La traduzione che segue è molto letterale, parola per parola, al fine di poter comprendere meglio i commenti che si riferiscono al testo originale, analizzando ogni termine. Da notare in particolare per tutto questo passaggio che la parola “´adam” indica il vivente che è stato modellato dalla terra, che in ebraico si dice “´adamah”. Ciò sarà molto importante per i commentatori cristiani perché, a partire da san Paolo, si parlerà dell’uomo terreno, attratto dalle realtà terrene, che sarà chiamato a cercare le realtà celesti, seguendo Cristo che san Paolo chiama l’ultimo Adamo: «Il primo uomo, Adamo, divenne un’anima vivente; l’ultimo Adamo – Cristo – è diventato Spirito che dà la vita. » (1 Corinzi 15, 45). Si tratta quindi per ogni essere umano di essere trasformato in un uomo nuovo, un nuovo ‘adam che si lascia guidare dallo Spirito di Dio verso le cose di lassù. « Ciò che viene prima non è lo spirituale, ma ciò che è dotato di anima; solo dopo viene lo spirituale. Il primo uomo proviene dalla terra, è terreno; il secondo uomo viene dal cielo. Come Adamo è fatto di terra, così gli uomini sono terreni; come Cristo è del cielo, così gli uomini saranno del cielo. E come abbiamo portato l’immagine di colui che è fatto di terra, così porteremo l’immagine di colui che viene dal cielo. » (1 Corinzi 15, 46-49).
Non bisogna quindi dimenticare, durante questa lettura, che si tratta di un testo profetico, che manifesta la parola eterna di Dio e che quindi questo testo contiene già tutta la storia dell’umanità che Dio contempla simultaneamente nella sua eternità.
Per questo i Padri della Chiesa vedranno già annunciata in questo testo l’opera di Cristo, l’ultimo Adamo che dà origine a una nuova umanità: un’anima umana che si lascia guidare dallo Spirito di Dio alla ricerca delle realtà celesti. Così, Gesù sulla croce si rivolge a sua madre, Maria, chiamandola «donna», perché sull’esempio di Maria che ha avuto fede in Dio, una nuova umanità nascerà ricevendo la vita dal costato aperto di Cristo.
Per questo è importante conservare la particolarità di questo testo nella traduzione del testo originale, poiché fa precedere la parola «adamo» dall’articolo. Così, quando leggiamo «l’´adam», possiamo pensare a tutta la storia dell’essere umano che, a partire dalla realtà terrena in cui è nato, sarà elevato da Cristo, l’ultimo «adam», fino a contemplare le realtà celesti. Così, quando Gesù sulla croce dice: «donna», si rivolge a tutta l’umanità che è chiamata a formare una nuova famiglia di fratelli e sorelle, perché ciascuno e ciascuna è nato a una vita nuova grazie a Cristo che ha condotto l’essere umano, l’´adam, a ritrovare la fiducia filiale in Dio sull’esempio di Maria. Il semplice essere umano, come dice la Scrittura, è animato dall’anima che guida i suoi istinti di sopravvivenza, ma se quest’anima segue l’ispirazione dello Spirito Santo di Dio, se si lascia guidare da lui con fiducia, allora questo essere umano diventa un essere spirituale che cerca le realtà eterne del cielo, diventa un essere celeste, come spiega san Paolo.
L’essere umano semplice, come dice la Scrittura, è animato dall’anima che guida tutti i suoi istinti di sopravvivenza, ma se quest’anima segue l’ispirazione dello Spirito Santo di Dio, allora l’essere umano diventa un essere spirituale che cerca le realtà eterne del cielo, un essere celeste, come spiega san Paolo.
Infatti, Gesù annuncia questa nuova famiglia in cui si può rinascere attraverso la fede, cioè entrando in una relazione filiale con Dio. Così Gesù dice: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Poi, stendendo le mani verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli. Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è mio fratello, mia sorella e mia madre» (Matteo 12, 48-50).
Così, il costato aperto di Gesù sulla croce diventa il segno della sua vita offerta affinché l’essere umano possa ritrovare fiducia nella benevolenza e nel perdono di Dio e chiamarlo Padre. Avendo compiuto questo, Gesù può ora rivolgersi all’umanità, chiamarla «donna» e significarle che ognuno può così diventare fratello o sorella dell’altro.
Ecco quindi le ultime parole di Gesù sulla croce, che significano che egli ha compiuto il disegno originario di Dio di dare vita a un unico popolo di fratelli e sorelle, a un’unica famiglia: «Gesù, vedendo sua madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre”».
Gesù usa la parola donna come nel libro della Genesi per designare colei che sarà la madre di tutti i viventi, cioè di coloro che vivono la pienezza della vita di figli di Dio, nella piena fiducia nel Padre. Si può quindi vedere nella donna il compimento dell’opera che il Creatore le ha affidato di generare la fede, cioè di suscitare credenti con l’esempio della propria fede, della propria fiducia in Dio. Così, lo stesso san Paolo potrà dire: «Figli miei, che io partorisco di nuovo nel dolore finché Cristo non sia formato in voi» (Gal 4, 19).
Questa donna che partorisce nel dolore è quindi immagine della Chiesa, cioè dell’assemblea di coloro che sono chiamati a vivere come fratelli e sorelle e che, con fiducia nella vita eterna offerta da Dio, sono pronti a dare la loro vita per coloro che amano. Essi manifestano così che è lo Spirito di Cristo, lo Spirito di Dio che li anima, lo Spirito d’amore che vince la morte. E san Giovanni riporta nel libro dell’Apocalisse la visione che ha avuto di questa realtà eterna: «Un grande segno apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie del parto» (Apocalisse 12, 1-2).
Offrire la propria vita per amore del prossimo è paragonato al donare la vita, perché questo dono d’amore ricevuto da qualcuno genererà gratitudine e amore in chi lo riceve e lo trasformerà. L’umanità ha bisogno della prova della totale gratuità dell’amore per credere che questo amore sia possibile. Allora, sentendosi amata nonostante tutte le sue imperfezioni, sarà ricolma d’amore in cambio.
Ecco quindi ciò che si può intravedere nella traduzione molto letterale «l ´adam», quell’essere umano che con l’aiuto della «donna» sarà condotto dalla sua realtà terrena alla contemplazione della realtà celeste dell’amore di Dio. Sarà così generato a una nuova vita, nascerà nuovamente alla vita di figlio di Dio. E Dio stesso si farà ‘adam, “figlio dell’uomo”, come è solito dire, per condurci, attraverso di lui, con il dono della sua vita, al Padre.
In sintesi: il lato aperto di ‘adam annuncia il lato aperto, trafitto, di Cristo sulla croce. Significa il dono della vita divina all’umanità, la donna. Questa vita divina è quella dello Spirito d’amore: non c’è amore più grande che dare la propria vita per coloro che si amano. Chi si lascia guidare da questo Spirito diventa un essere spirituale alla sequela di Cristo, un nuovo essere umano, un nuovo ‘adam. In questa nuova vita celeste siamo tutti fratelli e sorelle perché un solo spirito d’amore dà vita a ciascuno e ciascuna.
Genesi 2, 15-25
וַיִּקַּ֛ח יְהוָ֥ה אֱלֹהִ֖ים אֶת־הָֽאָדָ֑ם וַיַּנִּחֵ֣הוּ בְגַן־עֵ֔דֶן לְעָבְדָ֖הּ וּלְשָׁמְרָֽהּ׃
15 Il Signore Dio prese l’’adam e lo pose nel giardino di Eden per lavorarlo e custodirlo.
וַיְצַו֙ יְהוָ֣ה אֱלֹהִ֔ים עַל־הָֽאָדָ֖ם לֵאמֹ֑ר מִכֹּ֥ל עֵֽץ־הַגָּ֖ן אָכֹ֥ל תֹּאכֵֽל׃
16 Il Signore Dio diede un ordine all‘’adam dicendo: «Di tutti gli alberi del giardino mangiare mangerai
וּמֵעֵ֗ץ הַדַּ֙עַת֙ טֹ֣וב וָרָ֔ע לֹ֥א תֹאכַ֖ל מִמֶּ֑נּוּ כִּ֗י בְּיֹ֛ום אֲכָלְךָ֥ מִמֶּ֖נּוּ מֹ֥ות תָּמֽוּת׃
17 e dell’albero della conoscenza del bene e del male non mangerai, perché nel giorno in cui ne mangerai, morire morirai.”
וַיֹּ֙אמֶר֙ יְהוָ֣ה אֱלֹהִ֔ים לֹא־טֹ֛וב הֱיֹ֥ות הָֽאָדָ֖ם לְבַדֹּ֑ו אֶֽעֱשֶׂהּ־לֹּ֥ו עֵ֖זֶר כְּנֶגְדֹּֽו׃
18 E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’’adam sia solo. Gli farò un aiuto come in fronte a lui».
וַיִּצֶר֩ יְהוָ֨ה אֱלֹהִ֜ים מִן־הָֽאֲדָמָ֗ה כָּל־חַיַּ֤ת הַשָּׂדֶה֙ וְאֵת֙ כָּל־עֹ֣וף הַשָּׁמַ֔יִם וַיָּבֵא֙ אֶל־הָ֣אָדָ֔ם לִרְאֹ֖ות מַה־יִּקְרָא־לֹ֑ו וְכֹל֩ אֲשֶׁ֨ר יִקְרָא־לֹ֧ו הָֽאָדָ֛ם נֶ֥פֶשׁ חַיָּ֖ה ה֥וּא שְׁמֹֽו׃
19 E il Signore Dio plasmò dalla terra [‘adamah] ogni essere vivente dei campi e ogni uccello del cielo e li portò all’’adam per vedere come lo avrebbe chiamato, e tutto ciò che l’’adam chiamava, un’anima vivente [nephesh ḥayyah] era il suo nome.
anima (nephesh): naphash è la radice che indica il soffio che anima ogni essere vivente. Alcuni esegeti ebrei dicono che Dio portò gli animali all’’adam per vedere se avrebbe dato loro i nomi giusti, secondo la lingua che gli aveva insegnato. Altri richiamano l’attenzione sulla natura del nome e sul fatto che ogni nome è un soffio di vita, un’anima vivente, poiché è attraverso la parola che Dio crea il mondo.
וַיִּקְרָ֨א הָֽאָדָ֜ם שֵׁמֹ֗ות לְכָל־הַבְּהֵמָה֙ וּלְעֹ֣וף הַשָּׁמַ֔יִם וּלְכֹ֖ל חַיַּ֣ת הַשָּׂדֶ֑ה וּלְאָדָ֕ם לֹֽא־מָצָ֥א עֵ֖זֶר כְּנֶגְדֹּֽו׃
20 E l‘adam diede nomi a ogni bestia e all’uccello del cielo e a ogni essere vivente dei campi, ma per l‘’adam non trovò alcun aiuto che fosse come in fronte a lui [kenegdo].
La parola neged in ebraico significa di fronte, davanti e anche contro. Quindi, l’’adam non trova alcun aiuto che possa stare davanti a lui, essere suo vis-à-vis, ma questa presenza con cui può confrontarsi può anche essere contraria a lui.
וַיַּפֵּל֩ יְהוָ֨ה אֱלֹהִ֧ים ׀ תַּרְדֵּמָ֛ה עַל־הָאָדָ֖ם וַיִּישָׁ֑ן וַיִּקַּ֗ח אַחַת֙ מִצַּלְעֹתָ֔יו וַיִּסְגֹּ֥ר בָּשָׂ֖ר תַּחְתֶּֽנָּה׃
21 E il Signore Dio fece cadere un sonno [tardemah] sull‘’adam e questi si addormentò; allora prese una delle sue costole e richiuse la carne al di sotto.
וַיִּבֶן֩ יְהוָ֨ה אֱלֹהִ֧ים ׀ אֶֽת־הַצֵּלָ֛ע אֲשֶׁר־לָקַ֥ח מִן־הָֽאָדָ֖ם לְאִשָּׁ֑ה וַיְבִאֶ֖הָ אֶל־הָֽאָדָֽם׃
22 E il Signore Dio costruì la costola che aveva tolta all‘’adam, e ne fece una donna [‘isha] e la condusse all‘’adam.
וַיֹּאמֶר֮ הָֽאָדָם֒ זֹ֣את הַפַּ֗עַם עֶ֚צֶם מֵֽעֲצָמַ֔י וּבָשָׂ֖ר מִבְּשָׂרִ֑י לְזֹאת֙ יִקָּרֵ֣א אִשָּׁ֔ה כִּ֥י מֵאִ֖ישׁ לֻֽקֳחָה־זֹּֽאת׃
23 E l’’adam disse: «Questa volta è l’osso delle mie ossa e la carne della mia carne, per questo sarà chiamata donna [‘isha], perché è stata tratta dall’uomo [‘ish].»
עַל־כֵּן֙ יַֽעֲזָב־אִ֔ישׁ אֶת־אָבִ֖יו וְאֶת־אִמֹּ֑ו וְדָבַ֣ק בְּאִשְׁתֹּ֔ו וְהָי֖וּ לְבָשָׂ֥ר אֶחָֽד׃
24 Perciò l’uomo [‘ish] lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna [be’ishto] e saranno una sola carne.
וַיִּֽהְי֤וּ שְׁנֵיהֶם֙ עֲרוּמִּ֔ים הָֽאָדָ֖ם וְאִשְׁתֹּ֑ו וְלֹ֖א יִתְבֹּשָֽׁשׁוּ׃
25 E i due, l’’adam e la sua donna, erano nudi e non provavano vergogna.
Sant’Agostino, Sul Vangelo di San Giovanni, Trattato 9, 10
Dormit Adam ut fiat Eva: moritur Christus ut fiat Ecclesia. Dormienti Adae fit Eva de latere: mortuo Christo lancea percutitur latus, ut profluant sacramenta, quibus formetur Ecclesia. Cui non appareat quia in illis tunc factis futura figurata sunt, quandoquidem dicit Apostolus ipsum Adam formam futuri esse? Qui est, inquit, forma futuri.
Adamo dorme affinché sia fatta Eva, Cristo muore affinché sia fatta la Chiesa. Eva è stata fatta dal fianco di Adamo addormentato, Cristo morto, il suo fianco è trafitto da una lancia, affinché ne sgorghino i sacramenti, dai quali è formata la Chiesa. A chi non appare perché in questi fatti di allora sono raffigurate le cose future, quando l’Apostolo dice che questo stesso Adamo è la forma del futuro? (San Paolo, Lettera ai Romani 5, 14).
Ecco il testo di san Paolo citato da Agostino, tradotto letteralmente dal greco:
ἀλλὰ ἐβασίλευσεν ὁ θάνατος ἀπὸ Ἀδὰμ μέχρι Μωϋσέως καὶ ἐπὶ τοὺς μὴ ἁμαρτήσαντας ἐπὶ τῷ ὁμοιώματι τῆς παραβάσεως Ἀδάμ, ὅς ἐστιν τύπος τοῦ μέλλοντος.
Ma la morte ha stabilito il suo regno, da Adamo fino a Mosè e anche su coloro che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, che è il tipo di colui che deve venire (túpos toû méllontos τύπος τοῦ μέλλοντος).
La parola «tipo» (túpos) ha un ruolo molto importante nella storia del cristianesimo. Infatti, per secoli numerosi trattati hanno evidenziato i parallelismi esistenti tra i personaggi e le storie dell’Antico Testamento e la vita di Cristo. Si diceva che i primi fossero il tipo o la prefigurazione del secondo, che annunciavano già profeticamente ciò che Cristo avrebbe compiuto. Ciò ha avuto un ruolo molto importante anche nell’iconografia cristiana, che ha sviluppato quella che è stata chiamata la «tipologia», cioè la messa in parallelo di una scena o di un personaggio dell’Antico Testamento con una scena del Vangelo. Ad esempio: Isacco che porta la legna per il sacrificio è messo in parallelo con Cristo che porta la croce. Sono quindi numerosi i mosaici paleocristiani o i reliquiari medievali che rappresentano in parallelo scene dell’Antico Testamento e scene del Vangelo o della vita dei santi.
Il termine «méllontos», tradotto in latino con futuro, significa infatti ciò che sta per accadere, ciò che verrà o, come in questo caso, colui che verrà, che sta per arrivare. In questo senso, il termine si riferisce quindi a Cristo, la cui vita e la cui venuta erano già state annunciate profeticamente dalle parole dell’Antico Testamento.
Agostino, Sul Vangelo di San Giovanni, Trattato 15, 8
8. Sub hac rerum imagine Adam qui erat forma futuri, praebuit nobis magnum indicium sacramenti; imo Deus in illo praebuit. Nam et dormiens meruit accipere uxorem, et de costa eius facta est ei uxor: quoniam de Christo in cruce dormiente futura erat Ecclesia de latere eius, de latere scilicet dormientis; quia et de latere in cruce pendentis lancea percusso sacramenta Ecclesiae profluxerunt. Sed quare hoc dicere volui, fratres? Quia infirmitas Christi nos facit fortes.
Sotto l’immagine di queste cose Adamo, che era una forma del futuro, ci presenta un grande indizio del sacramento, o meglio, è Dio che ce lo ha presentato in lui. Infatti, è dormendo che egli ha meritato di ricevere una sposa ed è dal suo fianco che gli è stata data una sposa. Poiché è dal fianco di Cristo addormentato sulla croce che sarebbe uscita la Chiesa, cioè dal fianco di colui che dorme. Poiché è dal costato di colui che era appeso a una croce, trafitto da una lancia, che sono sgorgati i sacramenti della Chiesa. Ma perché, fratelli, ho voluto dirvi questo? Poiché l’infermità di Cristo ci rende forti (2 Corinzi 12, 9).
Ambrogio, Trattato sul Vangelo di Luca 2, p. 86-89 su Luca, 3, 21-24 il battesimo di Cristo.
Docuit etiam quia et mulierem fecit Deus: Immisit enim Deus soporem in Adam, et dormivit, et sumpsit unam costam de latere eius, et replevit carnem eius: et aedificavit Dominus Deus costam quam sumpsit ab Adam, in mulierem (Genesi 2, 21 e 22). Non frustra, ut dixi, corporalibus quibusdam manibus circa Adam et Evam Moyses Deum inducit operantem. Mundum Deus fieri iussit, et factus est, et uno verbo opus mundi Scriptura indicat absolutum: ad hominem venitur, et manus ipsas quodammodo studuit tibi Propheta Dei laborantis ostendere [Salmo 140, 5].
[Mosè] insegnò anche che Dio creò anche la donna: egli fece cadere un sonno su Adamo, che si addormentò; Dio prese una costola dal suo fianco e riempì la sua carne; e il Signore Dio costruì la costola che aveva presa da Adamo in una donna (Genesi 2, 21-22). Come ho detto, non è vano che Mosè suggerisca un Dio che opera su Adamo ed Eva con mani quasi corporee. Dio ordinò che il mondo fosse fatto e il mondo fu fatto, ed è con una sola parola che la Scrittura indica che l’opera del mondo era compiuta: si viene all’uomo e l profeta si sforza di mostrarci, in un certo senso, le mani stesse di Dio all’opera (Salmo 140, 5).
Plus nescio quid in his intelligere, quam lego, opera Dei elaborata me cogunt. Subvenit Apostolus aestuanti, et quod ego non intelligebam quid esset: Os de ossibus meis, et caro de carne mea: et, Haec vocabitur mulier; quoniam de viro suo assumpta est (Ibid., 23) divino mihi spiritu revelavit dicens: Sacramentum hoc magnum est [Ephes. 5, 32]. Quod sacramentum? Quia duo erunt in carne una; et, Quia relinquet homo patrem et matrem, et adhaerebit uxori suae (Ibid., 31): et, Quoniam membra sumus corporis eius, de carne eius, et de ossibus eius (Ibid., 30). Quis est iste vir propter quem mulier parentes relinquat? Relinquit parentes Ecclesia, quae de gentilibus populis congregata est, cui prophetice dicitur: Obliviscere populum tuum, et domum patris tui [Psal. 44, 11]. Propter quem virum, nisi forte illum de quo dicit Ioannes: Post me venit vir qui ante me factus est [Ioan. 1, 27]? De cuius latere dormientis costam Deus sumpsit; ipse enim est qui dormivit, et quievit et resurrexit; quoniam Dominus suscepit eum. Quae est huius costa nisi virtus? Quia tunc quando miles latus eius aperuerit, continuo aqua et sanguis exivit, qui effusus est pro saeculi vita [Ioan. 19, 34]. Haec saeculi vita, costa Christi est: haec costa secundi est Adam. Primus enim Adam in animam viventem, novissimus Adam in spiritum vivificantem: novissimus Adam Christus est, costa Christi vita Ecclesiae est. Nos ergo membra sumus corporis eius, de carne eius, et de ossibus eius. Et fortasse haec est costa de qua dixit: Sentio de me virtutem exisse [Luc. 8, 46]. Haec est costa quae de Christo exivit, nec corpus eius imminuit; non enim corporalis, sed spiritalis est costa; spiritus autem non dividitur ipse, sed dividit singulis prout vult. Haec est Eva mater omnium viventium. Si enim intelligas viventem cum mortuis quaeri, intelligis eos mortuos esse, qui sine Christo sunt, qui participes vitae non sunt; hoc est enim Christi non esse participes, quia Christus est vita. Mater ergo viventium Ecclesia est, quam aedificavit Deus in ipso summo angulari lapide Christo Iesu, in quo omnis structura compaginata crescit in templum Dei.
Queste opere, che sono state elaborate con cura da Dio, mi costringono a comprendere in esse qualcosa di più di ciò che leggo. È l’Apostolo che soccorre chi è in agitazione e ciò che non capivo era: «ossa delle mie ossa e carne della mia carne» e anche «egli la chiamò donna perché fu tratta dall’uomo», me lo ha rivelato lo spirito divino, dicendo: «questa è una parola sacrosanta (sacramentum magnum)» (Efesini 5, 32). Che cosa è sacro? «Che saranno due in una sola carne» e «Che l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie» (Efesini 5, 31) e «perché siamo membra del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa» (Efesini 5, 30). Chi è quest’uomo per cui una donna abbandonerebbe i propri genitori? È la Chiesa, riunita da popoli pagani, alla quale è stato profeticamente detto: «Dimentica il tuo popolo e la casa dei tuoi padri» (Salmo 44, 11). Per quale uomo, se non forse quello di cui dice Giovanni: «Dopo di me viene un uomo che era prima di me» (Giovanni 1, 27)? Dal costato del quale, addormentato, Dio prese una costola; infatti è lo stesso che dormì, riposò e risuscitò; poiché il Signore lo ha accolto (Salmo 3, 6). Qual è la sua costola, se non la forza? Perché nel momento in cui il soldato aprì il suo costato, ne uscì un fiume di acqua e sangue, che fu versato per la vita di questo mondo (Giovanni 19, 34). La vita di questo mondo è il costato di Cristo: questo è il costato del secondo Adamo. Infatti, il primo Adamo è colui che vive nell’anima, l’ultimo Adamo è colui che vivifica nello spirito (1 Corinzi 15, 45): l’ultimo Adamo è Cristo, il costato di Cristo è la vita della Chiesa. Noi siamo, quindi, membra del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa. E forse è questa la costola di cui dice: «Sento che una forza è uscita da me» (Luca 8, 46). Questa è la costola che è uscita da Cristo e il suo corpo non ne è stato diminuito: questa costola, infatti, non è corporea, ma spirituale. E lo spirito non è [diminuito] dividendosi, ma si divide [per donarsi] a ciascuno a volontà (1 Corinzi 12, 12).
Ed ecco [la spiegazione di] «Eva, madre di tutti i viventi»: se comprendi [la frase del Vangelo che dice] «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?», allora capirai che i morti sono coloro che sono senza Cristo, perché non partecipano della vita. Questo è non partecipare a Cristo, perché Cristo è la vita. Quindi, «la madre dei viventi» (Genesi 3, 20) è la Chiesa che Dio ha costruito avendo al suo vertice la pietra angolare che è Cristo Gesù, in cui tutta la struttura è tenuta insieme e si eleva [per formare] il tempio di Dio (Efesini 2, 20).
Veniat ergo Deus, aedificet mulierem, illam quidem adiutricem Adae, hanc vero Christi. Non quia Christus adiumentum requirit, sed quia nos quaerimus et desideramus ad Christi gratiam per Ecclesiam pervenire. Et nunc aedificatur, et nunc formatur, et nunc mulier figuratur, et nunc creatur. Et ideo novo verbo usa est Scriptura; quia superaedificamur super fundamentum apostolorum et prophetarum [Ephes. 2, 20]. Et nunc domus spiritalis surgit in sacerdotium sanctum. Veni, Domine Deus, aedifica mulierem istam, aedifica civitatem; veniat et puer tuus: tibi enim credo dicenti: Ipse aedificabit civitatem mihi [Esai. 45, 13].
Venga dunque Dio e edifichi la donna: l’una come aiuto di Adamo, l’altra, in verità, come aiuto di Cristo. Non che Cristo abbia bisogno di un aiuto, ma affinché noi cerchiamo e desideriamo raggiungere la grazia di Cristo attraverso la Chiesa. Ed è ora che essa viene costruita, ora che viene formata, ora che viene plasmata, ora che viene creata. E per questo la Scrittura ha usato un verbo nuovo, poiché noi siamo «superedificati» [costruiti sopra] il fondamento degli apostoli e dei profeti (Efesini 2, 20). E ora una casa spirituale sorge nel sacerdozio santo (1 Pietro 2, 5). Vieni, Signore Dio, edifica questa donna, edifica la città. Venga anche il tuo figlio, perché io credo in te che dici: «È lui che edificherà la mia città» (Isaia 45, 13).
Ecce mulier omnium mater, ecce domus spiritalis, ecce civitas quae vivet in aeternum; quia mori nescit. Ipsa enim est civitas Hierusalem, quae nunc videtur in terris, sed rapietur supra Eliam; Elias enim unus fuit. Transferetur super Enoch, cuius mors non invenitur. Ille enim raptus est, ne malitia mutaretur cor eius: haec autem diligitur a Christo quasi sponsa gloriosa, sancta, immaculata, sine ruga. Et quanto melius totum corpus assumitur, quam unus assumptus est? Haec enim est spes Ecclesiae. Rapietur profecto, assumetur, transferetur ad coelum. Ecce curru igneo raptus est Elias: rapietur et Ecclesia. Non mihi credis? Crede vel Paulo, in quo Christus locutus est: Rapiemur, inquit, in nubibus obviam Christo in aera, et ita semper cum Domino erimus (I Thes. IV, 16).
Ecco la donna che è madre di tutti, ecco la casa spirituale, ecco la città che vive eternamente, perché non conosce la morte. È questa, infatti, la città di Gerusalemme, che ora appare sulla terra, ma che è rapita al di sopra di Elia. Elia, infatti, fu unico: fu elevato al di sopra di Enoch, la cui morte non è attestata, infatti fu rapito [in cielo], affinché la malizia non potesse alterare il suo cuore (Sapienza 4, 11). Lei [la Chiesa, la Gerusalemme celeste] è amata da Cristo come una sposa gloriosa, santa, immacolata, senza rughe (Efesini 5, 27). Quanto è meglio che tutto il corpo sia preso [in cielo], piuttosto che uno solo? Questa è la speranza della Chiesa: che sia rapita, certamente, presa e trasferita in cielo. Ecco, Elia fu rapito [in cielo] con un carro di fuoco, anche la Chiesa sarà rapita. Non mi credi? Credi allora a Paolo [l’apostolo], in cui è Cristo che parla (1 Tessalonicesi 4, 16): «saremo rapiti sulle nuvole per incontrare Cristo nell’aria, e così saremo sempre con il Signore».
Ad hanc igitur aedificandam mittuntur quidem plures, mittuntur patriarchae, mittuntur prophetae, mittitur Gabriel archangelus, innumeri angeli diriguntur, et multitudo coelestis exercitus Deum laudat; quia civitatis huius aedificatio propinquat. Mittuntur plures ad eam, sed Christus eam solus aedificat, verum non est solus; quia Pater praesens est. Et si solus aedificat; gratiam tamen tantae aedificationis non solus usurpat. Scriptum est de templo, quod aedificavit Salomon, in quo typus Ecclesiae fuit, [Vet. edit. ac mss. septem: quia tria millia sexcenti erant qui portabant in humeri: et septuaginta millia lapidum caesores, vel lapidis, vel etiam, lapidicaesores: et octoginta millia tollentes onera. Veniant, ecc. Alii cum edit. Rom. ut nos in corpore, nisi quod in plerisque desiderantur haec verba: Et tria millia sexcenti operum praepositi. Alii denique ordine paululum inverso eumdem ac in textu sensum retinent.] quia septuaginta millia erant qui in humeris portarent, et octoginta millia lapidum caesores, et tria millia sexcenti operum praepositi [II Par. 2, 2]. Veniant angeli illi, veniant lapidem caesores, caedantur superflua lapidum nostrorum, aspera levigentur. Veniant et qui in humeris portant; scriptum est enim: Super humeros tollentur [Esai, 49, 22].
In verità, per edificare questa [la Chiesa] molti sono stati mandati, i patriarchi sono stati mandati, i profeti sono stati mandati, l’arcangelo Gabriele è stato mandato, innumerevoli angeli sono stati diretti [a questo compito] e la moltitudine dell’esercito celeste loda Dio poiché l’edificazione di questa città si avvicina. Molti sono inviati verso di essa, ma solo Cristo la costruisce, ma in verità non è solo perché il Padre è presente. E se è solo a costruire, non è solo ad appropriarsi del merito di tale costruzione. È scritto a proposito del tempio che Salomone costruì e che era un’immagine che rappresentava simbolicamente la Chiesa [typus Ecclesiae], che quelli che lo portarono sulle spalle erano settantamila e ottantamila quelli che ne tagliarono le pietre e tremila seicento e i capomastri. Vengano questi angeli, vengano i tagliapietre, taglino ciò che è superfluo dalle nostre pietre, levighino le asperità. Vengano coloro che portano sulle spalle, poiché è scritto: «Saranno portati sulle spalle (Isaia 49, 23).
Rabbi Shlomo ben Itzhak HaTzarfati, acronimo Rashi (Troyes, 1040 circa – 1105) su Genesi 2, 18: se Adamo lo merita, Eva lo aiuterà, altrimenti lo combatterà
עזר כנגדו. זָכָה – עֵזֶר; לֹא זָכָה – כְּנֶגְדּוֹ לְהִלָּחֵם:
Un aiuto come di fronte a lui. Se [Adamo] è puro allora [Eva] sarà un aiuto per lui, se non è puro lei sarà contro di lui per fargli guerra.
Questa spiegazione si basa sul significato della parola ebraica «neged», che significa «davanti, di fronte a». Può essere interpretato come un confronto che implica ostilità o come una presenza amichevole davanti a qualcuno. L’intenzione non è determinata dalla parola «neged», che può avere entrambi i significati.
Kli Yakar, opera di Salomon Ephraim de Luntschitz (1550 Łęczyca, Polonia – 1619 Praga) su Genesi 2, 18: essere di fronte per l’unità, l’amore, non in opposizione.
לא טוב היות האדם לבדו. לפי שבכל מקום שיש שינוי ומחלוקת אין הטובה מצוי שם שהרי מטעם זה לא נאמר כי טוב בשני לפי שבו נברא המחלוקת כי כל מספר שנים יש בו חלוקה ופירוד ואם כן אם היה האדם נוצר כל אחד מהם מחומר בפני עצמו אם כן יהיו שנים גופים מוחלקים ולא יהיה הטוב דבק בהם יען כי יהיו נעדרים מן האהבה והאחדות ויהיו קרובים לבא לידי פירוד ומריבה וליתן ריוח בין הדבקים והאדם מדיני בטבע צריך יותר אל האהבה והאחדות מכל שאר בעלי חיים לפיכך אמר שלא טוב היה אם יהיה האדם נוצר מן חומר אחד והאשה מן חומר אחר לפיכך אעשה לו עזר כשיהיו מן חומר אחד אז יהיה כל אחד לעזר ולהועיל אל השני ויהיו זה כנגד זו פונים פניהם זה לזה כי זה מורה על האהבה כמ״ש (תהלים טז ח) שויתי ה’ לנגדי תמיד. שאין פירושו של התנגדות של מריבה אלא התנגדות של אהבה כמים הפנים, לאפוקי בזמן שהמריבה מצוייה כל אחד פונה לחבירו עורף ולא פנים, לכך נאמר אעשה לו עזר כנגדו.
וי״א לא טוב, שאין האדם נקרא עושה טוב במצות השם יתברך כשהוא לבדו ואין לו מתנגד המטהו לדרך רע לפיכך אעשה לו עזר כנגדו, כי במה שתהיה אשתו כנגדו להסיתו לדרך רע והוא לא ישמע לה וינצחה אז הוא נקרא עושה טוב כי אדם אין צדיק בארץ כשיעשה טוב מצד ההכרח ולא יוכל לחטוא, כי אם מצד היות לו אפשרות על החטא וינצל.
Non è bene che Adamo sia solo. Dove c’è divergenza e divisione non c’è il bene, ed è per questo che non è detto che il secondo giorno [della creazione] fosse buono, perché in quel giorno fu creata la divisione [tra le acque superiori e inferiori], poiché ogni numero due ha in sé divisione e separazione. In questo caso, se ciascuno dei due esseri umani [Adamo ed Eva] fosse formato da una materia indipendentemente dall’altro [letteralmente: per se stesso], allora sarebbero due corpi divisi e il bene non avrebbe potuto aderire a loro poiché avrebbero mancato dell’amore e dell’unità e sarebbero caduti nelle mani della separazione e della disputa e avrebbero avuto la tendenza a mettere una distanza tra coloro che aderiscono [l’uno all’altro]. E l’essere umano, per le leggi che sono nella natura, ha più bisogno di amore e unità di tutti gli altri esseri viventi. Per questo il Signore disse che non era bene che Adamo fosse formato da una materia e la donna da un’altra materia; per questo: « Gli farò un aiuto» affinché fossero di un’unica materia, così ciascuno sarebbe stato un aiuto e sarebbe stato utile all’altro e sarebbero stati l’uno davanti all’altro, uno di fronte all’altro, poiché è questo che dimostra l’amore, come è scritto nel Salmo 16, 8: «Ho guardato il Signore di fronte a me (lenegdi) sempre». Qui l’interpretazione della parola neged in lenegdi (di fronte a me) non ha il significato di opposizione [l’uno contro l’altro], di disputa, ma piuttosto di un faccia a faccia d’amore, come l’acqua [che riflette] il volto, ad esclusione dei momenti di disputa in cui ciascuno presenta all’altro la nuca e non il volto, per questo si dice: «Gli farò un aiuto come di fronte a lui (kenegdo)».
C’è chi dice: «non è bene» perché l’uomo non è chiamato a fare il bene secondo il comandamento del Signore, benedetto sia, poiché quando è solo e non ha nessuno contro di lui che lo spinge sulla via del male, come è detto: «gli darò un aiuto come contro di lui», perché sua moglie è contro di lui per indirizzarlo sulla via del male e lui non le dà ascolto, la vincerà, allora sarà chiamato che fa il bene, perché l’uomo sulla terra non è giusto quando fa il bene per costrizione, senza poter peccare, ma è chiamato giusto se ha la possibilità di peccare e ne è preservato.
Rabbi Shlomo ben Itzhak HaTzarfati, acronimo Rashi (Troyes, 1040 circa – 1105) su Genesi 2, 19: questo sarà il suo nome
וכל אשר יקרא לו האדם נפש חיה וגו’. סָרְסֵהוּ וּפָרְשֵׁהוּ, כֹּל נֶפֶשׁ חַיָּה אֲשֶׁר יִקְרָא לוֹ הָאָדָם שֵׁם, הוּא שְׁמוֹ לְעוֹלָם:
E tutto ciò che Adamo chiamava anima vivente, ecc. Inverti l’ordine di queste parole e interpretale così: ogni anima vivente a cui Adamo dà un nome, quello sarà il suo nome per sempre.
Mosè Nahmanide, acronimo Ramban (Girona, 1194 – Acri, 1270) su Genesi 2, 20: l’aiuto è per la procreazione
ולאדם לא מצא עזר כנגדו לשון רש »י כשהביאן הביאן לפניו זכר ונקבה אמר לכל יש בן זוג ולי אין בן זוג מיד ויפל ה’ אלהים עליו תרדמה ויפה פירש כי כאשר הכניס פסוקי קריאת השמות בתוך דבר העזר יכריח זה
E per l’uomo non trovò un aiuto come di fronte a lui. La spiegazione di Rashi: quando portò gli animali di fronte a lui, maschio e femmina, [Adamo] disse: «ognuno ha qualcuno con cui è in coppia e io non ho qualcuno con cui essere in coppia». E il Signore Dio fece cadere su di lui un sonno. [Rashi] ha interpretato bene perché quando si inseriscono i versetti della denominazione dei nomi nel mezzo della questione dell’aiuto, questo ci costringe [a capire] così.
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ולפי דעתי שקריאת השם הוא העזר והענין כי הקב »ה הביא כל חית השדה וכל עוף השמים לפני אדם והוא הכיר טבעם וקרא להם שמות כלומר השם הראוי להם כפי טבעיהם ובשמות נתבאר הראוי להיות עזר לחבירו כלומר הראוים להוליד זה מזה ואפילו אם נאמין בשמות שהם בהסכמה לא טבעיות (מו »נ ב ל) נאמר שקריאת השמות היא הבדלת המינים כי עברו לפניו זכר ונקבה והתבונן בטבעם איזה מהם עזר לחבירו כלומר המוליד ממנו והודיע זה בשמות כי הבהמה הדקה קרא בשם אחר שכולן עזר זה לזה בתולדה שיולידו זה מזה והגסה בשם אחר והחיה בשם אחר שלא יולידו מין זה מזה וכן כולן ולא מצא בכולן שתהיה בטבעה עזר לו ותקרא בשמו כי קריאת השמות היא הבדלת המינים והפרד כחותם זה מזה כאשר פירשתי למעלה
e, secondo la mia conoscenza, il fatto di chiamare con il nome è questo: l’aiuto e il fatto che il Santo, benedetto sia, condusse tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo davanti ad Adamo e questi comprese la loro natura e li chiamò con dei nomi. Cioè con il nome adatto a loro corrispondente alla loro natura e dai nomi diventa chiaro quale sia l’aiuto adatto al proprio compagno, cioè adatto a poter generare una prole l’uno dall’altro. E anche se crediamo che i nomi siano [dati] per convenzione, non secondo la natura [dei diversi animali], si dice che il fatto di chiamare con dei nomi distingue le specie che gli sono passate davanti, maschio e femmina, e che egli ha considerato nella loro natura quale di essi fosse un aiuto per l’altro, cioè colui che può concepire dall’altro. Egli rese noto questo attraverso i nomi, poiché chiamò i branchi di piccoli animali con un nome, in modo che ciascuno di essi potesse essere di aiuto all’altro nella procreazione, in modo da concepire l’uno dall’altro, e chiamò i branchi di grossi animali con un altro nome e gli animali [selvaggi] con un altro, in modo che una specie non generasse l’altra, e così per tutte. E [Adamo] non trovò tra tutti loro nessuno che fosse nella sua natura un aiuto per lui che potesse chiamare con il suo nome, perché dare nomi è la divisione delle specie.
« ולאדם לא מצא עזר כנגדו » כלומר ולשם האדם לא מצא עזר שיהיה ראוי כנגדו ותקרא בשמו שיוליד ממנו
e per Adamo non trovò un aiuto come di fronte a lui «come a dire: e per il nome dell’uomo non trovò un aiuto che fosse adatto a lui e che fosse chiamato con il suo nome per generare da lui».
Ovadia Sforno (Cesena 1470- Bologna 1550) su Genesi 2, 19: il nome come forma degli esseri
לראות מה יקרא לו כדי שיראה ויתבונן איזה שם ראוי לכל א’ מהם כפי הפעולה המיוחדת לצורתו: נפש חיה הוא שמו הנה שמו הורה על צורת הבעלי חיים הנקרא בשם ההוא שהיא נפשו אשר בה הוא נמצא בפעל
Per vedere come lo avrebbe chiamato. Affinché vedesse e considerasse quale fosse il nome adatto a ciascuno di loro, secondo l’azione particolare [corrispondente] alla sua forma.
Âme vivante era il suo nome. Ecco il nome che informa sulla forma degli esseri dotati di vita che è così chiamata con questo nome, perché questa forma è l’anima attraverso la quale si trova in atto.
Kli Yakar, opera di Salomon Ephraim de Luntschitz (1550 Łęczyca, Polonia – 1619 Praga) su Genesi 2, 21: Dio edificò la costola
ומ״ש ויבן ה’ את הצלע. הזכיר לשון בנין להורות שאין צריך בזיווג זה כי אם לכדי שיהיה העולם בנוי ולא חרב כמ״ש (שם ל ג) ואבנה גם אנכי ממנה. שע״י הבנים נקרא האדם בנוי וכן בן נגזר מלשון בנין כמו שפירש״י לקמן ע״פ ויולד בן (שם ה כח)
A proposito di «E il Signore edificò la costola» [la radice banah significa edificare, costruire]. È necessario ricordare il significato di ciò che è edificato (binyan l’edificio) per mostrare che non c’è altra necessità di una coppia, se non quella di edificare il mondo e non lasciarlo in rovina, come è scritto (Genesi 30, 3): «E anch’io sarò edificata (‘ibbaneh, sarò costruita, cioè avrò un figlio, ben) da lei». Perché è attraverso i figli [in ebraico la parola figlio si dice ben e deriva anche dalla radice banah edificare] che l’uomo è chiamato edificato [banui], infatti la parola figlio (ben) è ricavata dal termine che designa ciò che è edificato, costruito, l’edificio (binyan), come spiega Rashi a proposito del versetto di Genesi 5, 28: «E generò un figlio (ben)».