Gregorio di Nissa su Genesi 1,1

Gregorio di Nissa (Neocesarea, oggi Niksar, tra il 331 e il 341 – 394), come suo fratello Basilio di Cesarea, scrisse un commento sull’opera dei sei giorni della creazione. Insieme al loro amico, il vescovo Gregorio di Nazianzo, i tre padri della Cappadocia hanno svolto un ruolo fondamentale nella formulazione della fede cristiana riassunta nel Concilio di Costantinopoli (maggio-luglio 381). Gregorio di Nissa ha scritto numerosi commenti biblici e libri di spiritualità, tra cui “Sulla creazione dell’uomo”, “Sulla vita di Mosè” e “Sul Cantico dei Cantici”. 

Per un’introduzione ai commenti su Genesi 1, 1, vedere la pagina Genesi 1,1 Nella mente di Dio – Bereshit

Per il lessico greco (arkhế, lógos, génesis) vedi: Lessico dei commenti alla Genesi 1, 1

Spiegazione apologetica sull’Hexaemeron

APOLOGETIKON IN HEXAEMERON, in J.-P. Migne, Patrologiae Cursus Completus, series graeca, Volume 44, p.62-124

Testo greco: Migne, p.69-70

Πάντα δὲ δυνάμενος, ὁμοῦ τὰ πάντα δι’ ὧν ἡ ὕλη συνίσταται τῷ σοφῷ τε καὶ δυνατῷ θελήματι κατεβάλετο πρὸς τὴν ἀπεργασίαν τῶν ὄντων, τὸ κοῦφον, τὸ βαρὺ, τὸ ναστὸν, τὸ ἀραιὸν, τὸ μαλακὸν, τὸ ἀντίτυπον, τὸ ὑγρὸν, (40) τὸ ξηρὸν, τὸ ψυχρὸν, τὸ θερμὸν, τὸ χρῶμα, τὸ σχῆμα, τὴν περιγραφὴν, τὸ διάστημα·

Essendo capace di tutte le cose, allo stesso tempo (ὁμοῦ) tutte le cose di cui è composta la materia sono state poste come fondamento per la produzione degli esseri da una volontà che conosce (σοφῷ) ed è potente: il leggero, il pesante, il denso, il sottile, il molle, il duro, il bagnato, il secco, il freddo, il caldo, il colore, la figura, il contorno, l’intervallo;

ἃ πάντα μὲν καθ’ ἑαυτὰ ἔννοιαί ἐστι καὶ ψιλὰ νοήματα. Οὐ γάρ τι τούτων ἐφ’ἑαυτοῦ ὕλη ἐστὶν, ἀλλὰ συνδραμόντα πρὸς ἄλληλα, ὕλη γίνεται.

Tutti questi, presi singolarmente, sono concetti e pure riflessioni. Infatti, nessuno di essi è in sé materia, ma contribuisce con gli altri alla generazione della materia.

Εἰ οὖν τῷ ὑπερέχοντι τῆς σοφίας καὶ (45) τῆς δυνάμεως, καὶ πάντα οἶδε καὶ πάντα δύναται, τάχα πως προσεγγίζομεν τῇ ὑψηλῇ τοῦ Μωϋσέως φωνῇ, ὅς φησιν· Ἐν κεφαλαίῳ (τοῦτο γὰρ ἀντὶ τῆς ἀρχῆς Ἀκύλας ἐκδέδωκε) πεποιῆσθαι παρὰ τοῦ Θεοῦ τὸν οὐρανὸν καὶ τὴν γῆν.

Che ciò sia, dunque, da colui che possiede al massimo grado la sapienza (σοφία) e la potenza e che vede e può tutte le cose, noi lo avviciniamo quasi in un certo modo con la voce elevata di Mosè, che dice: «In ciò che è in testa» (Ἐν κεφαλαίῳ) sono stati fatti da Dio il cielo e la terra ([Ἐν κεφαλαίῳ] è così che [il traduttore] Aquila ha reso [l’espressione originale «bereshit»] invece di ἐν arkhé).

Qui inizia la discussione di Gregorio di Nissa sulla traduzione della prima parola del libro della Genesi. Si tratta della parola ebraica bereshit, che è stata tradotta nell’antica versione greca della Bibbia, chiamata Septuaginta, con la parola arkhé. Questa parola può indicare l’inizio di una cosa, questo inizio può essere inteso sia come il principio che sta all’origine di una cosa, il principio che ne è la causa, sia come l’inizio nel tempo o nello spazio, come l’inizio di una linea o di una costruzione. Già Basilio aveva ricordato i diversi significati, in cui si ritrovano anche le distinzioni apportate da Aristotele. Sono molto numerose anche le interpretazioni ebraiche di questa prima parola della Genesi.

Gregorio di Nissa vuole rendere conto di queste diverse interpretazioni e fa riferimento anche alla traduzione greca di Aquila dal testo ebraico negli anni 130 dopo Cristo. Ora, Aquila, desideroso di rimanere fedele al testo ebraico, aveva riconosciuto nella parola ebraica bereshit la presenza della radice rosh (רֹאש) che significa testa e aveva quindi tradotto questa parola letteralmente con ἐν κεφαλαίῳ. Kephalaios è un aggettivo formato dalla parola greca kephalē (testa) e significa quindi relativo alla testa. Ora, l’espressione ἐν κεφαλαίῳ significa anche, come spiega Gregorio di Nissa, mettere tutto sotto la stessa testa (di capitolo), comprendere tutto, riassumere, abbracciare in un unico pensiero. Quindi, vedremo in seguito che interpreterà kephalaios con ciò che abbraccia l’insieme delle cose e arkhé con ciò che è all’inizio, entrambi indicanti una simultaneità della creazione nello spazio, in tutta la sua estensione, che comprende tutto ciò che esiste nel cielo e sulla terra, tutto l’universo visibile e invisibile e nel tempo, poiché in un solo istante tutto è creato e l’istante non si colloca nel tempo, poiché all’inizio non c’è ancora intervallo di tempo.

Ἐπειδὴ γὰρ εἰσαγωγικὸν (50) πρὸς θεογνωσίαν τὸ τῆς γενέσεως βιβλίον ὁ προφήτης πεποίηται, καὶ σκοπός ἐστι τῷ Μωϋσῇ, τοὺς τῇ αἰσθήσει δεδουλωμένους χειραγωγῆσαι διὰ τῶν φαινομένων πρὸς τὰ ὑπερκείμενα τῆς αἰσθητικῆς καταλήψεως οὐρανῷ δὲ καὶ τῇ γῇ ὁρίζεται ἡμῖν ἡ διὰ τῆς ὄψεως γνῶσις·

Poiché, infatti, il profeta è colui che compone il libro per condurre alla conoscenza di Dio, lo scopo di Mosè è che la conoscenza [ottenuta] attraverso la vista conduca coloro che sono imprigionati nella percezione sensibile attraverso le cose apparenti a ciò che supera la comprensione sensibile delimitata per noi dal cielo e dalla terra:

(55) διὰ τοῦτο ὡς περιεκτικὰ τῶν ὄντων τὰ ἔσχατα τῶν διὰ τῆς αἰσθήσεως ἡμῖν γινωσκομένων ὁ λόγος ὠνόμασεν, ἵνα διὰ τοῦ τὰ περιέχοντα εἰπεῖν παρὰ Θεοῦ γεγενῆσθαι, συμπεριλάβῃ πᾶν τὸ ἐντὸς τῶν ἄκρων (p.72 Migne) περιεχόμενον, καὶ ἀντὶ τοῦ εἰπεῖν ὅτι ἀθρόως πάντα τὰ ὄντα ὁ Θεὸς ἐποίησεν, εἶπεν ἐν κεφαλαίῳ, ἤτοι ἐν ἀρχῇ πεποιηκέναι τὸν Θεὸν τὸν οὐρανὸν καὶ τὴν γῆν.

per questo, poiché il lógos ha nominato le estremità che comprendono gli esseri a noi noti attraverso i sensi, per dire con ciò che ciò che è contenuto [in questo] è stato generato da Dio e che questo comprende tutto ciò che è contenuto all’interno di questi estremità, e invece di dire che Dio ha creato tutto insieme (ἀθρόως), ha detto che Dio ha creato il cielo e la terra ἐν κεφαλαίῳ «in ciò che è in testa», oppure ἐν ἀρχῇ «all’inizio».

Gregorio di Nissa precisa qui l’espressione ἐν κεφαλαίῳ specificando che Dio ha creato ἀθρόως (athróōs), in un’unica massa, insieme, tutti gli esseri. Va segnalato anche il lungo e numeroso commento dei Padri della Chiesa su «il cielo e la terra», in cui spesso si sono viste le realtà visibili, terrene, e le realtà invisibili, celesti. Qui Gregorio precisa che si tratta della creazione di tutti gli esseri (πάντα τὰ ὄντα).

Migne, p.71-72

Μία δὲ τῶν δύο φωνῶν ἡ σημασία, τῆς τε ἀρχῆς καὶ τοῦ κεφαλαίου. Δηλοῦται γὰρ ἐπίσης δι’ ἑκατέρων τὸ (5) ἀθρόον· ἐν μὲν γὰρ τῷ κεφαλαίῳ, τὸ συλλήβδην τὰ πάντα γεγενῆσθαι περιίστησι, διὰ δὲ τῆς ἀρχῆς δηλοῦται τὸ ἀκαρές τε καὶ ἀδιάστατον.

Uno solo è il significato delle due parole, quello di arkhé e di kephalaion. Infatti, ciascuna delle due indica il fatto di essere tutto insieme (τὸ ἀθρόον tutto insieme, allo stesso tempo): da un lato, infatti, ἐν κεφαλαίῳ («in ciò che è in testa») stabilisce che tutte le cose sono state generate insieme [nella loro massa] e da ἐν arkhé, all’inizio, si mostra che ciò [avviene] in un istante e senza intervalli [di tempo].

Si potrebbe citare qui l’altra distinzione tradizionale che parla di una creazione nel lógos, attraverso il lógos nel senso di una creazione che avviene in Dio (si potrebbe quasi dire nella testa di Dio), quando Egli prevede, concepisce il mondo nella sua visione fuori dal tempo, eterna. Agostino parlerà poi di una seconda creazione quando le cose create inizieranno ad esistere nel tempo e nello spazio. Già Origene aveva introdotto l’idea di una creazione di ordine causale nel lógos, al di fuori del tempo e prima di lui, Filone di Alessandria. Si potrebbe quindi interpretare anche in questo modo la parola ebraica bereshit, o la sua traduzione greca en kaphalaiōi: nella testa, nell’arkhé, nella sua saggezza, attraverso il suo lógos.

Ἡ γὰρ ἀρχὴ παντὸς διαστηματικοῦ νοήματος ἀλλοτρίως ἔχει. Ὡς τὸ σημεῖον ἀρχὴ τῆς γραμμῆς, καὶ τοῦ (10) ὄγκου τὸ ἄτομον, οὕτως καὶ τὸ ἀκαρὲς τοῦ χρονικοῦ διαστήματος.

Infatti, l’inizio (arkhé) non è compatibile con tutto ciò che comporta intervalli [di tempo]. Come il punto è l’inizio di una linea e l’atomo di una massa, così l’istante lo è dell’intervallo temporale.

Ἡ οὖν ἀθρόα τῶν ὄντων παρὰ ἦς ἀφράστου δυνάμεως τοῦ Θεοῦ καταβολὴ, ἀρχὴ παρὰ τοῦ Μωϋσέως, ἤτουν κεφάλαιον κατωνομάσθη, ἐν ᾗ τὸ πᾶν συστῆναι λέγεται.

La creazione improvvisa (ἀθρόα) degli esseri da parte dell’ineffabile potenza di Dio è stata chiamata arkhé[principio o inizio] da Mosè, o anche kephalaion, in quanto si dice che tutto è prodotto insieme .

Τὰ μὲν ἄκρα τῶν ὄντων (15) εἰπών· τὰ δὲ μέσα κατὰ τὸ σιωπώμενον τοῖς ἄκροις συνενδειξάμενος.

Nominando gli esseri che si trovano alle estremità, egli ha indicato con queste estremità quelli che si trovano nel mezzo, pur tacendo su di essi.

Ἄκρα δέ φημι, διὰ τὴν ἀνθρωπίνην αἴσθησιν, ἢ οὔτε εἰς τὰ ὑπὸ γῆν διαδύεται, οὔτε τὸν οὐρανὸν διαβαίνει.

Chiamo estremità quelli che sono percepibili dai sensi umani, che non sono né nascosti sotto terra, né superano i cieli.

Οὐκοῦν τοῦτο νοεῖν, ἡ ἀρχὴ τῆς κοσμογονίας ὑποτίθεται, ὅτι πάντων τῶν ὄντων (20) τὰς ἀφορμὰς καὶ τὰς αἰτίας, καὶ τὰς δυνάμεις, συλλήβδην ὁ Θεὸς ἐν ἀκαρεῖ κατεβάλλετο, καὶ ἐν τῇ πρώτῃ τοῦ θελήματος ὁρμῇ, ἡ ἑκάστου τῶν ὄντων οὐσία συνέδραμεν, οὐρανὸς, αἰθὴρ, ἀστέρες, πῦρ, ἀὴρ, θάλασσα, γῆ, ζῶον, φυτά·

Bisogna quindi comprendere così ciò che è posto come arkhé [principio, inizio] della cosmogonia, il fatto che le origini, le cause e le potenze di tutti gli esseri, Dio le ha poste come fondamenti tutti insieme (συλλήβδην, in una sola volta) in un istante (ἐν ἀκαρεῖ) e nel primo movimento della volontà, l’essenza (οὐσία) di ciascuno degli esseri era riunita, cielo, etere, astri, fuoco, aria, mare, terra, animali, piante;

Da notare qui l’uso della parola ousia, sostantivo astratto che può indicare, secondo le interpretazioni: il fatto di essere, un essere, l’essenza, una sostanza. Qui, in questo contesto, Gregorio di Nissa sembrerebbe attribuire all’ousia un significato che sembra essere causale, la ragione d’essere di qualcosa o ciò che determina qualcosa ad essere ciò che è. L’essere della cosa come concepita da Dio e che determina la cosa ad essere ciò che è. Questa distinzione tra la creazione così come è stata concepita da Dio e l’apparizione materiale della cosa creata nello spazio e nel tempo, non presuppone un intervallo di tempo tra le due, tra il momento in cui Dio concepisce nella sua saggezza e il momento in cui la creazione riceve un’esistenza, nella materia, nel tempo e nello spazio. Tutto avviene simultaneamente, la distinzione è di ordine causale. Questo tema evolve dall’esegesi dell’ebreo alessandrino Filone, a Origene, Basilio, Gregorio di Nissa, Ambrogio, Agostino. A seconda degli autori, si presterà maggiore o minore attenzione a distinguere questo concetto dalla teoria platonica delle idee, che avrebbero un’esistenza eterna, separata dalla materia. Gli autori ebrei e cristiani avranno a cuore di ricondurre all’atto creatore di Dio, all’opera del lógos, il modello secondo il quale ogni cosa è generata, viene all’esistenza. È Dio che concepisce ogni cosa e, concependola, la genera. È il lógos divino, principio (arkhế) e origine di ogni cosa: in lui si trovano i lógoi spermatikoi o, come dice Gregorio più avanti (Migne p.77D), la spermatikế dynamis, la potenza che contiene i semi da cui ogni cosa è generata. (Γέγραπται γὰρ, ὅτι «Ἡ δὲ γῆ ἦν ἀόρατος καὶ ἀκατασκεύαστος· «ὡς ἐκ τούτου δῆλον εἶναι, ὅτι τῇ μὲν δυνάμει τὰ πάντα ἦν ἐν πρώτῃ τοῦ Θεοῦ περὶ τὴν κτίσιν ὁρμῇ, οἱονεὶ σπερματικῆς τινος δυνάμεως πρὸς τὴν τοῦ παντὸς γένεσιν καταβληθείσης, (55) ἐνεργεία δὲ τὰ καθ’ ἕκαστον οὔπω ἦν. Infatti, è scritto (Genesi 1, 2) che: «la terra era invisibile e non ancora preparata». Come risulta da ciò, nel primo impulso di Dio riguardo alla creazione ogni cosa era in potenza, come se una certa potenza spermatica fosse stata diffusa per la genesi del tutto, ma l’atto proprio di ciascuno non era ancora.

ἃ τῷ μὲν θείῳ (25) ὀφθαλμῷ πάντα καθεωρᾶτο, τῷ τῆς δυνάμεως λόγῳ δεικνύμενα, τῷ, καθώς φησιν ἡ προφητεία, «εἰδότι πάντα πρὸ τῆς γενέσεως αὐτῶν.»

tutto ciò che è contemplato dall’occhio divino, ciò che è designato dal lógos della potenza [divina], per mezzo del quale, secondo quanto dicono le parole profetiche: « egli vede tutte le cose prima della loro genesi » (Daniele 13, 42).

Τῇ δὲ συγκαταβληθείσῃ δυνάμει τε καὶ σοφίᾳ πρὸς τὴν τελείωσιν ἑκάστου τῶν μορίων τοῦ κόσμου, εἱρμός τις ἀναγκαῖος (30) κατά τινα τάξιν ἐπηκολούθησεν, ὥστε τὸ πῦρ προλαβεῖν μὲν καὶ προεκφανῆναι τῶν ἄλλων τῶν ἐν τῷ παντὶ θεωρουμένων, καὶ οὕτω μετ’ ἐκεῖνο, τὸ ἀναγκαίως τῷ προλαβόντι ἑπόμενον, καὶ ἐπὶ τούτῳ τρίτον, ὡς ἡ τεχνικὴ συνηνάγκαζε φύσις·

Per mezzo della potenza e della sapienza (σοφία) che contribuiscono alla perfezione di ciascuna delle parti del cosmo, una certa sequenza necessaria segue un certo ordine, come nel caso del fuoco che precede e appare prima di tutti gli altri che sono contemplati nel tutto, e così dopo quello che segue il precedente e poi, al di sopra di quello, un terzo secondo quanto richiede la natura ingegnosa.

τέταρτόν τε (35) καὶ πέμπτον, καὶ τὰ λοιπὰ τῆς κατὰ τὸ ἐφεξῆς ἀκολουθίας, οὐκ αὐτομάτῳ τινὶ συντυχίᾳ, κατὰ τινὰ ἄτακτον καὶ τυχαίαν φορὰν, οὕτως ἀναφαινόμενα.

Poi un quarto e un quinto e il resto si ripete così secondo la successione, uno dopo l’altro, non per caso, secondo un movimento disordinato e casuale.

Ἀλλ’ ὡς ἡ ἀναγκαία τῆς φύσεως τάξις ἐπιζητεῖ τὸ ἐν τοῖς γινομένοις ἀκόλουθον, οὕτως ἕκαστα γεγενῆσθαί (40) φησιν ἐν διηγήσεως εἴδει περὶ τῶν φυσικῶν δογμάτων φιλοσοφήσας.

Ma poiché l’ordine necessario della natura ricerca la successione di ciò che è generato, così sotto forma di narrazione egli racconta che ogni cosa è stata generata e ricerca la conoscenza delle leggi della natura.

Ἀλλ’ ὡς ἡ ἀναγκαία τῆς φύσεως τάξις ἐπιζητεῖ τὸ ἐν τοῖς γινομένοις ἀκόλουθον, οὕτως ἕκαστα γεγενῆσθαί (40) φησιν ἐν διηγήσεως εἴδει περὶ τῶν φυσικῶν δογμάτων φιλοσοφήσας.

E alcune parole di Dio sono comandi che prescrivono a ogni generato di agire secondo il bene e in modo conforme a Dio. Tutto, infatti, è generato (γινόμενον) secondo un certo ordine e sapere di Dio che corrisponde a una certa parola.

Διότι Θεοῦ μὲν οὐσίαν ἥτις ἐστὶν, οὐ γινώσκομεν· τὴν δὲ αὐτοσοφίαν καὶ τὴν αὐτοδύναμιν ἐν νῷ λαβόντες, τὸν (45) Θεὸν ἀνειληφέναι τῇ διανοίᾳ πιστεύομεν.

Poiché non conosciamo l’essere (οὐσία) di Dio, concependo nel pensiero la nostra conoscenza e la nostra potenza, confidiamo nella riflessione per comprendere Dio.

Τούτου χάριν ὅτε τὸ ὅλον ἐγένετο, πρὶν ἕκαστον τῶν συμπληρούντων τὸ ὅλον ἐφ’ ἑαυτοῦ δειχθῆναι, ζόφος τῷ παντὶ ἐπεκέχυτο· οὔπω γὰρ ἐξεφάνη τοῦ πυρὸς ἡ αὐγὴ ὑποκεκρυμμένη τοῖς μορίοις τῆς ὕλης καθάπερ καὶ (50) αἱ ψηφῖδες ἀφανεῖς ἐν τῷ σκότει μένουσιν, εἰ καὶ φυσικῶς ἐν ἑαυταῖς τὴν φωτιστικὴν ἔχουσι δύναμιν, διὰ τῆς πρὸς ἀλλήλας συμπτώσεως τὸ πῦρ ἀποτίκτουσαι, τοῦ δὲ σπινθῆρος ἐξ αὐτῶν ἀναφανέντος, κἀκεῖναι τῇ λαμπηδόνι τούτου συνανεφάνησαν·

Grazie a ciò, quando tutto fu generato, prima che ogni elemento che compone il tutto fosse designato in sé stesso, l’oscurità era diffusa su tutto; infatti, lo splendore del fuoco, nascosto sotto le parti della materia, non era ancora stato liberato, come le pietre preziose rimangono invisibili nelle tenebre; se fisicamente si trovava in esse una potenza luminosa attraverso la quale sarebbe stato prodotto il fuoco scontrandole l’una contro l’altra, una scintilla apparsa da esse avrebbe lasciato apparire allo stesso tempo lo splendore di esso [il fuoco].

(55) οὕτως ἀόρατά τε καὶ ἀφανῆ τὰ πάντα ἦν, πρὶν τὴν φωτιστικὴν οὐσίαν εἰς τὸ ἐκφανὲς προελθεῖν. Ἄρτι γὰρ ἀθρόως ἐν τῇ μιᾷ ῥοπῇ τοῦ θείου θελήματος [p.73 Migne] ἀδιακρίτως τοῦ παντὸς ὑποστάντος, καὶ τῶν στοιχείων πάντων ἐν ἀλλήλοις πεφυρμένων, τὸ πανταχοῦ κατεσπαρμένον πῦρ ἐπεσκοτεῖτο, τῷ πλεονάζοντι τῆς ὕλης ἐπιπροσθούμενον.

Così tutto era invisibile e non apparente, prima che l’essere (ousia) che illumina avanzasse verso il visibile. Infatti, è proprio in un unico istante (Ἄρτι ἀθρόως), nella decisione della volontà divina, quando tutto era ancora indistinto, tutti gli elementi erano mescolati tra loro, che il fuoco disseminato ovunque era nell’oscurità, occultato dalla materia che riempiva tutto.

Migne, p.73-74

Ἐπεὶ δὲ ὀξεῖά τίς ἐστιν ἡ δύναμις αὐτοῦ καὶ εὐκίνητος, ὁμοῦ τὸ δοθῆναι τῇ (5) φύσει τῶν ὄντων πρὸς τὴν τοῦ κόσμου γένεσιν παρὰ τοῦ Θεοῦ τὸ ἐνδόσιμον, πάσης τῆς βαρυτέρας φύσεως προεξέθορε, καὶ εὐθὺς τῷ φωτὶ τὰ πάντα περιηυγάζετο.

Poiché il suo potere [del fuoco] ha una certa rapidità e facilità di movimento, gli è stato affidato da Dio il compito di dare simultaneamente alla natura degli esseri l’impulso iniziale per la genesi del cosmo, ha preceduto tutto ciò che ha una natura più pesante e ha immediatamente illuminato ogni cosa intorno con [la sua] luce.

Ὃ δὲ κατὰ τὸν τῆς σοφίας λόγον, τῇ δυνάμει τοῦ πεποιηκότος ἐγένετο, ὡς λόγος Θεοῦ (10) προστακτικὸς, παρὰ τοῦ Μωϋσέως ἐμνημονεύθη, τὸ, «Εἶπεν ὁ Θεὸς, Γενηθήτω φῶς, καὶ ἐγένετο φῶς.» Ἐπὶ γὰρ τοῦ Θεοῦ, κατά γε τὴν ἡμετέραν ὑπόληψιν, τὸ ἔργον λόγος ἐστί.

Ciò che è stato generato (ἐγένετο, è venuto ad essere) secondo il lógos della sapienza (σοφία), per mezzo della potenza di colui che ha fatto (πεποιηκότος), in quanto logós che dà un ordine (προστακτικὸς), è stato ricordato da Mosè: «Dio disse: sia generata la luce e la luce fu generata». Riguardo a Dio, secondo la nostra comprensione, l’opera è lógos (parola).

La parola lógos deriva dalla radice leg/log che originariamente significava raccogliere, cogliere, scegliere e poi ha assunto il significato di raccontare, parlare. Così, all’idea di pronunciare una parola è associato il fatto che questa parola manifesta una certa scelta, un’enumerazione che è il risultato di un processo che ha raccolto, scelto, riunito, un elenco di cose. Questa parola è quindi l’espressione di un’operazione, di una certa ragione e logica. Ciò che è logico, quindi relativo al lógos, è allo stesso tempo un’affermazione e un’affermazione conforme alla ragione. È così che nella filosofia greca e in altri Padri della Chiesa si è potuto parlare di spermatikoi logoi, cioè ciò che esprime la ragione d’essere di una cosa, ciò che la determina ad essere ciò che è e ne costituisce quindi l’origine e la causa. La parola lógos è quindi espressione della σοφία, della sapienza, della saggezza.

La parola genesis, genesi, deriva dalla radice gen che ritroviamo nelle parole francesi générer, gène, engendrer. La parola ἐγένετο egéneto è l’aoristo 2 medio-passivo del verbo gignomai, formato sulla radice gen, con il significato di venire all’essere, nascere, essere generato, diventare. Da qui la traduzione di egéneto, etimologicamente vicino alla radice gen, con «fu generato» nel senso di venne ad essere, avvenne, fu. Questo verbo può anche essere tradotto semplicemente con il verbo essere.

Διότι πᾶν τὸ γινόμενον, λόγῳ γίνεται· καὶ ἄλογόν τι καὶ συντυχικὸν καὶ αὐτόματον ἐν τοῖς (15) θεόθεν ὑφεστῶσι νοεῖται οὐδέν. Ἀλλὰ χρὴ ἑκάστῳ τῶν ὄντων καὶ λόγον τινὰ σοφόν τε καὶ τεχνικὸν ἐγκεῖσθαι πιστεύειν, κἂν κρεῖττον ᾖ τῆς ἡμετέρας ὄψεως.

Poiché tutto ciò che è generato (γινόμενον) viene ad essere attraverso il lógos, non si deve concepire nulla di irrazionale, disordinato o casuale in ciò che proviene da Dio. Ma bisogna anche credere che in ciascuno degli esseri esiste un certo lógos [nel senso anche di una certa razionalità] sapiente e abile [letteralmente τεχνικὸν che sa fare con arte] e che questo supera (κρεῖττον è superiore) ciò che possiamo vedere con i nostri occhi (ὄψις).

Poiché il lógos è anche ciò che esprime la saggezza, la conoscenza, la ragione, l’ordine con cui Dio conduce il mondo ad essere, è naturale, secondo Gregorio di Nissa, che in tutto ciò che esiste si trovi una traccia di questa ragione e di questo ordine, che tutto sia ordinato da questo lógos e che quindi le caratteristiche del lógos si ritrovino nelle sue opere.

Τί οὖν εἶπεν ὁ Θεὸς, ἐπειδὴ λόγου παραστατική ἐστιν ἡ τοιαύτη φωνὴ, θεοπρεπῶς, ὡς οἶμαι, (20) νοήσομεν εἰς τὸν ἐγκείμενον τῆς κτίσεως λόγον τὸ ῥητὸν ἀναφέροντες. Οὕτω γὰρ καὶ ὁ μέγας Δαβὶδ τὰς τοιαύτας φωνὰς ἡμῖν ἐξηγήσατο εἰπών· «Πάντα ἐν σοφίᾳ ἐποίησας.»

Quindi, cosa dice Dio, nel momento in cui questa stessa frase è quella che esprime (παραστατική) il lógos? Secondo me, arriveremo a una comprensione degna di Dio, riferendo questo lógos che si trova nella creazione a questa affermazione. Così, infatti, anche il grande Davide ci spiega queste parole, dicendo: «Tu hai fatto tutto nella sapienza (ἐν σοφίᾳ)» (Salmo 103,24).

Gregorio di Nissa parla qui di un lógos, di una parola creatrice, ragione e origine di ogni essere che si trova in ogni essere. È questo lógos che assicura l’ordine e la sussistenza della creazione e delle creature, è questo lógos che è sempre all’opera. Egli ordina con la sua sapienza (è σοφόν) e dispone con arte (è τεχνικὸν). Il termine ebraico utilizzato nel Salmo 103, 24 è חָכְמָה (ḫokma), generalmente tradotto in greco con σοφία sophía. È chiamato σοφός sophós l’artigiano che sa fare perché conosce, ha esperienza ed è quindi abile. Attribuito a Dio, in latino, il termine sophía è tradotto con « sapientia » perché Dio conosce. In Gregorio, l’ousia di ogni essere sembra essere l’espressione di questo lógos, il legame che ricollega l’essere alla sua origine e determina il suo essere rendendolo ciò che è, questo essere particolare e non un altro, conferendogli le sue caratteristiche particolari.

Τὰ γὰρ προστακτικὰ τῆς τῶν ὄντων κτίσεως ῥήματα, ἃ παρὰ τοῦ Μωϋσέως ἐκ τῆς (25) θείας φωνῆς ἀναγέγραπται, ταῦτα ὁ Δαβὶδ τὴν ἐνθεωρουμένην τοῖς γεγονόσι σοφίαν ὠνόμασεν. Ὅθεν καὶ διηγεῖσθαι λέγει τοὺς οὐρανοὺς δόξαν Θεοῦ, δηλαδὴ τῆς ἐμφαινομένης αὐτοῖς τεχνικῆς θεωρίας διὰ τῆς ἐναρμονίου περιφορᾶς, ἀντὶ λόγου γινομένης τοῖς (30) ἐπιστήμοσιν.

Le frasi che danno l’ordine (προστακτικὰ) della creazione degli esseri, quelle delle parole divine che sono state messe per iscritto da Mosè, Davide le chiama la saggezza contemplata nei generati. Per questo egli dice che i cieli narrano la gloria di Dio (Salmo 18,2), evidentemente la contemplazione dell’arte che appare in essi attraverso il loro armonioso movimento circolare, per i sapienti è equivalente al lógos (ἀντὶ λόγου).

Εἰπὼν γὰρ διηγεῖσθαι τοὺς οὐρανοὺς, καὶ ἀναγγέλλειν τὸ στερέωμα, διορθοῦται τοὺς παχύτερον τῶν λεγομένων ἀκούοντας· καὶ ἴσως καὶ φωνῆς ἦχον καὶ λόγον ἔναρθρον ἐκ τῆς τῶν οὐρανῶν διηγήσεως προσδεχομένους, ἐν οἷς φησιν. ὅτι Οὐκ εἰσὶ λαλιαὶ, (35) οὐδὲ λόγοι ὧν οὐχὶ ἀκούονται αἱ φωναὶ αὐτῶν, ἵνα δείξῃ ὅτι ἡ ἐν τῇ κτίσει θεωρουμένη σοφία, λόγος ἐστὶ, κἂν μὴ ἔναρθρος ᾗ.

Infatti, dicendo che i cieli raccontano e il firmamento annuncia, egli corregge coloro che interpretano in modo grossolano ciò che viene detto e che, forse, dalla narrazione dei cieli si aspettano il suono di una voce e una parola articolata. In essi [nei cieli], egli dice, non vi è discorso né parole con cui si possano udire le loro parole, per mostrare che la saggezza contemplata nella creazione è un lógos, anche se non articolato.

Καὶ πάλιν τοῦ Μωϋσέως διεξοδικάς τινας τοῦ Θεοῦ φωνὰς πρὸς αὐτὸν γεγενῆσθαι εἰπόντος ἐν τῇ θαυματοποιίᾳ τῶν ἐν (40) Αἰγύπτῳ σημείων, ὑψηλότερον ἢ κατὰ τὴν τῶν πολλῶν ὑπόληψιν ὁ Ψαλμῳδὸς ἐξηγήσατο εἰπὼν, «Ἔθετο ἐν αὐτοῖς τοὺς λόγους τῶν σημείων αὐτοῦ, καὶ τῶν τεράτων αὐτοῦ ἐν γῇ Χάμ.»

Ancora una volta, parlando di Mosè e dicendo che alcune ampie frasi di Dio sono state generate in lui nei segni degli eventi prodigiosi in Egitto, il salmista dà una spiegazione più elevata rispetto alle supposizioni di molti, dicendo: «Egli ha messo in loro i logoi dei suoi segni e dei suoi prodigi nella terra di Cam» (Salmo 104, 27).

Τῷ γὰρ λόγῳ τινὶ τὴν ἀπεργαστικὴν ἑκάστου τῶν γινομένων δύναμιν εἰς (45) ἐνέργειαν ἄγεσθαι, σαφῶς διὰ τῆς φωνῆς ταύτης ὁ Ψαλμῳδὸς ὑπῃνίξατο, ὡς οὐκ ἐν ῥήμασιν ὄντος τοῦ λόγου, ἀλλὰ τῆς εἰς τὰ σημεῖα δυνάμεως, οὕτως ὠνομασμένης.

Infatti, attraverso un certo lógos, il potere di produrre ciascuno degli esseri generati è stato portato all’atto, e il salmista ha saggiamente alluso con questa frase al fatto che il lógos non è in ciò che è detto, ma che il potere [concesso] ai segni è stato chiamato così.

Questo tema è molto importante per Gregorio e per i padri greci che seguono Dionigi l’Areopagita: tutto ci parla di Dio, nell’ordine della sua creazione tutto è segno della potenza di Dio, del suo lógos che conferisce a ogni essere le sue caratteristiche e il suo essere, questo lógos è anche ragione e origine di tutto. Questo logos si è incarnato, si è fatto carne e abita tra gli uomini, ordina tutto, si riflette in tutte le sue opere che ne raccontano la saggezza, che ne sono un riflesso. Le opere, le creature ci conducono a Dio, ci parlano di lui, che le ordina con saggezza. Ritroveremo questo tema che attraversa tutta la Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, anche in sant’Agostino.

Οὐκοῦν καὶ ἐνταῦθα προέδραμε μὲν καὶ (50) ἀπεκρίθη τῶν ὄντων ἐν τῷ ταχεῖ τε καὶ εὐκινήτῳ τῆς φύσεως ἡ φωτιστικὴ δύναμις, ἑαυτὴν τῶν ἑτεροφυῶν ἀποκρίνουσα, καὶ τὸ περιλαμφθὲν ἅπαν διὰ τῆς ἀπαυγαστικῆς αὐτοῦ δυνάμεως κατεφωτίσθη.

Così, dunque, la potenza luminosa fu al primo posto e si distinse dagli esseri per velocità e facilità di movimento, separandosi dalle altre nature, abbracciò e illuminò tutto con la sua potenza splendente. 

ᾯ δὲ λόγῳ ταῦτα ἐνεργεῖ τοῦ πυρὸς ἡ οὐσία, μόνου Θεοῦ (55) ἐστιν εἰπεῖν, τοῦ ἐναποθεμένου τὸν φωτιστικὸν λόγον τῇ φύσει· καὶ τοῦτο διὰ τῆς ἰδίας γραφῆς καὶ [Migne p.76] ὁ μέγας μαρτύρεται Μωϋσῆς, in cui dice: «E Dio disse: “Sia la luce”». τοῦτο διὰ τῶν εἰρημένων, ὡς οἶμαι, διδοὺς, ὅτι θεῖος λόγος ἐστὶ τὸ τοῦ φωτὸς ἔργον πᾶσαν ἔννοιαν παριὼν ἀνθρωπίνην.

L’essere (ousia) del fuoco compie attraverso il lógos cose che solo Dio può dire, lui che ha depositato nella natura un lógos capace di illuminare: e questo è ciò che attesta la stessa scrittura del grande Mosè quando dice: «E Dio disse: “Che sia generata la luce”. » Questo mi fa credere, attraverso quanto detto, che il lógos divino è l’azione della luce che supera ogni pensiero umano.

Ἡμεῖς μὲν γὰρ πρὸς μόνον τὸ γινόμενον βλέπομεν, (5) καὶ τῇ αἰσθήσει τὸ θαῦμα δεχόμεθα. Ποῦ δὲ τὸ πῦρ διαιτώμενον ἀθρόως ἀπογεννᾶται· εἰ ἐκ τῆς συμπτώσεως τῶν ψηφίδων ἀναπαλλόμενον, ἐκ τίνων· ἢ ἐκ τίνος ἄλλης πρὸς ἑαυτὴν τριβείσης· καὶ τίς ἡ δύναμις, ἡ τὸ μὲν περιδραχθὲν ὑπ’ αὐτοῦ διεσθίουσα, τὸν (10) δὲ ἀέρα τῇ φλογὶ καταυγάζουσα, οὔτε ἰδεῖν δυνάμεθα, οὔτε ἔννοιάν τινα περὶ τούτου λαβεῖν·

Noi guardiamo solo ciò che viene generato e riceviamo attraverso la percezione lo stupore. Dove si trova, il fuoco si genera all’improvviso: che sorga dallo scontro delle pietre per alcuni o dal contatto con un altro [fuoco]: è una certa forza, per mezzo della quale viene divorato ciò che è intorno, [come] l’aria è illuminata dalla fiamma, non possiamo né comprendere, né farci un’idea di ciò:

ἀλλ’ ἐν μόνῳ τῷ Θεῷ τὸν λόγον τῆς παραδόξου ταύτης θαυματοποιίας ἀποκεῖσθαί φαμεν, τῷ ποιήσαντι κατὰ τὸν ἄῤῥητον τῆς δυνάμεως λόγον, γεννηθῆναι τῷ πυρὶ (15) τὸ φῶς. Καθὼς ὁ Μωϋσῆς ἐν τῷ ἰδίῳ λόγῳ μαρτύρεται, ὅτι «Καὶ εἶπεν ὁ Θεὸς, Γενηθήτω φῶς, καὶ ἐγένετο φῶς· καὶ εἶδεν ὁ Θεὸς τὸ φῶς ὅτι καλόν.»

ma noi diciamo che il lógos [anche nel senso di ragione] del paradosso di ciò che suscita meraviglia risiede solo in Dio, che compie secondo il potere della parola non pronunciata che la luce sia generata dal fuoco. Così Mosè attesta con la sua stessa parola: «Dio disse: “Che la luce sia generata”, e la luce fu generata (ἐγένετο) e Dio vide che la luce era buona.»

Μόνου γὰρ ὡς ἀληθῶς Θεοῦ τὸ ἰδεῖν, ὅπως ἂν γένοιτο τὸ οὕτω καλόν· ἡ δὲ τῆς ἡμετέρας φύσεως (20) πτωχεία, τὸ μὲν γινόμενον βλέπει, τὸν δὲ καθ’ ὃν γίνεται λόγον, οὔτε ἰδεῖν, οὔτε ἐπαινέσαι δυνατῶς ἔχει. Τῶν γὰρ γνωριζομένων, οὐχὶ τῶν ἀγνοουμένων ἐστὶν ὁ ἔπαινος.

In verità, comprendere come sia generato un tale bene appartiene solo a Dio. La povertà della nostra natura vede ciò che è generato, ma il lógos [anche nel senso di ragione] secondo cui è generato, non può né comprenderlo né lodarlo. Infatti, la lode è per le cose conoscibili, non per quelle inconoscibili.

«Εἶδεν» οὖν, φησὶν, «ὁ Θεὸς τὸ φῶς ὅτι καλὸν, καὶ διεχώρισεν ὁ Θεὸς ἀνὰ μέσον τοῦ φωτὸς (25)  καὶ ἀνὰ μέσον τοῦ σκότους.» Πάλιν τὸ ἀναγκαίως κατὰ τὴν ἀκολουθίαν τῆς φύσεως ἐν τάξει τινὶ καὶ ἁρμονίᾳ γινόμενον, εἰς θείαν ἐνέργειαν ὁ Μωϋσῆς ἀνάγει· διδάσκων, οἶμαι, διὰ τῶν εἰρημένων, τὸ πάντα προκατανενοῆσθαι τῇ τοῦ Θεοῦ σοφίᾳ, τὰ διά (30) τινος ἀναγκαίας τάξεως κατὰ τὸ ἀκόλουθον ἐκβησόμενα.

Egli dice quindi: «Dio vide che la luce era buona e Dio divise la luce dalle tenebre. » Ancora una volta, Mosè riferisce all’azione divina ciò che è generato necessariamente secondo la concatenazione della natura in un certo ordine e armonia. Imparando da ciò che è stato detto, credo che tutto sia stato conosciuto dalla sapienza di Dio, ciò che proviene da un certo ordine necessario secondo una concatenazione.

Τῆς γὰρ φωτιστικῆς οὐσίας τῆς τῷ παντὶ κατεσπαρμένης, πρὸς τὸ συγγενὲς συνδραμούσης, καὶ πάσης περὶ ἑαυτὴν ἀθροισθείσης, ἀναγκαίως τὰ ἐπιπροσθούμενα τῇ λοιπῇ τῶν στοιχείων ὕλῃ (35) κατεσκιάζετο, καὶ τὸ ἀποσκίασμα, σκότος ἦν.

Infatti, l’essere (ousia) luminoso essendo diffuso su tutto, si riunisce a ciò che è dello stesso genere e tutto è raccolto attorno ad esso, necessariamente ciò che è impedito dalla materia restante degli elementi è coperto dall’ombra, e la proiezione dell’ombra era l’oscurità.

[…]

Migne p.76, 46:

Τίς γὰρ οὐκ οἶδεν ὅτι διχῆ τῆς κτίσεως νοουμένης, εἰς τε τὸ νοητὸν καὶ αἰσθητὸν, ἡ πᾶσα σπουδὴ τῷ νομοθέτῃ νῦν ἐστιν, οὐ τὰ νοητὰ ἐξηγήσασθαι, ἀλλὰ ὑποδεῖξαι διὰ τῶν φαινομένων ἡμῖν τὴν ἐν τοῖς αἰσθητοῖς διακόσμησιν;

Infatti, chi non conosce la divisione di ciò che è creato in intelligibile e sensibile? Tutto lo sforzo del legislatore ora non è quello di esporre gli intelligibili, ma di lasciarci intravedere attraverso ciò che è apparente la disposizione ordinata [del cosmo] che si trova nei sensibili.