὐάρμοστον, τὸ σύμφωνον, πᾶν ὅσον τῆς κρείττονος ἰδέας.

Di per sé [questo essere], infatti, era senza ordine, senza qualità, senza psykhế , pieno di disarmonia e discordanza; ma [questo essere] ricevette un capovolgimento e un cambiamento verso ciò che è opposto e migliore: ordine, qualità, presenza di psykhế , uguaglianza, identità, disposizione armoniosa, accordo e tutto ciò che può esserci come caratteristica eccellente.

Troveremo un’idea simile in Agostino: egli parlerà della creazione della «formalità» prima, di creature spirituali e corporee che devono ricevere la loro forma dopo essersi rivolte a Dio, contemplando in lui il loro modello e conformandosi ad esso.

[…]

24. εἰ δέ τις ἐθελήσειε γυμνοτέροις χρήσασθαι τοῖς ὀνόμασιν, οὐδὲν ἂν ἕτερον εἴποι τὸν νοητὸν κόσμον εἶναι ἢ θεοῦ λόγον ἤδη κοσμοποιοῦντος· οὐδὲ γὰρ ἡ νοητὴ πόλις ἕτερόν τί ἐσtin ἢ ὁ τοῦ ἀρχιτέκτονος λογισμὸς ἤδη τὴν [νοητὴν]. πόλιν κτίζειν διανοουμένου.

Se qualcuno volesse usare parole più esplicite, non direbbe che il mondo intelligibile è altro dal logos di Dio che già crea il mondo [quando lo intelligisce]: infatti, la città intelligibile non è, neppure, altro dal ragionamento dell’architetto già quando immagina di edificare la città.

25. τὸ δὲ δόγμα τοῦτο Μωυσέως ἐστίν, οὐκ ἐμόν· τὴν γοῦν ἀνθρώπου γένεσιν ἀναγράφων ἐν τοῖς ἔπειτα διαρρήδην ὁμολογεῖ, ὡς ἄρα κατ’ εἰκόνα θεοῦ διετυπώθη (Gen. 1,27). εἰ δὲ τὸ μέρος εἰκὼν εἰκόνος [δῆλον ὅτι] καὶ τὸ ὅλον […] εἶδος, σύμπας οὗτος ὁ αἰσθητὸς κόσμος, εἰ μείζων τῆς ἀνθρωπίνης ἐστίν, μίμημα θείας εἰκόνος, δῆλον ὅτι καὶ ἡ ἀρχέτυπος σφραγίς, ὅν φαμεν νοητὸν εἶναι κόσμον, αὐτὸς ἄν εἴη [τὸ παράδειγμα, ἀρχέτυπος ἰδέα τῶν ἰδεῶν] ὁ θεοῦ λόγος.

Questo è l’insegnamento di Mosè, non il mio: è certo che, mettendo per iscritto la genesi dell’uomo, egli riconosce esplicitamente in ciò che segue che egli è stato modellato a immagine di Dio (Genesi 1, 27). Se, quindi, la parte è immagine dell’immagine e il tutto è l’immagine, preso nel suo insieme questo è il mondo sensibile, se è più grande dell’uomo, immagine della somiglianza divina, è chiaro che il sigillo archetipico che noi diciamo essere il mondo intelligibile, è il logos di Dio.

Filone dice: «Questo è l’insegnamento di Mosè, non il mio», non per dissociarsi da questo insegnamento, al contrario, vuole invitarci a riconoscere nel testo stesso di Mosè ciò che ha appena affermato.

26. Φησὶ δ’ ὡς ,,ἐν ἀρχῇ ἐποίησεν ὁ θεὸς τὸν οὐρανὸν καὶ τὴν γῆν, τὴν ἀρχὴν παραλαμβάνων οὐχ ὡς οἴονταί τινες τὴν κατὰ χρόνον· […] χρόνος γὰρ οὐκ ἦν πρὸ κόσμου, ἀλλ’ ἢ σὺν αὐτῷ γέγονεν ἢ μετ’ αὐτόν· ἐπεὶ γὰρ διάστημα τῆς τοῦ κόσμου κινήσεως ἐστιν ὁ χρόνος, προτέρα δὲ τοῦ κινουμένου κίνησις οὐκ ἄν γένοιτο, ἀλλ’ ἀναγκαῖον αὐτὴν ἢ ὕστερον ἢ ἅμα συνίστασθαι, ἀναγκαῖον ἄρα καὶ τὸν χρόνον ἢ ἰσήλικα κόσμου γεγονέναι ἡ νεώτερον ἐκείνου· πρεσβύτερον δ’ ἀποφαίνεσθαι τολμᾶν ἀφιλόσοφον.

Egli dice, quindi, «nell’arkhế Dio creò il cielo e la terra», intendendo l’arkhế non come pensano alcuni secondo il tempo, poiché il tempo non esisteva prima del mondo, ma è venuto all’esistenza o con esso o dopo di esso; infatti, il tempo è l’intervallo del movimento del mondo, quindi il movimento non può esistere prima di ciò che muove, ma è necessario che esso [l’intervallo] sia prodotto prima o contemporaneamente; è necessario, quindi, anche che il tempo esista contemporaneamente al mondo o che sia più giovane di esso: affermare che è più antico è una temerarietà anti-filosofica.

Qui Filone introduce le diverse interpretazioni del termine arkhế, di cui si trovano paralleli nella filosofia greca, nonché una considerazione classica e aristotelica che collega il tempo al movimento. (Vedi il testo di Aristotele sul tempo e il movimento).

27. εἰ δ’ ἀρχὴ μὴ παραλαμβάνεται τανῦν ἡ κατὰ χρόνον, εἰκὸς ἄν εἴη μηνύεσθαι τὴν κατ’ ἀριθμόν, ὡς τὸ ,,ἐν ἀρχῇ ἐποίησεν ἴσον εἶναι τῷ πρῶτον ἐποίησε τὸν οὐρανόν· καὶ γὰρ εὔλογον τῷ ὄντι πρῶτον αὐτὸν εἰς γένεσιν ἐλθεῖν, ἄριστόν τε ὄντα τῶν γεγονότων κἀκ τοῦ καθαρωτάτου τῆς οὐσίας παγέντα, διότι θεῶν ἐμφανῶν τε ‘ καὶ αἰσθητῶν ἔμελλεν οἶκος ἔσεσθαι ἱερώτατος.

Ora, se l’arkhé non è quello che si considera secondo il tempo, è probabile che si riveli essere quello che è secondo il numero, così «nell’arkhé fece» sarebbe lo stesso che «per primo fece il cielo»: infatti, è ragionevole che questo essere (il cielo) sia venuto all’esistenza (εἰς γένεσιν) per primo, essendo il migliore di quelli che sono venuti all’esistenza e unito a ciò che c’è di più puro dell’essere (ousia), perché doveva essere la dimora più sacra degli dei manifesti e sensibili.

Nella cosmologia classica, gli astri, i pianeti sono chiamati dei visibili. Ritroviamo questa visione del mondo anche in Aristotele, che cercando l’oggetto finale della filosofia prima, l’essere separato, eterno e immobile, origine di ogni movimento, ci parla anche di esseri separati, eternamente in movimento, mossi da esso e li chiama anch’essi dei. Questa denominazione può sembrare sorprendente e apparentemente contraddire il monoteismo proprio di Filone. Ma si tratta solo di un prestito dalla cosmologia classica e dalla concezione degli astri creati eternamente da Dio per presiedere all’ordine del cosmo (kosmos in greco significa anche ciò che è ben ordinato, ben disposto). Si veda a questo proposito l’altra opera di Filone sull’eternità del mondo, che, pur affermando un unico Dio creatore, sostiene che la creazione e la sussistenza del mondo sono volute eternamente da Dio. Troveremo un approccio simile anche in Averroè (Ibn Rushd), quando difende le idee dei filosofi e di Aristotele in particolare sull’eternità del mondo, spiegando che affermare un mondo eterno non toglie nulla all’atto creatore di Dio che vuole eternamente questo mondo e gli dà vita. Il mondo rimane quindi una creatura e non un dio, nel senso di dio creatore.

28. καὶ γὰρ εἰ πάνθ’ ἅμα ὁ ποιῶν ἐποίει, τάξιν οὐδὲν ἧττον εἶχε τὰ καλῶς γινόμενα· καλὸν γὰρ οὐδὲν ἐν ἀταξίᾳ. τάξις δ’ ἀκολουθία καὶ εἱρμός ἐστι προηγουμένων τινῶν καὶ ἑπομένων, εἰ καὶ μὴ τοῖς ἀποτελέσμασιν, ἀλλά τοι ταῖς τῶν τεκταινομένων ἐπινοίαις· οὕτως γὰρ ἔμελλον ἠκριβῶσθαί τε καὶ ἀπλανεῖς εἶναι καὶ ἀσύγχυτοι.

Infatti, se il creatore ha fatto tutto contemporaneamente, ciò che è venuto all’esistenza con bellezza possiede un ordine non minore: infatti, non c’è bellezza nel disordine. L’ordine, invece, è una concatenazione e una successione di ciò che è prodotto e messo in ordine, anche se ciò non è nelle realizzazioni, ma nei pensieri di coloro che fanno il progetto: così, infatti, esse sono compiute e sono [le opere realizzate] senza errore e senza confusione.

[…]

129. Ἐπιλογιζόμενος δὲ τὴν κοσμοποιίαν κεφαλαιώδει τύπῳ φησίν· « Αὕτη ἡ βίβλος γενέσεως οὐρανοῦ καὶ γῆς ὅτε ἐγένετο, ᾗ ἡμέρᾳ ἐποίησεν ὁ θεὸς τὸν οὐρανὸν καὶ τὴν γῆν, καὶ πᾶν χλωρὸν ἀγροῦ πρὸ τοῦ γενέσθαι ἐπὶ τῆς γῆς καὶ πάντα χόρτον ἀγροῦ πρὸ τοῦ ἀνατεῖλαι“ (Gen. 2, 4. 5). ἀρ’ οὐκ ἐμφανῶς τὰς ἀσωμάτους καὶ νοητὰς ἰδέας παρίστησιν, ἃς τῶν αἰσθητῶν ἀποτελεσμάτων σφραγῖδας εἶναι συμβέβηκε; πρὶν γὰρ χλοῆσαι τὴν γῆν, αὐτὸ τοῦτο ἐν τῇ φύσει τῶν πραγμάτων χλόη, φησίν, ἦν, καὶ πρὶν ἀνατεῖλαι χόριον ἐν ἀγρῷ, χόρτος ἦν οὐχ ὁρατός.

Considerando la creazione del mondo in modo sintetico, egli [Mosè] dice: «Questo è il libro della genesi [γενέσεως venuta all’essere] del cielo e della terra quando vennero all’essere, nel giorno in cui Dio fece il cielo e la terra e tutto il verde del campo prima che venisse all’essere (γενέσθαι) sulla terra e tutta l’erba del campo prima che crescesse» (Genesi 2, 4-5). Non stabilisce forse in modo manifesto le forme ideali (ἰδέας) incorporee e intelligibili che ha fatto corrispondere ai sigilli [che danno forma] alle realizzazioni sensibili? Infatti, prima che la terra diventasse verde, egli dice che questa stessa erba verde era nella natura delle cose, e che prima che l’erba crescesse nei campi, c’era un’erba non visibile.

Idea (ἰδέα) è la forma con le caratteristiche di qualcosa così come appare nella sua rappresentazione intellettuale, così come è visualizzata dalla mente. Etimologicamente, la parola idea è legata alla radice *vid-, vedere, in latino video.

130. ὑπονοητέον δ’ ὅτι καὶ ἑκάστου τῶν ἄλλων ἃ δικάζουσιν αἰσθήσεις τὰ πρεσβύτερα εἴδη καὶ μέτρα, οἷς εἰδοποιεῖται καὶ μετρεῖται τὰ γινόμενα, προυπῆρχε· καὶ γὰρ εἰ μὴ κατὰ μέρος <ἀλλ᾿> ἀθρόα πάντα διεξελήλυθε φροντίζων εἰ καί τις ἄλλος βραχυλογίας, οὐδὲν ἧττον τὰ ῥηθέντα ὀλίγα δείγματα τῆς τῶν συμπάντων ἐστὶ φύσεως, ἥτις ἄνευ ἀσωμάτου παραδείγματος οὐδὲν τελεσιουργεῖ τῶν ἐν αἰσθήσει.

Si dovrebbe supporre anche che di ciascuna delle altre cose che si giudicano sensibili, preesistessero forme e misure più antiche, secondo la forma e la misura delle quali sono fatte le cose che vengono all’esistenza: infatti, non una alla volta, ma tutte in una volta sola [Mosè] le ha passate in rassegna, avendo cura anche della brevità, le poche cose che ha detto non sono meno esempi della natura di tutte nel loro insieme, la quale senza un modello incorporeo non compirebbe nulla fino in fondo nel [mondo] sensibile.

Filone distingue una creazione di modelli intelligibili nel logósarkhế di Dio, principio della sua saggezza; è secondo questi modelli noetici, relativi al pensiero, che la creazione materiale prenderà poi forma.

Nota 1: Aristotele sul cielo e i pianeti.

Per il legame tra tempo e movimento (non c’è tempo senza movimento, vedi Aristotele, Fisica, libro 4, capitoli 10-14)

Fisica 4, 11, 218b 34 – 219a 1

… φανερὸν ὅτι οὐκ ἔστιν ἄνευ κινήσεως καὶ μεταβολῆς [219a] χρόνος.

… è evidente che senza movimento e cambiamento non c’è tempo.

Metafisica 12, 7, 1073a 36-1074b 14

ἓν ἄρα καὶ λόγῳ καὶ ἀριθμῷ τὸ πρῶτον κινοῦν ἀκίνητον ὄν: καὶ τὸ κινούμενον ἄρα ἀεὶ καὶ συνεχῶς: εἷς ἄρα οὐρανὸς μόνος.

Il primo essere che muove essendo immobile è uno per il logos e per il numero; e quindi anche ciò che è mosso [è mosso] sempre e continuamente; quindi anche il cielo è uno e uno solo.

Il cielo unico comprende tutto il sistema delle sfere su cui si trovano i pianeti ed è il movimento delle sfere e il loro complesso meccanismo [descritto in Metafisica 12, 8] che è mosso dal primo motore.

[1074b] [1] παραδέδοται δὲ παρὰ τῶν ἀρχαίων καὶ παμπαλαίων ἐν μύθου σχήματι καταλελειμμένα τοῖς ὕστερον ὅτι θεοί τέ εἰσιν οὗτοι καὶ περιέχει τὸ θεῖον τὴν ὅλην φύσιν.

[ciò] è stato tramandato ai posteri sotto forma di mito dagli antichi e dai molto antichi, che questi sono dei e che il divino circonda l’intera natura.

τὰ δὲ λοιπὰ μυθικῶς ἤδη προσῆκται πρὸς τὴν πειθὼ τῶν πολλῶν καὶ [5] πρὸς τὴν εἰς τοὺς νόμους καὶ τὸ συμφέρον χρῆσιν: ἀνθρωποειδεῖς τε γὰρ τούτους καὶ τῶν ἄλλων ζῴων ὁμοίους τισὶ λέγουσι, καὶ τούτοις ἕτερα ἀκόλουθα καὶ παραπλήσια τοῖς εἰρημένοις,

Il resto è stato aggiunto in seguito, alla maniera dei miti, per persuadere le masse, per proclamare leggi e trarne vantaggio. Dicono che questi [gli dei] hanno forma umana e sono simili ad alcuni altri animali e altre cose conformi a queste e vicine a ciò che è stato detto;

ὧν εἴ τις χωρίσας αὐτὸ λάβοι μόνον τὸ πρῶτον, ὅτι θεοὺς ᾤοντο τὰς πρώτας οὐσίας εἶναι, θείως ἂν εἰρῆσθαι [10] νομίσειεν, καὶ κατὰ τὸ εἰκὸς πολλάκις εὑρημένης εἰς τὸ δυνατὸν ἑκάστης καὶ τέχνης καὶ φιλοσοφίας καὶ πάλιν φθειρομένων καὶ ταύτας τὰς δόξας ἐκείνων οἷον λείψανα περισεσῶσθαι μέχρι τοῦ νῦν. ἡ μὲν οὖν πάτριος δόξα καὶ ἡ παρὰ τῶν πρώτων ἐπὶ τοσοῦτον ἡμῖν φανερὰ μόνον. [15]

tra questi, se qualcuno, tralasciando il resto, prende solo il primo, cioè se considera che le prime ousiai [i primi esseri] sono dei, si potrà ritenere che ciò sia stato detto divinamente; e che, probabilmente, più volte, per quanto possibile, ogni arte e filosofia essendo stata ritrovata e poi nuovamente perduta, queste stesse opinioni di quelli [gli antichi] sono sopravvissute come vestigia fino ad oggi. Quindi, l’opinione degli antenati e quella che era presso i primi, ci è manifesta solo in questa misura.