Questo commento di Agostino fa seguito all’articolo Genesi 1, 2 Rouah – Lo Spirito di Dio è femminile, in cui vengono presentati diversi commenti e interpretazioni del secondo versetto della Genesi.
Agostino, De Genesi ad litteram (La Genesi alla lettera), Libro primo 6, 12-8,14
6. 12. Ut quemadmodum in ipso exordio inchoatae creaturae, quae coeli et terrae nomine, propter id quod de illa perficiendum erat, commemorata est, Trinitas insinuatur Creatoris
In questo modo, non appena nell’inizio stesso viene menzionata la creatura allo stato embrionale e viene [già] chiamata cielo e terra in vista di ciò che sarebbe stato portato a perfezione a partire da essa, si allude alla Trinità del Creatore.
Con l’espressione inchoata creatura, che designa un’opera appena iniziata, allo stato embrionale, Agostino dà seguito alla sua precedente spiegazione che esamina in dettaglio tutta l’opera della creazione che ha portato ogni creatura alla perfezione quando è stata tratta da una massa terrestre e celeste non ancora formata, in cui non è possibile distinguere le diverse specie perché le acque ricoprono ancora tutta la superficie terrestre. Egli spiega quindi che non c’è successione temporale tra la forma e la materia, ma solo una dipendenza logica e, seguendo il racconto biblico, distingue nell’opera della creazione il momento in cui Dio decide di creare e crea, il cielo e la terra e il momento in cui asciuga la terra e ne ricava tutte le specie, precisando tuttavia che non c’è stato intervallo di tempo tra i due, ma che tutto è stato creato in un unico istante da Dio nella sua eternità, poiché Dio non conosce successione di tempo, né successione nei suoi pensieri, tutto gli è presente simultaneamente.
(nam dicente Scriptura: In principio fecit Deus coelum et terram; intellegimus Patrem in Dei nomine, et Filium in principii nomine, qui non Patri, sed per seipsum creatae primitus ac potissimum spiritali creaturae, et consequenter etiam universae creaturae principium est: dicente autem Scriptura: Et Spiritus Dei ferebatur super aquam, completam commemorationem Trinitatis agnoscimus);
(infatti, quando la Scrittura dice: In principio Dio creò il cielo e la terra, noi comprendiamo il Padre nella parola Dio e il Figlio nella parola principium, che non è il principium del padre, ma prima e principalmente della creatura spirituale creata da lui stesso e poi anche principium della creazione di ogni creatura; tuttavia è quando la Scrittura dice «e lo Spirito di Dio si muoveva sulle acque» che riconosciamo la menzione completa della Trinità);
Nella traduzione latina del secondo versetto della Genesi, la parola ebraica meraḥefet è tradotta con ferebatur. Il verbo fero indica uno spostamento, un trasporto, il fatto di portare qualcosa. Qui, nella forma passiva-riflessiva, indica che il soffio si muove tenendosi al di sopra dell’acqua. Il termine ebraico originale evoca il fruscio delle ali di un uccello che vola sopra le acque, sorvolandole. Agostino riporta anche la traduzione «superferebatur super aquam», dove l’idea di essere sopra (super) è ripetuta due volte, e spiega subito l’importanza per lo Spirito di Dio di stare al di sopra. In questo passaggio vediamo anche un riferimento al lungo capitolo che Agostino dedicherà alla creazione degli angeli, qui chiamati «creature spirituali», create dalla Parola di Dio che poi ha creato il resto delle creature di questo mondo.
ita et in conversione atque perfectione creaturae, ut rerum species digerantur, eadem Trinitas insinuetur: Verbum Dei scilicet, et Verbi generator, cum dicitur: Dixit Deus; et sancta bonitas, in qua Deo placet quidquid ei pro suae naturae modulo perfectum placet, cum dicitur: Vidit Deus quia bonum est.
Allo stesso modo, si allude alla Trinità anche quando la creazione si volge verso Dio e [è condotta] alla sua perfezione, affinché siano distinte le specie delle cose: in particolare il Verbo di Dio e Colui che genera il Verbo, quando si dice: «Dio disse»; e la santa bontà [cioè lo Spirito Santo], nella quale è gradito a Dio qualsiasi cosa egli abbia voluto rendere perfetta nella misura della sua natura [la natura propria di ciascuno], quando si dice: «Dio vide che ciò era buono».
Nel racconto della creazione, Agostino contempla l’opera della Trinità: «Dio disse», quindi Dio genera il Verbo, la Parole, è Padre, e la sua Parola, il Verbo divino, è suo Figlio, la Parola che esprime perfettamente ciò che egli è, la sua volontà: nel Figlio si vede il Padre. Poi è lo Spirito Santo che egli contempla in «Dio vide che era cosa buona», perché la creazione è opera della sua bontà, riflesso della sua bontà, e la bontà di Dio è il suo soffio, il suo Spirito che dà vita, che infonde la vita alla creazione e la conduce alla sua perfezione. Ogni essere, condotto alla sua perfezione, rimanda alla bontà creatrice dello spirito divino.
7. 13. Sed cur commemorata prius quamvis imperfecta creatura, postea commemoratur Spiritus Dei, prius dicente Scriptura: Terra autem erat invisibilis et incomposita, et tenebrae erant super abyssum; ac deinde inferente: Et Spiritus Dei superferebatur super aquam?
Ma perché la creatura, sebbene imperfetta, è menzionata prima e poi è menzionato lo Spirito di Dio? La Scrittura [infatti] dice prima: «La terra era invisibile e informe, e le tenebre coprivano l’abisso»; e poi aggiunge: «E lo Spirito di Dio si teneva al di sopra dell’acqua»?
An quoniam egenus atque indigus amor ita diligit, ut rebus quas diligit, subiciatur; propterea cum commemoraretur Spiritus Dei, in quo sancta eius benevolentia dilectioque intellegitur, superferri dictus est, ne facienda opera sua per indigentiae necessitatem potius quam per abundantiam beneficentiae Deus amare putaretur?
Sarebbe perché l’amore bisognoso e indigente ama in modo tale da mettersi al di sotto [sottomettersi] alle cose amate? Per questo, quando si parla dello Spirito di Dio, che si comprende nella sua santa benevolenza e affetto, si dice che egli si teneva al di sopra (superferri), affinché non si pensasse che Dio ama compiendo la sua opera a cause di un bisogno dovuto all’indigenza, piuttosto che per l’abbondanza della sua benevolenza?
Cuius rei memor Apostolus dicturus de caritate, super eminentem viam demonstraturum se ait: et in alio loco: Supereminentem, inquit, scientiae caritatem Christi.
Ricordando questo, l’apostolo, che stava per parlare della carità, dice che mostrerà una via supereminente (supereminentem, che si eleva al di sopra di tutte le altre) (1 Corinzi 12,31); e in un altro passo dice che «la carità di Cristo si eleva al di sopra (supereminentem) della scienza» (Efesini 3, 19).
Cum ergo sic oporteret insinuari Spiritum Dei, ut superferri diceretur, commodius factum est ut prius insinuaretur aliquid inchoatum, cui superferri diceretur; non enim loco, sed omnia superante ac praecellente potentia.
Poiché era necessario condurre allo Spirito di Dio, per poter dire che esso si tiene al di sopra (superferri), è stato più facile indicare prima qualcosa di appena abbozzato, per dire che [lo Spirito] si tiene al di sopra di ciò; infatti, non è per il luogo che [lo Spirito] supera ed eccelle al di sopra di ogni cosa, ma per la potenza.
8. 14. Ita etiam rebus ex illa inchoatione perfectis atque formatis, vidit Deus quia bonum est: placuit enim quod factum est, in ea benignitate qua placuit ut fieret. Duo quippe sunt propter quae amat Deus creaturam suam; ut sit, et ut maneat. Ut esset ergo quod maneret: Spiritus Dei superferebatur super aquam; ut autem maneret: Vidit Deus quia bona est.
Così, solo dopo aver formato le cose e averle condotte alla loro perfezione a partire da questo stato embrionale, «Dio vide che era cosa buona». Ciò che fu fatto piacque a Dio, nella stessa benevolenza con cui gli piacque farlo. Ci sono quindi due cose per cui Dio ama la sua creatura: affinché sia e affinché perduri. Affinché sia ciò che perdurerà: «lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque». E affinché perduri: «Dio vide che era cosa buona».
Et quod de luce dictum est, hoc de omnibus. Manent enim quaedam supergressa omnem temporalem volubilitatem in amplissima sanctitate sub Deo; quaedam vero secundum sui temporis modos, dum per decessionem successionemque rerum saeculorum pulchritudo contexitur.
E ciò che è detto a proposito della luce, è detto anche di ogni cosa. Infatti, alcune creature [gli angeli] rimangono al di sopra di ogni mutamento temporale nell’immensa santità sotto Dio; alcune, in verità, secondo la modalità del tempo [che è loro concesso], mentre la bellezza si tesse attraverso il passaggio e la successione delle cose dei secoli.
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18. 36. Sed ante omnia meminerimus, unde iam multa diximus, non temporalibus quasi animi sui aut corporis motibus operari Deum, sicut operatur homo vel angelus; sed aeternis atque incommutabilibus et stabilibus rationibus coaeterni sibi Verbi sui, et quodam, ut ita dixerim, fotu pariter coaeterni sancti Spiritus sui.
Ma prima di tutto dovremmo ricordare, delle molte cose che abbiamo già detto, che Dio non agisce come per movimenti temporali della sua anima o del corpo come agisce l’uomo o l’angelo; ma [agisce] per ragioni eterne, immutabili e stabili della sua Parola a lui coeterna, e direi, per una certa azione di riscaldamento (fotu) compiuta dallo Spirito Santo, anch’egli coeterno.
Agostino introduce qui il verbo foveo riscaldare utilizzando il suo nome d’azione fotus. Questa azione di riscaldare compiuta dallo Spirito Santo sarà paragonata a quella dell’uccello che cova, che prende i suoi piccoli sotto le ali, poiché il verbo che si trova nel testo originale ebraico del secondo versetto della Genesi, meraḥefet, descrive l’azione dell’uccello che dispiega le ali. Agostino riprende così l’interpretazione di un santo padre siriano, già riportata da Basilio di Cesarea: in siriaco, lingua affine all’ebraico, questo verbo indica l’azione di covare, riscaldare le uova infondendo loro energia vitale.
Nam et illud quod per graecam et latinam linguam dictum est de Spiritu Dei, quod superferebatur super aquas, secundum syrae linguae intellectum, quae vicina est hebraeae, (nam hoc a quodam docto christiano syro fertur expositum) non superferebatur, sed fovebat potius intellegi perhibetur. Nec sicut foventur tumores aut vulnera in corpore aquis vel frigidis vel calore congruo temperatis; sed sicut ova foventur ab alitibus, ubi calor ille materni corporis etiam formandis pullis quodammodo adminiculatur, per quemdam in suo genere dilectionis affectum.
Infatti, ciò che viene detto attraverso la lingua latina e greca riguardo allo Spirito di Dio, che si teneva in alto sopra le acque, secondo l’interpretazione della lingua siriaca, che è vicina all’ebraica (infatti, questa è la spiegazione trasmessa da un sapiente siriano cristiano), si afferma che non bisogna intendere « stava in alto [aleggiava] (superferebatur)», ma riscaldava (fovebat). E questo non come si cura riscaldando (foventur) ciò che è gonfio o una ferita nel corpo con acqua fredda o ben temperata dal calore; ma come gli animali alati covano le uova, in modo tale che il calore di quel corpo materno viene in qualche modo infuso anche ai pulcini che stanno per formarsi, attraverso una certa affezione che nel suo genere è amore (dilectionis).
Non itaque per singulos dies istorum operum divinorum tamquam temporales voces Dei carnaliter cogitemus. Non enim ad hoc ipsa Dei Sapientia nostra infirmitate suscepta venit ad colligendos sub alas suas filios Ierusalem, quemadmodum gallina pullos suos ut semper parvuli simus; sed ut malitia infantes, mente pueri esse desinamus.
Non pensiamo quindi in modo carnale che per ogni giorno di queste opere divine ci siano parole di Dio come suoni che vengono emessi nel tempo. Infatti, la stessa Sapienza di Dio non è venuta ad assumere la nostra debolezza radunando sotto le sue ali i figli di Gerusalemme, come una gallina raduna i suoi pulcini, affinché rimanessimo sempre bambini, ma affinché essendo bambini per malizia, smettessimo di essere bambini per intelligenza.
Questa lettura del secondo versetto della Genesi fa seguito a un primo estratto di Agostino sul primo versetto, introdotto dall’articolo Bereshit – Nella testa di Dio. L’introduzione alle diverse traduzioni e interpretazioni del secondo versetto della Genesi si trova nell’articolo Ruah – Lo Spirito di Dio è femminile, che presenta una continuità nell’identificazione dello Spirito di Dio con l’atteggiamento femminile e materno dell’uccello che stende le ali sui suoi piccoli, li protegge, li cova e infonde nelle uova l’energia vitale, proprio come lo Spirito Santo di Dio che aleggia sulle acque della creazione futura infondendo in essa le “ragioni seminali” delle diverse specie e forme che ne saranno tratte, proprio come la terra è emersa dall’acqua nel racconto della Genesi.