Basilio di Cesarea (Cesarea di Cappadocia, attuale Kayseri, 329-379) insieme a Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo è uno dei tre Padri Cappadoci. Questi grandi teologi e vescovi del IV secolo hanno svolto un ruolo fondamentale nella formulazione della fede cristiana riassunta nel Concilio di Costantinopoli (maggio-luglio 381).
Per un’introduzione ai commenti alla Genesi 1, 1, vedere la pagina Genesi 1,1 Nella testa di Dio – Bereshit
Per il lessico greco (arkhế, lógos, génesis) vedere: Lessico dei commenti alla Genesi 1, 1
Basilio di Cesarea, Omelie sull’Esameron
Nove omelie sull’Esameron, in J.-P. Migne, Patrologiae Cursus Completus, serie graeca, volume 29b, col.16a-17a e 17b-20a
Λέγεται μὲν οὖν ἀρχὴ καὶ ἡ πρώτη κίνησις· ὡς, Ἀρχὴ ὁδοῦ ἀγαθῆς τὸ ποιεῖν δίκαια. Ἀπὸ γὰρ τῶν δικαίων πράξεων πρῶτον κινούμεθα πρὸς τὸν μακάριον βίον.
È quindi chiamato «arkhế» (principio, inizio) il primo movimento: come [è detto nel passo di Proverbi 16,7]: «Fare ciò che è giusto è arkhế (l’inizio) della buona via». Infatti, siamo in movimento verso la vita beata innanzitutto attraverso le nostre opere giuste.
In questo passo Basilio espone innanzitutto i diversi significati che la parola arkhế, utilizzata in greco per tradurre il termine ebraico bereshit, assume nella Bibbia e che a sua volta è tradotta in latino con principium. Anche in italiano la parola principio evoca sia un inizio nel tempo che una causa, un fondamento. Nel primo esempio fornito da Basilio, la parola arkhế può essere tradotta con inizio, secondo una nozione di ordine che non include necessariamente un’antecedenza temporale, ma piuttosto logica: se vogliamo incamminarci sulla retta via, dobbiamo prima compiere opere giuste.
Λέγεται δὲ ἀρχὴ καὶ ὅθεν γίνεταί τι, τοῦ ἐνυπάρχοντος αὐτῷ ὡς ἐπὶ οἰκίας θεμέλιος, καὶ ἐπὶ πλοίου ἡ τρόπις, καθὸ εἴρηται, Ἀρχὴ σοφίας, φόβος Κυρίου. Οἷον γὰρ κρηπὶς καὶ βάθρον πρὸς τὴν τελείωσιν ἡ εὐλάβεια.
È chiamato arkhé anche ciò da cui qualcosa è generato, ciò per cui [o: in cui] esso sussiste, come le fondamenta per la casa e la chiglia per la nave, nello stesso senso si dice [nel libro dei Proverbi 1, 7]: «Arkhế della saggezza è il timore del Signore». Infatti, la pietà religiosa è il fondamento e il trono della perfezione.
Va qui notato l’uso del participio ἐνυπάρχοντος (enupárkhontos). Il verbo ἐνυπάρχω (enupárkhō) contiene infatti la parola arkhế e indica quindi il fatto di trarre la propria origine, il proprio inizio, il proprio principio arkhế da qualcosa. È spesso tradotto con sussistere in qualcosa o grazie a qualcosa. Infatti, se le fondamenta o la chiglia non assicurassero la coesione della casa o della barca, queste non potrebbero sussistere, stare in piedi. Ma è anche dalle fondamenta o dalla chiglia che inizia la costruzione. Nel proverbio citato, il timore del Signore è il principio che ordina e struttura la saggezza, al di fuori del quale non c’è saggezza e dal quale la saggezza ha inizio. Vorrei sottolineare qui che la traduzione della parola ebraica יִרְאָה con timore non è sufficiente per comprendere il vasto significato di יִרְאָה. Si tratta, infatti, di uno dei doni dello Spirito Santo (cfr. Is 11, 2-3), quello che ci permette di essere in relazione con Dio, di sapere che Egli è con noi e noi con Lui, cioè, che abbiamo in Lui la nostra origine, la nostra arkhế . Sapere questo può ispirare timore, ma questa relazione è anche quella fiduciosa che lega un bambino ai suoi genitori.
Da notare qui la somiglianza tra l’esempio della chiglia della barca e delle fondamenta della casa con il testo di Aristotele che definisce i diversi significati della parola arkhé. Nota 1
Ἀρχὴ δὲ καὶ τῶν τεχνικῶν ἔργων ἡ τέχνη· ὡς ἡ σοφία Βεσελεὴλ, τοῦ περὶ τὴν σκηνὴν κόσμου.
Arkhé è anche la τέχνη [tékhnê è l’insieme delle leggi e delle regole] delle opere tecniche artigianali [quelle che regolano le arti e i mestieri], come per la saggezza di Besalèl riguardo alla disposizione [e all’ornamento] della tenda [secondo quanto raccontato in Esodo 31, 1ss.].
Si tratta qui del principio che ordina le arti e che si ritrova nella parola architettura, cioè ciò che è il fondamento dell’opera di costruzione. Per il passo citato della versione greca della Bibbia, chiamata traduzione dei Settanta (saggi), si tratta della scelta di Besalèl (in ebraico: Betsalel) come architetto della Tenda del Convegno, il tempio fatto costruire da Mosè durante l’Esodo, dove si parla proprio di architettura e di opere di costruzione e dove vediamo la parola arkhế e le parole derivate da τέκτων, l’artigiano, il costruttore e τέχνη, l’arte (come architetto e architettura).
Ἀρχὴ δὲ πράξεων πολλάκις καὶ τὸ εὔχρηστον τέλος τῶν γινομένων· ὡς τῆς ἐλεημοσύνης ἡ παρὰ Θεοῦ ἀποδοχή, καὶ πάσης τῆς κατ ̓ ἀρετὴν ἐνεργείας τὸ ἐν ἐπαγγελίαις ἀποκείμενον τέλος.
Spesso arkhế è anche lo scopo utile delle azioni che intraprendiamo: così [ottenere] il favore presso Dio è [lo scopo] dell’elemosina e l’obiettivo di ogni opera secondo la virtù che ci è riservata nelle sue promesse.
Arkhé è anche il principio motore delle nostre azioni, quello che si ritrova nella finalità delle nostre azioni e le motiva, come il fatto di trovare il favore divino è ciò che ci motiva a intraprendere buone azioni.
Τοσαυταχῶς οὖν λεγομένης τῆς ἀρχῆς, σκόπει εἰ μὴ πᾶσι τοῖς σημαινομένοις ἡ παροῦσα φωνὴ ἐφαρμόσει. Καὶ γὰρ ἀφ ̓ οὗ χρόνου ἤρξατο ἡ τοῦ κόσμου τούτου σύστασις, δυνατόν σοι μαθεῖν, ἐάν γε ἐκ τοῦ παρόντος εἰς τὸ κατόπιν ἀναποδίζων, φιλονεικήσῃς εὑρεῖν τὴν πρώτην ἡμέραν τῆς τοῦ κόσμου γενέσεως.
Poiché arkhế è detto in tanti modi diversi, guarda se la parola presente non si addice a tutti questi significati. Infatti, è possibile apprendere a partire da quale momento ha avuto inizio la formazione di questo mondo, se tornando indietro dal presente, ti sforzi di trovare il primo giorno della genesi del mondo.
Εὑρήσεις γὰρ οὕτως, πόθεν τῷ χρόνῳ ἡ πρώτη κίνησις, ἔπειτα, ὅτι καὶ οἱονεὶ θεμέλιοί τινες καὶ κρηπῖδες προκατεβλήθησαν ὁ οὐρανὸς καὶ ἡ γῆ· εἶτα, ὅτι ἐστί τις τεχνικὸς λόγος ὁ καθηγησάμενος τῆς ὁρωμένων διακοσμήσεως, ὡς ἐνδείκνυταί σοι ἡ φωνὴ τῆς ἀρχῆς·
Troverai infatti questo: da dove viene il primo movimento nel tempo e, inoltre, che il cielo e la terra sono stati stabiliti come fondamenti e basi; poi, che c’è un τεχνικὸς λόγος [un lógos che agisce con arte, che sa ordinare secondo la ragione] che è colui che dirige l’ordinamento del visibile, come ti mostra la parola arkhé.
Va notato che il Vangelo secondo Giovanni specifica che era il lógos di Dio che era in arkhế, nel principio, e che il lógos era Dio. Lógos si dice sia della parola che della ragione, è una parola che è espressione di questa ragione, è Dio stesso secondo il Vangelo. È attraverso questo lógos che tutto è stato fatto. E qui Basilio ci dice che questo lógos è responsabile del buon ordine dell’universo, lo costruisce, come un artigiano, attribuendogli quindi l’aggettivo τεχνικὸς (letteralmente «tecnico», cioè che stabilisce le regole della costruzione, che possiede la τέχνη) ed è questo stesso lógos, questa stessa parola che mantiene e guida l’universo.
καὶ τὸ μὴ εἰκῇ μηδὲ μάτην, ἀλλὰ πρός τι τέλος ὠφέλιμον καὶ μεγάλην χρείαν τοῖς οὖσι συνεισφερόμενον ἐπινενοῆσθαι τὸν κόσμον, εἴπερ τῷ ὄντι ψυχῶν λογικῶν διδασκαλεῖον καὶ θεογνωσίας ἐστὶ παιδευτήριον, διὰ τῶν ὁρωμένων καὶ αἰσθητῶν χειραγωγίαν τῷ νῷ παρεχόμενος πρὸς τὴν θεωρίαν τῶν ἀοράτων, καθά φησιν ὁ ἀπόστολος, ὅτι Τὰ ἀόρατα αὐτοῦ ἀπὸ κτίσεως κόσμου τοῖς ποιήμασι νοούμενα καθορᾶται.
E anche che il mondo non è stato concepito senza scopo né motivo, ma apportando un utile fine e un grande vantaggio agli esseri esistenti, se davvero [questo mondo] è una scuola per coloro che hanno anime razionali e un luogo di insegnamento della conoscenza di Dio, attraverso le cose visibili e sensibili è una guida per l’intelletto offrendo la contemplazione delle cose invisibili, secondo le parole dell’apostolo: «Fin dalla creazione del mondo, ciò che di esso è invisibile è compreso e contemplato attraverso le sue opere». (Romains 1, 20).
Ἢ τάχα διὰ τὸ ἀκαριαῖον καὶ ἄχρονον τῆς δημιουργίας εἴρηται τό, Ἐν ἀρχῇ ἐποίησεν, ἐπειδὴ ἀμερές τι καὶ ἀδιάστατον ἡ ἀρχή.
Oppure, forse, è a causa del fatto che l’opera (δημιουργία dēmiourgía) [della creazione] è il risultato di un istante e senza tempo, che è stato detto così: «En arkhé fece», poiché arkhế [nel senso di inizio] è qualcosa senza parti (ἀμερές) e senza estensione (ἀδιάστατον) [di tempo].
Ὡς γὰρ ἡ ἀρχὴ τῆς ὁδοῦ οὔπω ὁδὸς, καὶ ἡ ἀρχὴ τῆς οἰκίας οὐκ οἰκία, οὕτω καὶ ἡ τοῦ χρόνου ἀρχὴ οὔπω χρόνος, ἀλλ ̓ οὐδὲ μέρος αὐτοῦ τὸ ἐλάχιστον.
Come, infatti, l’arkhế [nel senso di inizio] del cammino non è ancora un cammino e l’arkhế della casa non è una casa, così anche l’arkhế del tempo non è ancora un tempo, né tantomeno la sua parte più piccola.
Εἰ δὲ φιλονεικῶν τις χρόνον εἶναι λέγοι τὴν ἀρχήν, γινωσκέτω ὅτι διαιρήσει αὐτὴν εἰς τὰ τοῦ χρόνου μέρη. Ταῦτα δέ ἐστιν, ἀρχή, καὶ μέσα, καὶ τελευτή. Ἀρχὴν δὲ ἀρχῆς ἐπινοεῖν παντελῶς καταγέλαστον.
Se qualcuno che contesta [questo] dice che l’arkhế è un tempo, sappia che dovrà dividerlo nelle parti del tempo. Queste sono l’arkhế (l’inizio), la metà e la fine. Immaginare l’arkhế dell’arkhế (l’inizio dell’inizio) è del tutto ridicolo.
Καὶ ὁ διχοτομῶν τὴν ἀρχήν, δύο ποιήσει ἀντὶ μιᾶς, μᾶλλον δὲ πολλὰς καὶ ἀπείρους, τοῦ διαιρεθέντος ἀεὶ εἰς ἕτερα τεμνομένου.
E colui che divide in due l’arkhế , ne fa due invece di uno, o piuttosto [ne fa] molti e infiniti, poiché ciò che è divisibile si divide ancora in un’altra parte.
Ἵνα τοίνυν διδαχθῶμεν ὁμοῦ τῇ βουλήσει τοῦ Θεοῦ ἀχρόνως συνυφεστάναι τὸν κόσμον, εἴρηται τό, Ἐν ἀρχῇ ἐποίησεν.
Affinché noi siamo istruiti sul fatto che nello stesso tempo (ὁμοῦ) nella volontà di Dio il mondo è fatto esistere simultaneamente (συνυφεστάναι) in modo atemporale, è detto questo: In arkhế egli fece.
Ὅπερ ἕτεροι τῶν ἑρμηνευτῶν, σαφέστερον τὸν νοῦν ἐκδιδόντες, εἰρήκασιν, Ἐν κεφαλαίῳ ἐποίησεν ὁ Θεὸς, τουτέστιν, ἀθρόως καὶ ἐν ὀλίγῳ. Τὰ μὲν οὖν περὶ ἀρχῆς, ὡς ὀλίγα ἀπὸ πολλῶν εἰπεῖν, ἐπὶ τοσοῦτον.
Allo stesso modo altri interpreti, per dare una comprensione più chiara, hanno detto: «In ciò che è nella testa (ἐν κεφαλαίῳ) Dio creò», cioè tutto insieme (ἀθρόως) e in un istante (ἐν ὀλίγῳ in un breve momento). Questo, quindi, riguardo ad arkhế , per dire solo poche cose tra le molte [che bisognerebbe dire] al riguardo.
Basilio ci dice che gli interpreti (ἑρμηνευταί hermeneutai) che vogliono restituire un significato più vicino all’originale, traducono la prima parola del testo ebraico (bereshit) con «ἐν κεφαλαίῳ» (en kephalaiōi). In effetti questa parola traduce letteralmente la parola ebraica bereshit (בְּרֵאשִׁית) perché la prima sillaba «be» (בְּ) significa «in», la seconda «resh» (רֵאש) è formata dalla parola «rosh» (רֹאש) «testa», che si scrive con le stesse consonanti in ebraico, e alla fine il suffisso «it» per indicare ciò che è relativo a. Il greco «ἐν κεφαλαίῳ» (en kephalaiōi) è quindi perfettamente simmetrico a questa lettura della parola ebraica: «ἐν» (en) significa «in», «κεφᾰλή» kephalê la testa e «κεφάλαιος» (kephálaios) ciò che è relativo alla testa. Questa espressione «en kephalaiōi» può anche significare, come dice Basilio, tutto insieme o in poche parole, in sintesi: kephálaios, ciò che è in testa, è quindi il punto principale, quello che bisogna menzionare quando si fa una sintesi. Nella mente, nella testa, tutto può coesistere simultaneamente.
[…]
Migne, col. 17B
Ἵνα οὖν δειχθῇ ὅτι ὁ κόσμος τεχνικόν ἐστι κατασκεύασμα, προκείμενον πᾶσιν εἰς θεωρίαν, ὥστε δι ̓ αὐτοῦ τὴν τοῦ ποιήσαντος αὐτὸν σοφίαν ἐπιγινώσκεσθαι, οὐκ ἄλλῃ τινὶ φωνῇ ἐχρήσατο ὁ σοφὸς Μωϋσῆς περὶ αὐτοῦ, ἀλλ ̓ εἶπεν, Ἐν ἀρχῇ ἐποίησεν·
Affinché apparisse che il mondo è un disegno eseguito con arte, che conduce tutti alla contemplazione, in modo che attraverso di esso si riconoscesse la sapienza del suo creatore, il sapiente Mosè non usò altre parole a suo riguardo, ma disse: «In arkhế ha creato [o: ha fatto]».
οὐχὶ ἐνήργησεν, οὐδὲ ὑπέστησεν, ἀλλὰ Ἐποίησεν. Καὶ καθότι πολλοὶ τῶν φαντασθέντων συνυπάρχειν ἐξ ἀϊδίου τῷ Θεῷ τὸν κόσμον, οὐχὶ γεγενῆσθαι παρ ̓ αὐτοῦ συνεχώρησαν, ἀλλ ̓ οἱονεὶ ἀποσκίασμα τῆς δυνάμεως αὐτοῦ ὄντα αὐτομάτως παρυποστῆναι·
Non è che egli abbia operato o posto le basi, ma ha creato [o: ha fatto]. E poiché molti immaginano che il cosmo coesista con Dio dall’eternità, non ammettono nemmeno che sia stato generato da lui, ma [per loro è] come se fosse un’ombra proiettata che sorgesse accanto al suo potere immediatamente e automaticamente;
καὶ αἴτιον μὲν αὐτοῦ ὁμολογοῦσι τὸν Θεόν, αἴτιον δὲ ἀπροαιρέτως, ὡς τῆς σκιᾶς τὸ σῶμα, καὶ τῆς λαμπηδόνος τὸ ἀπαυγάζον· τὴν οὖν τοιαύτην ἀπάτην ἐπανορθούμενος ὁ προφήτης, τῇ ἀκριβείᾳ ταύτῃ τῶν ῥημάτων ἐχρήσατο εἰπών, Ἐν ἀρχῇ ἐποίησεν ὁ Θεός. Οὐχὶ αὐτὸ τοῦτο τὴν αἰτίαν τοῦ εἶναι παρέσχεν, ἀλλ ̓ ἐποίησεν ὡς ἀγαθὸς τὸ χρήσιμον, ὡς σοφὸς, τὸ κάλλιστον, ὡς δυνατὸς, τὸ μέγιστον.
essi riconoscono da un lato che la sua causa è Dio, ma una causa involontaria, come il corpo [è causa] dell’ombra e ciò che illumina [è causa] dell’illuminazione; il profeta, quindi, volendo correggere un tale errore, era obbligato a parlare con precisione di termini: «In arkhé Dio ha creato [o: ha fatto]». Non che abbia fornito la causa dell’essere (τοῦ εἶναι), ma ha creato ciò che è utile come qualcuno che è buono, ciò che è più bello come qualcuno che sa, ciò che è più grande come qualcuno che è potente.
Nota 1: Aristotele su Arkhé
Metafisica 5, 1012b 34 – 1013a 24
[1012b][34] Ἀρχὴ λέγεται ἡ μὲν ὅθεν ἄν τις τοῦ πράγματος [35] κινηθείη πρῶτον, οἷον τοῦ μήκους καὶ ὁδοῦ ἐντεῦθεν μὲν αὕτη ἀρχή, ἐξ ἐναντίας δὲ ἑτέρα·
Si chiama arkhế ciò da cui qualcosa di un oggetto può essere mosso per primo, come dove inizia la linea o il percorso c’è un arkhế e dal lato opposto un altro [arkhế ].
[1013a][1] ἡ δὲ ὅθεν ἂν κάλλιστα ἕκαστον γένοιτο, οἷον καὶ μαθήσεως οὐκ ἀπὸ τοῦ πρώτου καὶ τῆς τοῦ πράγματος ἀρχῆς ἐνίοτε ἀρκτέον ἀλλ’ ὅθεν ῥᾷστ’ ἂν μάθοι·
Ciò a partire da cui una cosa può diventare la più compiuta (κάλλιστα), come ad esempio nell’apprendimento, a volte non è necessario iniziare dal primo e dall’inizio della cosa, ma da dove si può imparare più facilmente.
ἡ δὲ ὅθεν πρῶτον γίγνεται ἐνυπάρχοντος, οἷον ὡς πλοίου [5] τρόπις καὶ οἰκίας θεμέλιος, καὶ τῶν ζῴων οἱ μὲν καρδίαν οἱ δὲ ἐγκέφαλον οἱ δ’ ὅ τι ἂν τύχωσι τοιοῦτον ὑπολαμβάνουσιν·
ciò che è generato per primo a partire da qualcosa in cui sussiste (ἐνυπάρχοντος), per esempio come la chiglia di una barca e le fondamenta di una casa, e come [principio] degli animali, alcuni possono intendere il cuore, altri il cervello o ciò che è simile.
ἡ δὲ ὅθεν γίγνεται πρῶτον μὴ ἐνυπάρχοντος καὶ ὅθεν πρῶτον ἡ κίνησις πέφυκεν ἄρχεσθαι καὶ ἡ μεταβολή, οἷον τὸ τέκνον ἐκ τοῦ πατρὸς καὶ τῆς μητρὸς καὶ ἡ μάχη [10] ἐκ τῆς λοιδορίας·
ciò che è generato per primo da qualcosa in cui non sussiste e da cui ha origine [il suo] movimento e il suo cambiamento per primo secondo la natura, come il figlio [proviene] dal padre e dalla madre e la lotta dall’offesa.
ἡ δὲ οὗ κατὰ προαίρεσιν κινεῖται τὰ κινούμενα καὶ μεταβάλλει τὰ μεταβάλλοντα, ὥσπερ αἵ τε κατὰ πόλεις ἀρχαὶ καὶ αἱ δυναστεῖαι καὶ αἱ βασιλεῖαι καὶ τυραννίδες ἀρχαὶ λέγονται καὶ αἱ τέχναι, καὶ τούτων αἱ ἀρχιτεκτονικαὶ μάλιστα.
Ciò per libera scelta del quale si muove ciò che è mosso e cambia ciò che è in cambiamento, come i principi per la città, le dinastie, i re, i tiranni sono chiamati principi (ἀρχαὶ) [la parola principi si dice «principes» in latino] e le arti (τέχναι, tecniche) tra cui soprattutto le «arkhi» -tetturali.
Ecco alcune parole composte dalla parola ἀρχὴ: ἀρχαὶ i capi di una città, anche nelle lingue latine si ritrova la stessa vicinanza tra la parola principio e la parola « princeps », cioè principe, colui che è a capo di una città, di un regno. E anche in alcuni nomi di scienze, tra cui l’architettura.
Ἔτι ὅθεν γνωστὸν τὸ πρᾶγμα [15] πρῶτον, καὶ αὕτη ἀρχὴ λέγεται τοῦ πράγματος, οἷον τῶν ἀποδείξεων αἱ ὑποθέσεις.
Inoltre, ciò da cui una cosa è conoscibile, anche questo è detto arkhế, come le ipotesi [sono i principi su cui si basano] le dimostrazioni.
Ἰσαχῶς δὲ καὶ τὰ αἴτια λέγεται· πάντα γὰρ τὰ αἴτια ἀρχαί. Πασῶν μὲν οὖν κοινὸν τῶν ἀρχῶν τὸ πρῶτον εἶναι ὅθεν ἢ ἔστιν ἢ γίγνεται ἢ γιγνώσκεται·
Ci sono tanti [modi di dire arkhế] quante sono le cause, poiché tutte le cause sono arkhaí. Di tutti questi [questi diversi modi di dire arkhế], quindi, ciò che è comune alle arkhaí è essere il primo da cui [qualcosa] viene all’essere o è conosciuto;
τούτων δὲ αἱ μὲν ἐνυπάρχουσαί εἰσιν αἱ δὲ [20] ἐκτός. Διὸ ἥ τε φύσις ἀρχὴ καὶ τὸ στοιχεῖον καὶ ἡ διάνοια καὶ ἡ προαίρεσις καὶ οὐσία καὶ τὸ οὗ ἕνεκα· πολλῶν γὰρ καὶ τοῦ γνῶναι καὶ τῆς κινήσεως ἀρχἈγαθον καλόν.
Di questi alcuni sussistono (ἐνυπάρχουσαί) [nella cosa stessa], altri all’esterno. Per questo la natura (φύσις) è un principio e anche l’elemento, il pensiero, il libero arbitrio, l’ousia e ciò per cui [qualcosa è, o meglio: di cui è il fine]. Infatti, per molte cose il principio del conoscere e del movimento sono il bene e il bello.